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PIANOSA: L'ISOLA DEI FOSSILI

Mattoni di arenaria
Isola di Pianosa, 4 agosto 2014, ore 11:15. Siamo appena sbarcati e, grazie all'efficienza e alla professionalità delle guide ambientali escursionistiche dell'Associazione “A piedi nel parco”, abbiamo a disposizione una serie di interessanti alternative per trascorrere la giornata sull'isola: mountain bike, trekking, snorkeling, minibus, carrozza.

A piedi nel parco” è un'associazione tra professionisti, che si sono riuniti per condividere metodi di lavoro e passione. Ci sono quindi tutti i presupposti per passare una bella giornata alla scoperta degli aspetti scientifici dell'Isola di Pianosa. Il modo migliore per farlo è camminando, infatti solo in questo modo è possibile entrare in contatto con la natura, comprenderne i meccanismi e riacquistare quel benessere fisico e mentale che spesso lo stress della vita in città ci toglie.
Fossili (dettaglio di un mattone)

E allora si sceglie il trekking!!! La guida assegnata al nostro gruppo ci conduce per le strade di Pianosa, facendoci notare tanti dettagli che, altrimenti, sarebbero passati inosservati.

Muro con camminamenti e garitte
I mattoni di cui sono fatti gli edifici, ad esempio, assomigliano al tufo, ma sono tutt'altra cosa: mentre il tufo è una roccia effusiva di origine vulcanica, questi mattoni sono estratti da una roccia sedimentaria (arenaria conchilifera) piena di fossili. I principali sono molluschi, alghe, ma anche Briozoi, Echinidi e in minor misura crostacei e pesci.

La presenza di numerosi fossili va ricollegata alle tante volte in cui il livello del mare è cresciuto e poi è di nuovo sceso. Infatti l'isola è una piccola porzione emersa di una dorsale sottomarina, che si allunga in direzione nord-sud fra la Corsica e la Toscana. Durante il Pleistocene l'area di Pianosa ha registrato una serie di variazioni climatiche con l'alternarsi di fasi glaciali e interglaciali. In questo modo è stata più volte separata e poi ricollegata al continente, impedendo e poi consentendo le migrazioni di animali, oggi completamente estinti ma che all'epoca assunsero anche caratteri endemici. Durante l'ultima risalita del livello marino, legata all'attuale periodo interglaciale, Pianosa divenne definitivamente isola circa 13000 anni fa.
Muro a secco a sacco

I muri presenti su quest'isola sono spesso ottenuti da mattoni ricavati tagliando la roccia oppure scavando nel suolo. I cosiddetti “muri a secco a sacco” sono costituiti da due blocchi di arenaria, fra i quali sono stati infilati dei sassi. E questo lavoro è stato svolto dai detenuti (ergastolani), poiché – da metà 800 fino al 1998 – l'isola è stata adibita a colonia penale agricola. I detenuti venivano selezionati per risiedere e lavorare a Pianosa, e venivano pagati: si trattava quindi di un modo per riscattarsi.

Oltre ai detenuti vivevano qui molte alte persone, necessarie affinché i componenti della comunità potessero trovare soddisfazione ai loro principali bisogni. C'era il direttore del carcere, il farmacista, l'agronomo. Quest'ultimo era un personaggio molto importante in quanto era in grado di influire sulla resa agricola della colonia. Insomma c'era un paese.
Muro con prevalenza di licheni "chiari"
In primo piano il finocchio selvatico

Ed oggi, sparito il paese, è attiva l'Associazione per la difesa dell'Isola di Pianosa , i cui componenti hanno vissuto sull'isola e tramite parole e immagini spiegano a tutti gli interessati come fosse all'epoca la vita su Pianosa. Raccolgono anche denaro tramite il quale riescono a mantenere in vita alcuni edifici dell'isola. D'altronde alcuni di loro hanno vissuto gran parte della loro vita (o addirittura sono nati) in quella che oggi è una ZPS (Zona a Protezione Speciale) ed anche parco integrale.

Ma sembra che i muri siano i veri protagonisti di questo luogo. Sia quando sono considerati degli spartiacque: fin qui puoi muoverti liberamente, oltre devi essere necessariamente accompagnato da una guida, che quando rappresentano la delimitazione del carcere, lunga 1,5 km, con camminamenti e garitte.
Muro con prevalenza di licheni "scuri"

Oltre ai fossili vi sono altri aspetti scientifici, sempre inerenti i muri. Su alcuni di essi si possono osservare macchie grigio chiaro o nere e – ad una prima occhiata – sembrano spruzzi di vernice. In realtà si tratta di licheni, ovvero un'associazione tra un'alga (che ricava il suo nutrimento dalla terra) e un fungo (che si nutre dall'aria). La macchie chiare e scure corrispondono a diversi tipi di licheni: quelli scuri si trovano sui muri esposti a nord, spesso in ombra, mentre quelli chiari, che prediligono la luce, si trovano sui muri esposti a sud (per la maggior parte del tempo assolati).

I licheni vengono considerati “polmoni dell'aria”, innanzitutto perché già la loro presenza o assenza rappresenta un bioindicatore ovvero un indicatore della qualità dell'aria. Inoltre le sostanze tossiche (come ad esempio i metalli pesanti) restano imprigionati al loro interno, di conseguenza analizzando “il contenuto” dei licheni si può avere un'idea di quanto l'aria sia inquinata.

Papà, cos'hai dietro il polpaccio?”. E' mio figlio che mi sta chiamando, lui sta camminando dietro di me. Mi giro e mi sembra solo una macchia, allora la “spazzolo” con la mano, ma non va via. La guardo meglio: è un insetto nero, quasi circolare, piuttosto piatto e con zampette evidenti. Pare che sia attaccata ai peli del mio polpaccio destro come una cozza allo scoglio. Allora la prendo con le mani e la lancio al di là del sentiero.
Ginepro Fenicio

Si tratta di una zecca, che però non aveva ancora potuto infilare il rostro, poiché si stava destreggiando fra i peli, cercando contemporaneamente di non staccarsi mentre camminavo. Niente paura quindi. Inoltre le zecche sull'isola sono state analizzate e si è scoperto che potevano mordere, ma non potevano trasmettere nulla, grazie ai circa 20 anni in cui Pianosa è stata piuttosto chiusa e isolata. Di conseguenza, se le zecche non sono infette, in generale non rappresentano un problema.
Foglie di Posidonia depositate
sulle spiagge

Il percorso trekking che stiamo affrontando si snoda nella parte sud orientale dell'isola e passiamo quindi anche nei pressi di Cala di Biagio, dove si trova una grotta scoperta dall'abate Don Gaetano Chierici nella seconda metà dell'800. Sebbene non nella forma attuale, tale grotta sarebbe già stata presente fin dal Pleistocene superiore (125000 anni fa). Nel 2012, su iniziativa del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell'Ambiente dell'Università di Siena sono riprese le ricerche (già iniziate da Gaetano Chierici) nella Grotta di Cala di Biagio.
Corna di Cervus Elaphus

Tra i vari ritrovamenti, quello più importante è senz'altro relativo al cranio di tre esemplari maschi e uno di esemplare femmina di cervo. I cervidi di Pianosa, sulla base delle ossa esaminate, hanno una taglia piuttosto piccola e sembrano appartenere ad una nuova sottospecie di Cervus Elaphus. Probabilmente la loro dimensione è tipica del cosiddetto “nanismo insulare”, dovuto essenzialmente a scarsità di cibo.

Alcuni di questi reperti sono esposti al pubblico per la prima volta all'interno della Casa del Parco di Pianosa. L'esposizione temporanea è denominata “Pianosa – Nascita di un'isola – 19 milioni di anni di storia geologica – Dalle prime rocce alla migrazione dei cervi nell'ultimo periodo glaciale”. E' stata aperta il 14 giugno 2014 e sarà visibile fino al 20 ottobre 2014.
Isolotto de "La Scola"

Pianosa misura circa 10 chilometri quadrati, è piuttosto piatta (si arriva al massimo a 29 metri sul livello del mare, ad eccezione dell'isolotto di “La Scola” che è a 34 metri s.l.m.) e dista circa 14 chilometri dall'Isola d'Elba. L'avifauna più importante è certamente costituita dal Gabbiano Corso e dalla Berta Maggiore, ma non dobbiamo dimenticare il Marangone dal ciuffo, che è un uccello stanziale di quest'isola.
Steppa ad asfodelo

Il Ginepro Fenicio è il tipo di pianta (macchia a Ginepro) che ricopre la maggior parte della superficie dell'isola (quindi non conta il numero di piante, ma l'estensione). Ci sono anche il finocchio selvatico sul quale ronzano felici le api (portate qui da un apicoltore circa 4 anni fa) e la pistacia lentiscus (fa parte della macchia mediterranea). Quest'ultima produce piccole bacche rosse dalla cui spremitura si otteneva un olio per le lampade e – nei periodi di maggior carenza – un olio alimentare, dal sapore cattivo, ma comunque commestibile.
Papavero cornuto

Molto diffuso è il Pino d'Aleppo, basso, profumato e resistente alla salsedine. Il rimboschimento con questa pianta fu voluto dal Granduca di Toscana, al fine di creare una barriera naturale contro i venti (su un'isola praticamente piatta). Anche il rosmarino è molto diffuso, poiché è una pianta che ama il calcare, e il terreno dell'isola è molto basico. Poi c'è il limonium planesie, endemico di Pianosa e le foglie di posidonia depositate sulle spiagge. Queste ultime, quando marciscono cominciano a puzzare, ma – insieme alla sabbia – sono un'utile prevenzione contro l'erosione.
Fossili sotto i piedi

Occorre citare infine il papavero cornuto (glacium flavum), tipico degli ambienti rocciosi e molto caratteristico: quando il follicolo è secco si apre in due e spara i semi, dopodiché rimane una punta che assomigia ad un corno. Non meno interessanti sono le distese di asfodelo, una steppa tipica di ambienti adibiti a pascolo, attività che impediva ad altre piante di crescere, ma l'asfodelo (che è una liliacea) dopo esser stato mangiato ricresceva velocemente.
Spiaggia di Cala Giovanna

Pesci a Cala Giovanna (verso il
centro dell'immagine)
Infine, in un'isola su cui si passeggia sui fossili o su terra rossa ricca di ferro proveniente dal Monte Capanne, occorre anche segnalare la splendida Cala Giovanna, unica spiaggia in cui è consentita la balneazione. L'acqua è pulitissima e i pesci si muovono intorno alle caviglie. Ecco cosa significa area protetta. Il comportamento consapevole dei turisti, qui soggetti a norme restrittive, può fare davvero la differenza.



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