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ARGENTO COLLOIDALE: PERCHÉ È DIFFICILE PARLARE DI SALUTE

È successo ieri. Sono uscito di casa per fare due commissioni veloci, al limite dell'orario di chiusura dei negozi. L'ho visto dall'alto, ma lui mi ha guardato dal basso e mi ha imposto di fermarmi. Era un cartello, su cui si leggeva: "Argento colloidale - Il più potente antinfiammatorio naturale antibiotico". Mi sono suonati nel cervello, contemporaneamente, una decina di campanelli d'allarme. "Naturale"? Come si fa a definire qualcosa "naturale"? "Il più potente"? E' evidente che occorre depurare l'affermazione da qualche tonnellata di marketing. (1)


Allora, carissimi consumatori indecisi, avete fatto un pensierino sull'argento colloidale? Significa che vi siete persi un post di Medbunker, che ha già scritto (tempo fa) tutto quello che vi serve sapere. In questi casi, c'è sempre un fondo di verità, in quanto l'argento colloidale, in passato, è stato utilizzato con scopi terapeutici. Ma poi, come farmaco, è stato proibito. Ha trovato però una strada libera: la scorciatoia degli integratori alimentari. Poi, in seguito all'assunzione di argento colloidale, si sono verificate intossicazioni e decessi. Ed anche spiacevoli effetti collaterali irreversibili. Eppure, i seguaci delle medicine alternative non desistono. E siccome sono clienti ed hanno potere d'acquisto, le aziende non se lo fanno ripetere due volte: si produce ciò che il pubblico desidera. Ma "la tanto invocata libertà di scelta terapeutica mi sembra la libertà di farsi del male", scrive il Dott. Salvo Di Grazia. (2)

Inoltre, non tutti sanno cosa sia il collodio. L'apprendista chimico Louis Ménard fu incaricato - nel 1846, da Théophile Pelouze - di studiare la solubilità della nitrocellulosa. Dopo mesi di tentativi, Ménard riuscì a sciogliere la pirossilina in una miscela di etere ed alcol. Così ottenne il collodio, "una gelatina liquida che, una volta evaporato il solvente, produceva un film resistente, elastico e trasparente". Alfred Nobel (sì, proprio quello che ha istituito l'omonimo premio, per non essere ricordato come "il mercante di morte": così l'aveva definito un giornalista, dato che Nobel fabbricava esplosivi) si procurò in laboratorio un taglio profondo ad un dito ed utilizzò un rimedio inventato nel 1848 da John Parker Maynard, studente di medicina ad Harvard. Applicò sulla ferita una soluzione di collodio. Una volta asciutta, sul dito rimase una pellicola protettiva. Il dito gli faceva malissimo. Non chiuse occhio per tutta la notte.... (3).

E qui arriviamo al punto: perché è difficile parlare di salute? Uno dei tanti motivi è che non conosciamo mai la storia (di un certo fenomeno) per intero: ne ricordiamo solo una parte, a volte l'inizio oppure ciò che la pubblicità vuole mettere in evidenza. Chi invece la storia la racconta tutta e ci consente finalmente di capire è Silvia Bencivelli, che - insieme a Daniela Ovadia - ha scritto: "E' la medicina, bellezza! Perché è difficile parlare di salute" (Carocci editore, 2016).  Le autrici, grazie alle loro competenze mediche e giornalistiche, raccontano storie di eventi esemplificativi dell'era in cui viviamo: quella della disinformazione.

Il problema è analizzato a 360 gradi, perché non esistono solo i disinformatori e i cittadini sprovveduti, ma anche i medici (talvolta premi Nobel) che - anche dopo una carriera esemplare - cominciano a dare i numeri, magari a causa di una combinazione di demenza senile e medicine alternative. E non dimentichiamo che esistono anche i medici disonestiDi conseguenza, il lavoro del divulgatore scientifico - nell'ambito medico - è molto difficile. Bisogna anche parlare degli errori dei medici, che non sono divinità infallibili, ma contemporaneamente occorre fornire al cittadino che voglia informarsi strumenti utili a valutare strade terapeutiche e prendere decisioni.

Non è neanche facile spiegare alle persone che - nel momento in cui succede un disastro (ad es. la diossina di Seveso del 1976) - non è detto che la scienza sappia dare indicazioni perfette ed esaustive ai cittadini. Non si tratta di complotti: semplicemente non lo sanno neanche gli scienziati. E se la medicina differisce dalla fisica galileiana, non è per questo che dobbiamo perdere fiducia nella medicina: occorre sapere che essa è costituita da tantissime variabili e tantissime interazioni (non solo fra uomini, ma anche con gli animali e con l'ambiente).

Bencivelli e Ovadia vogliono farci ragionare soprattutto sul concetto di causa. Stabilire quale sia la causa (di una malattia) è molto difficile; diffidate quindi di chi ritiene di saperlo senza avere numeri, né sperimentazione.

Un'ultima nota sull'ottima scelta di struttura del libro: una storia ben raccontata dall'inizio alla fine (ad es. quella dell'AIDS o della diossina di Seveso) e poi la spiegazione dei principali elementi concettuali per capire che cosa è andato storto. Spesso questi elementi appartengono alla statistica medica e all'epidemiologia. E sono molto utili (4).


FONTI
(1) Silvano Fuso - "Naturale = buono?" - Carocci editore, 2016
(2) Salvo Di Grazia (Medbunker) - "Grigio argento", 2009
(3) Eleonora Polo - "C'era una volta un polimero" - Apogeo editore, 2013
(4) Silvia Bencivelli, Daniela Ovadia - "E' la medicina, bellezza! Perché è difficile parlare di salute" - Carocci editore, 2016

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