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CINQUE BUONE RAGIONI PER NON VOTARE AI REFERENDUM DI GIUGNO



I referendum dell’8 e 9 giugno 2025 su lavoro e cittadinanza hanno suscitato un acceso dibattito. Mentre i promotori spingono per la partecipazione, esistono ragioni concrete e motivate per scegliere di non votare. Di seguito, cinque motivi per astenersi, supportati da considerazioni esterne e dati di fatto.

  1. Mancanza di chiarezza e informazione adeguata
    La campagna referendaria è stata caratterizzata da una comunicazione frammentaria e insufficiente. L’Agcom ha denunciato che Rai, Mediaset e La7 hanno dedicato meno dell’1% del tempo ai referendum, limitando il dibattito pubblico. Senza un’informazione chiara e capillare, molti cittadini potrebbero non comprendere appieno i quesiti, rischiando di esprimere un voto poco consapevole. L’astensione diventa una scelta razionale quando non si hanno gli strumenti per decidere informati. Ad esempio, il referendum sul Jobs Act tocca temi complessi come il reintegro per i licenziamenti illegittimi o l’abolizione dei contratti a termine a-causali, ma il dibattito pubblico non ha chiarito adeguatamente le implicazioni per lavoratori e imprese.
  2. Rischio di strumentalizzazione politica
    I referendum, pur presentati come strumenti di democrazia diretta, sembrano essere usati come palcoscenico per riposizionamenti politici. Maurizio Landini, segretario della Cgil, vede nei referendum un trampolino per un futuro politico post-2027; Elly Schlein e Giuseppe Conte cercano di consolidare le loro leadership e un’alleanza di centrosinistra. Questo focus sugli interessi di parte, più che sui contenuti dei quesiti, rischia di trasformare il voto in un’arena di propaganda, distogliendo l’attenzione dai reali bisogni dei cittadini. L’astensione evita di avallare dinamiche che privilegiano i giochi politici rispetto alle soluzioni concrete.
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  1. Impatto economico incerto delle proposte
    L’abolizione del Jobs Act e il ritorno al reintegro per i licenziamenti illegittimi potrebbero avere conseguenze economiche significative, soprattutto per le piccole e medie imprese, che rappresentano il 99,8% delle aziende italiane (dati Istat 2023). Eliminare i contratti a termine a-causali potrebbe ridurre la flessibilità del mercato del lavoro, scoraggiando assunzioni in un contesto economico già fragile, con un Pil italiano cresciuto solo dello 0,7% nel 2024 (dati Fondo Monetario Internazionale). Senza studi chiari sugli effetti economici, votare rischia di essere un salto nel buio. L’astensione riflette una cautela necessaria di fronte a proposte non sufficientemente analizzate.
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  1. Dubbi sull’efficacia del referendum sulla cittadinanza
    Il quesito sulla cittadinanza propone di ridurre da dieci a cinque anni la residenza necessaria per ottenerla, tornando alla normativa pre-1992. Tuttavia, questa modifica non affronta i problemi strutturali del sistema di integrazione, come l’accesso al lavoro o ai servizi per i migranti. Nel 2023, solo il 3,9% dei residenti stranieri in Italia ha ottenuto la cittadinanza (dati Eurostat), e il dimezzamento dei tempi rischia di essere un cambiamento cosmetico se non accompagnato da politiche più ampie. Asteneri significa rifiutare di sostenere misure che appaiono più simboliche che sostanziali.
  2. Crisi della partecipazione e quorum irraggiungibile
    I referendum abrogativi richiedono un quorum del 50% più uno degli aventi diritto, un obiettivo difficile da raggiungere in un contesto di crescente astensionismo. Alle elezioni europee del 2024, la partecipazione è scesa al 48,1% (dati Ministero dell’Interno), e anche le recenti amministrative, pur con un lieve aumento in alcune città come Genova (51%), non hanno invertito la tendenza generale. Se il quorum non venisse raggiunto, il voto sarebbe inutile, sprecando energie e risorse. Asteneri può essere una protesta contro un sistema referendario che, in un’epoca di bassa partecipazione, fatica a produrre risultati concreti.
PER RIASSUMERE

Non votare ai referendum di giugno non significa disinteresse per la democrazia, ma può essere una scelta consapevole di fronte a un’informazione carente, a rischi economici non chiariti e a un sistema referendario che rischia di essere inefficace. In un’Italia dove l’astensionismo è già alto, come evidenziato dal Presidente Mattarella, astenersi può anche essere un segnale per chiedere una politica più trasparente e soluzioni meglio definite, evitando di legittimare un processo che sembra servire più gli interessi di pochi che il bene comune.






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