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INTERVISTA ALLA DOTTORESSA MARTINEZ ANESTESISTA RIANIMATRICE PRESSO L'ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO DI PADOVA

Tutti i giorni riceviamo aggiornamenti sui contagi da Covid-19 (coronavirus), sul lavoro del governo e sappiamo che medici, infermieri e personale sanitario si stanno spendendo per curare le persone contagiate.
Tante informazioni discordanti girano in rete, per esempio sul fatto che possa o meno essere opportuno fare tamponi a tappeto a tutta la popolazione.
Grazie alla capacità che hanno gli italiani di scherzare e relazionarsi, c'è chi si attiva con vignette e iniziative di quartiere per tenerci compagnia, farci forza e strapparci un sorriso nonostante tutto.

Foto concessa da Massimo Temporelli
E' successo che in un ospedale di Brescia le valvole per uno strumento di rianimazione stavano finendo e il fornitore non poteva fornirgliele in tempi brevi. Sarebbe stato un danno incredibile, alcune persone forse avrebbero perso la vita. La giornalista Nunzia Vallini si è attivata ed ha contattato Massimo Temporelli, presidente e co-fondatore di The Fablab, che si occupa di stampa 3d, chiedendo se fosse possibile stampare la valvola in 3d.
La risposta è stata positiva e l'ospedale ha ricevuto le valvole da loro.

Abbiamo deciso di fare direttamente ad un medico quelle domande che un po' tutti abbiamo in testa ed abbiamo intervistato la dottoressa Maria Elena Martinez dirigente medico presso l'Unità Operativa Complessa di Anestesia e rianimazione dell'Istituto Oncologico Veneto e rappresentante sindacale di presidio AAROI EMAC.



Come valuta la situazione dal suo punto di vista come medico?

Il numero di pazienti che necessitano un trattamento intensivo a causa del Coronavirus Covid19 è talmente elevato e concentrato nel tempo che mette sotto stress i sistemi sanitari occidentali.
Questo è ciò che sta avvenendo oggi in Lombardia, e in misura minore, in Veneto e in Emilia-Romagna. Questo è ciò che avverrà nel resto Italia in tempi brevi.

Valuta le azioni fatte dal governo per contenere il contagio come adeguate?

Le misure di contenimento, indispensabili per rallentare l'ondata che ha investito il SSN, sarebbero adeguate, ma purtroppo non vengono applicate da tutti i cittadini con responsabilità, e questo non aiuta i sanitari. Perciò ritengo saranno necessarie ulteriori restrizioni, già attuate in altri paesi democratici. La Corea del Sud, avendo già affrontato nel 2015 l'epidemia di Mers, o Middle east respiratory syndrome, è stata più pronta dal punto di vista normativo e operativo nell'affrontare questo fenomeno, con mezzi tecnologici di tracciabilità dei possibili contagiati e quindi realizzare misure di contenimento più efficaci fin dall'inizio dell'epidemia. È un paese con come una popolazione numericamente simile al nostro, anche se più densamente abitato.

La presa di coscienza della popolazione italiana sta andando troppo lentamente rispetto alla velocità di propagazione del contaggio. I pìù hanno compreso il livello di trattamento che richiedono i casi gravi Covid19, ma altri ritengono il passaggio in terapia intensiva solo come un fastidio sopportabile, sottovalutando i rischi.
Oggi sappiamo che questa malattia colpisce anziani e giovani adulti, e che senza l'impegno di tutti i cittadini, il rischio di non poter fornire a tutti i pazienti le medesime opportunità di cura diventa reale.

Fonte: dr.ssa M. E. Martinez
Quali accorgimenti sta  usando il SSN sul posto di lavoro per tutelare i pazienti?

La tutela dei pazienti non affetti viene garantita dalla creazione di percorsi dedicati per quelli invece affetti da Covid19.
Per i pazienti Covid19, sono stati creati nuovi posti letto di rianimazione, sono stati convertiti interi reparti per fronteggiare l'emergenza ed è stata sospesa molta della chirurgia non urgente, per poter fornire personale e apparecchiature alla cura di questi pazienti.
Nonostante tutto questo immane impegno organizzativo, il SSN attualmente presenta una criticità, dimostrata dal numero di sanitari contagiati: la mancanza di sufficienti dispositivi di protezione individuali come mascherine adeguate. Questo sta causando una riduzione del personale operativo, obbligato a quarantene, oltre che a vittime tra i sanitari, rendendo quindi ancora più complesso da parte del SSN reggere il ritmo di lavoro necessario per fornire a tutti i pazienti le cure necessarie.

I pazienti dell'ospedale in cui lavora devono temere di più il contagio?

La realtà in cui lavoro, occupandosi di pazienti oncologici, non può ospitare pazienti Covid-19 positivi. Da piano regionale, se riscontrati, devono essere trasferiti nelle strutture ospedaliere preposte. Le procedure messe in atto, rendono sicuro l'ambiente dove lavoro per pazienti delicati, come sono quelli oncologici.

Un'ultima domanda su un tema emergente. Ritiene opportuno fare il tampone a tutta la popolazione?

Il prof. Palù, direttore del dipartimento di Istologia dell'Università di Padova ritiene che non sia tecnicamente fattibile. Ha senso farlo a chi ha i sintomi e ai contatti di chi risulta positivo tra i sanitari, anche se per loro sarebbe ancora più importante la fornitura di DPI.

Dr.ssa Luigina Pugno


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