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E ADESSO SPIEGATEMI PERCHÈ PUBBLICHIAMO QUESTO LIBRO

Foto di Walter Caputo
Ieri era il 19 marzo, data più nota come Festa del Papà. Mia moglie mi ha fatto un regalo gradito: un libro. Oggi, che è il 20 marzo, l'ho già finito. Quindi o è bellissimo oppure è bruttissimo. No, il coronavirus non c'entra: io continuo a lavorare a distanza. E l'ho finito, non l'ho mica abbandonato. Inoltre, domani è un normale sabato in cui gli italiani vedranno il sole dalle sbarre del balcone. Allora potremo anche definirlo un tranquillo weekend di letteratura, perché è proprio così che comincia il libro. 

Si tratta però di un weekend in cui viene lanciato un gioco, che consente alle persone di dire veramente ciò che pensano dei libri. Questo gioco riguarda in particolare le fascette, cioè "piccoli urli di carta arrotolati attorno al libro, strilli pubblicitari con ambizioni critiche che quasi sempre la sparano grossa, la sparano enorme" (Maurizio Crosetti, La Repubblica, "All'armi siam fascette", 2017). Il gioco in questione - verso la fine del 2019 - ha avuto un'enorme successo su twitter, tanto che nel libro, ben 16 pagine sono dedicate ad elencare tutti i nomi di coloro che hanno scritto la fascetta, che avrebbero voluto leggere sui peggiori libri che hanno letto. O meglio, si tratta della fascetta onesta, ovvero di una striscia di carta gialla su cui l'editore potrebbe finalmente scrivere la verità, invece che qualunque cosa (vera o falsa), che sia utile per vendere più copie possibili del libro.

"Fascette oneste - se gli editori potessero dire la verità" è un libricino di 90 pagine, a cura di Marco Cassini, pubblicato da Italo Svevo Editore. Perché ve ne parlo? Innanzitutto perché, tra ieri ed oggi, mi son fatto delle grasse risate ed ancora in questo momento in cui scrivo ho il sorriso stampato sulla faccia. Vi riporto degli esempi: "Un capolavoro della letteratura. Ma non è questo"; "Quando è arrivato in redazione, nessuno aveva voglia di leggerlo: abbiamo affidato tutto allo stagista. Grazie Carlo"; "Il libro amato da tutta la famiglia. Dell'autore"; "Si legge a occhi chiusi"; "Abbiamo trovato un autore vagamente decente per raschiare il fondo dell'argomento attualmente di moda". 

Dopo aver letto queste massime, guarderete le fascette con altri occhi, ma d'altronde, se le fascette sono un perfetto strumento di marketing, allora è anche vero che con il marketing si può vendere persino un libro che "con soli cinque shot di vodka, vi sembrerà Dostoevskij". Lo dico sempre, intendo dire che enfatizzo la potenza del marketing, agli studenti del corso di giornalismo enogastronomico: a maggior ragione per i libri sul cibo, la fascetta e il corredo promozionale spesso svolgono un ruolo basilare. 

Inoltre, il libro stesso di cui vi sto parlando, è un perfetto caso di studio di marketing editoriale. Innanzitutto la fascetta è parte della copertina, quindi non si può togliere. E' di colore nero, quindi fa pensare al lutto per la fascetta. Il contenuto della fascetta è sul retro del libro (invece che sulla copertina) e recita: "Un libro che dà il meglio di sé con le pagine ancora intonse". Peraltro, per poter leggere il libro, in un certo senso occorre finire il processo di produzione: dovete usare un tagliacarte per liberare le pagine, quindi la vostra voglia irrefrenabile di leggerlo verrà momentaneamente rallentata, solo per crescere ancora più di misura. Quando avrete il libro fra le mani, scoprirete che ha una copertina curata e delle pagine fatte di carta di valore, destinata quindi ad ospitare opere importanti.

A proposito, anche il titolo di questo articolo è una fascetta che ho letto nel libro. Se foste dei miei studenti, a questo punto vi darei un esercizio: "Prova a scrivere una recensione su uno dei peggiori libri che hai letto di recente e scrivi solo la verità, nient'altro che la verità". Se volete partecipare a questo gioco mandate la recensione a questa mail: ciboalmicroscopio@gmail.com. Chissà che non ne salti fuori un bel libro....

Walter Caputo



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