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SOTTO LE IMPOSTE OGGI, COME NEL MEDIOEVO

Nel Medioevo i contadini dovevano pagare le imposte al loro signore in cambio della sua protezione. Questa era la logica di base del sistema tributario medioevale. Oggi il fondamento alla base del sistema fiscale è per caso diverso ? Assolutamente no.

I cittadini in quanto tali appartengono allo Stato, che è il loro padrone, e dunque devono pagare le imposte, dando il loro contributo per finanziare le spese di mantenimento dello Stato stesso. Esattamente come accadeva nel Medioevo, quando i contadini “mantenevano” economicamente il padrone del feudo. Ma lo Stato ci protegge effettivamente ? E c’è qualcuno che – per ottenere servizi pubblici – pagherebbe comunque le imposte anche se non fosse obbligato ? Non apriamo questa parentesi perché ci porterebbe troppo lontano e continuiamo piuttosto ad analizzare il sistema tributario medioevale.

Quasi tutti conoscono le “corvées” (così si scrive correttamente in francese), il cui nome deriva dal fatto che esse cadevano sempre nel peggior momento dell’anno: durante la mietitura. Così capitava che i contadini fossero obbligati a lasciare i propri raccolti per mietere la terra personale del signore o per sistemare le mura e i fossati del suo castello. Naturalmente essi ne avrebbero fatto volentieri a meno, tuttavia le corvées erano compiti da adempiere gratuitamente per il signore e c’era poco da discutere.
Le corvées non esistono più ? Assolutamente no. Oggi si chiamano soprattutto tirocini e stage. In buona sostanza, alcuni percorsi di laurea prevedono l’obbligo del tirocinio, così come alcune professioni autonome richiedono un periodo di praticantato per potersi iscrivere all’albo professionale ed iniziare a lavorare (es. dottori commercialisti, avvocati, psicologi ecc.). Dunque anche oggi lo Stato obbliga molte persone a lavorare gratis per lui (perché sono norme emanate dallo Stato quelle che impongono i tirocini obbligatori), nel momento peggiore della propria vita, cioè quando si è giovani e si avrebbe un disperato bisogno di lavorare, guadagnare e mettere soldi da parte per il futuro.

L’imposta di base del sistema tributario medioevale apparve nel 1050. Essa era proporzionale ai redditi “supposti” e doveva essere pagata in denaro. I francesi la definiscono “taille” ovvero taglia o tacca, poiché – ogni volta che l’esattore prelevava l’imposta – incideva una piccola tacca (“entaille” in francese) su una bacchetta di legno. La taille nacque come imposta militare, da pagare una tantum (come si direbbe oggi), solo quando il signore veniva minacciato da un esercito nemico. In quel caso l’imposta serviva al signore per equipaggiarsi ed affrontare un’eventuale battaglia. A partire dal XII secolo l’imposta fu richiesta ogni anno.
Oggi quasi tutte le imposte che paghiamo sono proporzionali al reddito (esattamente come la taille) nel senso che ad un reddito doppio corrisponde un’imposta doppia, ad uno triplo un’imposta tripla e così via. L’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, è l’unica imposta progressiva nel nostro attuale ordinamento tributario. Progressiva significa più che proporzionale, ovvero tale che ad un reddito doppio corrisponde un’imposta più che doppia.
Non mancano oggi imposte da pagare su redditi “presunti”, e sono decisamente le più odiose. Ad es., chi possiede un terreno che non coltiva e non affitta, e da cui quindi non ricava alcun reddito, è comunque (se è una persona fisica) obbligato a pagarvi l’IRPEF. L’Amministrazione Finanziaria, come il signore feudale, ritiene che il proprietario del terreno possa potenzialmente ottenere un reddito, e per questa “potenzialità” deve pagare un’imposta.

I contadini del Medioevo pagavano anche le cosiddette “banalités”, che erano banali solo perché erano molto diffuse. In realtà si trattava di imposte particolarmente odiate dai contribuenti, in quanto erano dovute per l’uso di forni (per il pane), torchi e frantoi. Mezzi che non potevano (per disposizione del signore) essere posseduti di contadini. E così, ogni volta che volevano cuocere il pane erano obbligati a pagare una tassa: secondo l’uso terminologico odierno la tassa è la controprestazione dovuta per un servizio a domanda individuale (se vuoi cuocere il pane paghi la tassa, ma puoi anche evitare di cuocerlo e così non paghi nulla… ma mangi il pane crudo. Al contrario l’imposta sul reddito si paga comunque come controprestazione di servizi a domanda collettiva).
Oggi, in maniera analoga rispetto a quanto capitava nel Medioevo, se voglio ad es. un determinato certificato, devo pagare l’imposta di bollo, che in realtà è una tassa. Purtroppo le attuali leggi tributarie vengono elaborate da “non esperti”: gli esperti di diritto tributario, dopo che le leggi sono state emanate, cercano di trovar loro – a fini di studio – un’adeguata sistemazione e classificazione.D’altronde, se invece possiedo un bar e voglio aprire un dehors, devo pagare una tassa perché occupo il suolo pubblico, cioè il suolo del signore, ops… scusate, il suolo dello Stato.

Niente di nuovo neanche sul fronte dei pedaggi medioevali, che si pagavano ad ogni incrocio, su tutti i ponti e persino all’ingresso delle città. Anche oggi paghiamo il pedaggio sull’autostrada e nei tunnel (il Frejus costa 33,20 euro !!!). E quando entriamo in centro paghiamo il parcheggio…. Allora, cosa è veramente cambiato dal Medioevo ad oggi ? Bé, nel Medioevo, i contadini “evasori” potevano subire il taglio dei piedi o delle mani o essere privati della vista. Ai più fortunati venivano soltanto strappati i denti…
Oggi l’evasore può dimostrare le proprie ragioni all’Amministrazione Finanziaria e beneficiare di un regolare processo, alla fine del quale non sono comunque previste punizioni corporali; al massimo il colpevole incorre in restrizioni della propria libertà.

1 commento

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

C'è rimasta una corvée che devo pagare se scelgo di non scegliere o mi dimentico di farlo: la quota dell'8 per mille assegnata d'ufficio in proporzione alle scelte degli altri. Così milioni di euro finiscono nelle tutt'altro che esangui casse della chiesa cattolica, mentre lo stato, in ristrettezze finanziarie, taglia i servizi.