TECNOLOGIA MADE IN ITALY DA "FANTASCIENZA" MA NESSUNO LA VUOLE


Cominciamo dalla tecnologia neurale. Le prime reti neurali vennero sperimentate negli anni 80, altro non sono che delle sequenze di equazioni matematiche, le cosiddette “equazioni neurali” ciascuna delle quali simula il funzionamento di un neurone, la cellula di cui sono composti i tessuti biologici di un cervello animale. Un neurone è una cellula un po’ particolare, sottoposto ad uno stimolo esterno può trasmettere o non trasmettere informazione reagendo ad una sorta di condizionamento biochimico. Una rete neurale biologica è composta da miliardi di neuroni, ciascuno collegato tramite le sinapsi a migliaia di altre cellule simili, la rete tutta insieme forma il cervello che impara a reagire in base all’esperienza. Facciamo un esempio. Avete mai osservato un bambino mettere un dito su una candela accesa? Dapprima il bambino ha un’attrazione verso il fuoco della candela, poi uno stupore alla sensazione di calore e solo dopo alcuni istanti una reazione di pianto legata al dolore. Bene c’è da scommetterci che la prossima volta quel bambino non metterà più il dito sulla candela accesa, ma non lo metterà nemmeno su fiammelle prodotte da qualunque altra sorgente. La rete neurale biologica ha ricevuto inizialmente uno stimolo sensoriale visivo piacevole, successivamente a seguito dell’attivazione di tutti i neuroni associati agli organi sensoriali (che chiamiamo comunemente curiosità), vengono aperti tutti i canali sensoriali con lo scopo di analizzare la piacevole novità. Il tatto è uno di questi. Dato che a seguito del contatto con il fuoco i ricettori cutanei della pelle restituiscono uno stimolo negativo, letto dal cervello come una sensazione di dolore che contrasta con la bellezza attrattiva del fuoco, il cervello richiede, anche se non sempre, una conferma della percezione con un secondo o terzo tentativo. Dopo di che la rete neurale associa definitivamente allo stimolo visivo archiviato come “fuoco” uno stimolo negativo archiviato come “dolore” che “spegne” i neuroni responsabili della richiesta iniziale di contatto. Da quel momento il bambino ha “imparato” che il fuoco non si tocc

Le reti neurali artificiali simulano matematicamente lo stesso tipo di comportamento. A seguito dell’ingresso di un segnale esterno, la rete mette in atto una risposta standard e in base all’esito, ne deriva in termini numerici un “premio” o una “punizione”, che ha l’effetto di amplificare o annullare la risposta attuata. Attualmente le reti neurali vengono comunemente usate per il riconoscimento vocale, per la lettura ottica delle forme e dei caratteri alfanumerici e a differenza di un computer che lavora su base numerica digitale associata ad una logica “tutto” o “niente ”, la rete neurale è analogica, ha quindi una gradualità nella risposta che va dal valore “zero” associato a nessuna risposta, a un numero K maggiore di uno che rappresenta l’amplificazione del segnale: il “premio”.
La tecnologia neurale ha il grosso vantaggio di autoapprendere a seguito di un periodo di training, non occorre perciò l’esperienza di volo del programmatore nel prevedere ogni possibile situazione, bastano ore di volo effettivo o simulato, in quanto per sistemi più o meno complessi le reti neurali sono in grado di imparare a comportarsi per raggiungere lo scopo per cui sono state progettate. Nel nostro caso, il gruppo di ricercatori è riuscito ad ottenere un modello neurale ottimale che consente all’aereo di recuperare l’assetto di volo perso a causa di danni prodotti o per atti di guerra o per guasti tecnici.
Servocontrolli di questo tipo sono già comunemente montati su aerei, ma come dicevamo, mentre un sistema neurale continua ad apprendere migliorando in linea di principio le proprie prestazioni, un computer, per quanto perfetto sia è immutabile ed è soggetto a errori di programmazione umani.
Circa tre anni fa nell’ambito delle attività istituzionali di OdisseoSpace, presi personalmente accordi con il gruppo di ricercatori che avevano all’epoca terminato con successo le prime sperimentazioni di volo su un F15 della NASA. Lo scopo era tentare un trasferimento tecnologico con l’industria italiana per dotare a medio termine sia gli aerei milita

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