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LA DIVERSITÀ GENETICA ALLA BASE DELLA BIODIVERSITÀ



A cosa dobbiamo l’incredibile variabilità tra popolazioni [1] e tra specie animali e vegetali in natura? E in ultima analisi la biodiversità?

La diversità (genotipica [2] o fenotipica [3] ) è una caratteristica degli ecosistemi comunemente ritenuta vantaggiosa per la sopravvivenza: la presenza di molte “versioni” diverse di uno stesso organismo è un vantaggio di tipo evolutivo e consente alle specie maggiore capacità di adattamento e di sopravvivenza in caso di particolari eventi o cambiamenti ambientali.

Non sempre però le varie “versioni” generano un vero e proprio vantaggio competitivo.

E’ il caso, alquanto buffo, ad esempio, della capacità di arrotolare la lingua. Alcuni individui non riescono a farlo. l’assenza di un gene (o meglio un allele [4]) non consente loro di arrotolarla.
Non è certo una grave lacuna: potremmo dire che si vive bene anche senza!

Provate però a pensare cosa succederebbe se nel vostro corredo genetico non esistesse un gene che vi permettesse di distinguere alcune sostanze amare come la Feniltiocarbammide (PTC), un composto sintetico che non si trova in natura.

Anche qui "chissene importa - direste voi - quando mai assaggerò una sostanza simile?".

In questo caso però l'incapacità a tradurre un segnale amaro in un pericolo è correlata alla impossibilità di distinguere sostanze tossiche dal gusto tipicamente amaro. Questo potrebbe mettere a repentaglio la vita dell’individuo privo di questa abilità.

Ora comprendiamo come non solo la variabilità permetta ad alcuni individui di ottenere caratteristiche fenotipiche vantaggiose rispetto alla specie di appartenenza, ma consenta alla popolazione di quella specie di sopravvivere in condizioni ambientali critiche.


MUTAZIONI GENETICHE

La letteratura e il cinema di fantascienza ci hanno spesso presentato la “mutazione” in chiave negativa.

Non paghi di tanto clamore è stato coniato addirittura un neologismo: mutante.
Pensiamo al mitico Polifemo, ciclope nell'Odissea, per arrivare al romanzo ottocentesco di H.G. Wells e il popolo dei Morlocks nella celebre "Macchina del tempo" o ai più moderni X-men.

Una mutazione evoca dunque, a livello popolare, pensieri associati a qualcosa di patologico, di grave. E la scarsa conoscenza di cosa sia realmente una mutazione si riflette anche sugli organi di stampa, come ad esempio nella recente bufala trasmessa a proposito del limone di terzigno.

Dobbiamo invece pensare che è grazie alle mutazioni genetiche che noi siamo diventati quello che siamo, e che la variabilità genetica dovuta a mutazioni casuali è uno dei fenomeni che sta alla base della biodiversità.

Le mutazioni sono infatti gli elementi di base grazie ai quali possono svolgersi i processi evolutivi. La variabilità genetica dovuta alle mutazioni è la condizione per cui gli organismi differiscono tra loro per uno o più caratteri, determinano dunque cambiamenti di tipo genetico che poi si ripercuoteranno sul fenotipo (le caratteristiche più “visibili” di un individuo).

A questo punto entra in gioco ciò che gli scienziati chiamano “deriva genetica”.


LA DERIVA GENETICA NELLE POPOLAZIONI

Anticipiamo un dato di fatto: c’è una bella differenza tra una popolazione di grandi dimensioni e una con pochi individui. Il numero di individui, infatti, ha importanti ripercussioni sulla variabilità finale di una popolazione.

Prendiamo ad esempio una popolazione che consista di pochi individui: un allele (una delle forme alternative di un gene) se è presente a una bassa frequenza nella popolazione potrebbe essere perso per puro effetto del caso.
Ma questo evento sarebbe più improbabile se la popolazione fosse invece di grandi dimensioni.


Per esempio, consideriamo due popolazioni con il seguente numero di individui:

GRUPPO A) 10.000 individui
GRUPPO B) 19 individui

Supponiamo che l’allele dominante consenta alla maggior parte di sentire il sapore di sostanze amare come il PTC. L’assenza di questo allele non consentirebbe agli individui rimanenti di tutelarsi da eventuali cibi tossici.

Supponiamo che l’allele recessivo sia presente a una frequenza del 10% o 0,1 allora 1900 individui nella popolazione di grandi dimensioni presenteranno l'allele. [5]
La stessa frequenza, 0,1, nella popolazione piccola significherà che solo circa 2 individui presenteranno l'allele. [6]

Ora provate a immaginare cosa accadrebbe se una sostanza tossica fosse presente per qualche ragione in un alimento.
E’ molto più probabile che la sostanza tossica possa uccidere gli unici due individui del secondo gruppo B (perdendo l'allele raro nella popolazione piccola) piuttosto che a perderlo sia il gruppo più grande A, con un numero maggiore di individui.

Sostanze tossiche possono casualmente uccidere proprio gli unici individui che portano l'allele raro nel gruppo B.

E’ proprio questo tipo di cambiamenti evolutivi causali nelle piccole popolazioni che è noto con il nome di deriva genetica.

La deriva genetica comporta cambiamenti nelle frequenze alleliche di una popolazione tra generazioni successive. E dunque nella variabilità di individui all’interno.

Un altro esempio concreto di deriva genetica riguarda direttamente la sorte dell'Irlanda nell'Ottocento che venne colpita da una grande carestia di patate.
Tale carestia può essere attribuita in parte al fatto che le piante irlandesi di patate mostravano una varietà genetica molto ridotta, il che permise ad uno stesso organismo fungino Phytophthora infestans di infettare e distruggere la maggior parte dei raccolti dell'isola.

Ma c’è di più: un allele può essere eliminato dalla popolazione per effetto del caso, indipendentemente dal fatto che esso sia svantaggioso oppure no a quell'individuo o a quella popolazione.
Ad esempio la capacità di arrotolare la lingua potrebbe essere persa se i pochi individui di una popolazione perissero per qualche coincidenza fortuita.

In questo caso si dice che la deriva genetica può diminuire la variabilità genetica all'interno di una popolazione.


IL COLLO DI BOTTIGLIA GENETICO

Pensate a cosa può capitare quando una epidemia o l'esaurimento delle risorse alimentari possono causare una rapida riduzione del numero di individui di una popolazione.

Può accadere periodicamente nella vita di una specie vivente. Si genera un fenomeno che è conosciuto come collo di bottiglia genetico, durante il quale può verificarsi la deriva genetica nella piccola popolazione dei sopravvissuti.

In seguito all'epidemia, o all'aumento delle risorse alimentari, la popolazione dei sopravvissuti può in seguito aumentare di numero.

Ma le frequenze alleliche nella nuova popolazione possono essere anche molto diverse rispetto alla popolazione che esisteva prima della sua decimazione.
Il proprio corredo genetico non potrà mai rappresentare tutta la popolazione generale della propria specie di origine.

L’EFFETTO DEL FONDATORE

L’ultimo aspetto da considerare è che la deriva genetica aumenta le differenze genetiche tra popolazioni diverse.

Prendiamo l’esempio della popolazione finlandese. Prelevando campioni del DNA da finlandesi e da popolazione europea si è visto che i finlandesi presentano una variabilità genetica significativamente minore di quella di altri europei.

Si suppone che i finlandesi discendano da un piccolo gruppo di individui stabilitisi in quella che oggi è chiamata Finlandia circa 4000 anni fa, isolata dal resto delle popolazioni europee per secoli.

Questo tipo di deriva genetica è spesso chiamata “effetto del fondatore”, e si verifica quando pochi “fondatori” stabiliscono una nuova colonia geograficamente separata dal resto della popolazione di origine



QUALI CONCLUSIONI POSSIAMO TRARRE?

1. Che l'evoluzione si applica a livello di popolazioni e non di individui. Si dice anche che gli individui non evolvono ma le popolazioni si. Benché la selezione naturale derivi dalla sopravvivenza e dalla riproduzione differenziale degli individui, questi non evolvono nel corso della loro esistenza.

2. Che le possibilità di sopravvivenza di una popolazione possono diminuire in seguito a una perdita di variabilità genetica, esponendola ai rischi comportati da eventuali cambiamenti ambientali.

3. Che le mutazioni non sono sempre dannose e che anzi forniscono la variabilità genetica su cui la selezione naturale agisce durante l’evoluzione.


Note.

[1] Popolazione. Tutti gli individui della stessa specie che vivono in un particolare posto nello stesso periodo.
[2] Genotipo. E' dato dal suo corredo genetico, ovvero quello che è "scritto" nel DNA contenuto nel nucleo di tutte le sue cellule.
[3] Fenotipo. L'insieme dei caratteri che l'individuo manifesta (es. colore degli occhi, forma del naso, ecc). Dipende dal suo genotipo, dalle interazioni fra geni e anche da fattori esterni.
[4] Allele. E' una variante di sequenza di un gene.

[5] 2pq+q2=2(0,9)(0,1)+(0,1)2 = 0,18+0,01 = 0,19
0,19x10.000=1900

[6] 0,19x10=1,9
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