Come diventare giornalista pubblicista: guida pratica alla professione
Diventare giornalista pubblicista richiede una combinazione di formazione, esperienza pratica e attenzione agli aspetti professionali e fiscali. In Italia, il pubblicista è iscritto all’Albo dei Giornalisti nella sezione pubblicisti e svolge attività giornalistica in maniera continuativa, anche se non costituisce la sua principale fonte di reddito.
Per accedere all’Albo come pubblicista, è necessario aver svolto attività giornalistica continuativa per almeno due anni. Durante questo periodo, occorre pubblicare un numero minimo di articoli, che generalmente viene considerato di almeno 20 articoli sul biennio (ma ogni ordine regionale può chiedere anche più di 60 articoli), su testate riconosciute, siano esse quotidiani, settimanali, riviste o portali online. Non è necessario che il lavoro sia a tempo pieno, ma deve essere regolare e documentabile. Gli articoli devono essere retribuiti, perché l’Ordine dei Giornalisti richiede che il lavoro sia professionale e non puramente volontario. Non esiste un importo minimo legale, ma di solito le testate riconoscono compensi variabili a seconda della lunghezza e della testata, che possono andare da poche decine a qualche centinaio di euro per articolo.
Dal punto di vista fiscale, ogni compenso percepito è soggetto a ritenuta d’acconto del 20%, tipica per i compensi da lavoro autonomo occasionale, se non si possiede partita IVA. Per gestire correttamente gli aspetti fiscali, è utile consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate e le guide dedicate ai compensi da giornalismo pubblicista, oppure rivolgersi a un commercialista esperto in lavoro autonomo e collaborazioni occasionali. È importante conservare tutte le fatture o ricevute dei compensi ricevuti, perché serviranno sia per la domanda all’Ordine sia per la dichiarazione dei redditi.
Una volta accumulata la documentazione necessaria, si può presentare domanda di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti, allegando articoli, ricevute e documenti fiscali. La commissione dell’Ordine valuta la continuità e la qualità del lavoro, e solo dopo l’approvazione si ottiene l’iscrizione nella sezione pubblicisti. Questo consente di esercitare legalmente la professione, firmare articoli ufficiali e accedere a concorsi riservati.
Diventare giornalista pubblicista richiede quindi costanza, passione per l’informazione e attenzione a tutti gli aspetti pratici, compresi quelli fiscali. Chi sceglie questa strada deve dimostrare competenza, rispetto delle regole deontologiche e capacità di gestire sia la scrittura sia gli aspetti economici della professione, trasformando la passione per il giornalismo in un percorso riconosciuto e strutturato.
Differenza tra giornalista pubblicista e professionista
In Italia, la differenza tra giornalista pubblicista e giornalista professionista riguarda principalmente l’attività lavorativa, la formazione e l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti (ODG). Ecco un quadro chiaro:
Il giornalista professionista è colui che esercita la professione a tempo pieno, con incarichi retribuiti e continuativi presso testate giornalistiche registrate. Per iscriversi all’Ordine dei Giornalisti deve generalmente possedere una laurea in materie umanistiche o giornalistiche, o un diploma equivalente, anche se non è obbligatorio, e completare un praticantato obbligatorio di diciotto mesi presso testate registrate, per poi superare l’esame di Stato per giornalisti professionisti. Questa qualifica gli consente di firmare articoli come “giornalista professionista” ed è tenuto a rispettare il Codice Deontologico dell’Ordine dei Giornalisti, avendo al contempo accesso a determinati diritti previdenziali e assicurativi specifici per la professione. L’attività tipica del professionista consiste nello scrivere articoli, inchieste, reportage ed editoriali per giornali, televisioni, radio o media digitali, facendo del giornalismo la sua attività principale.
Il giornalista pubblicista, invece, esercita la professione in modo saltuario o non esclusivo, spesso compatibile con altre attività lavorative. Per iscriversi all’Ordine deve dimostrare di aver pubblicato articoli per almeno due anni su testate giornalistiche registrate, anche online, secondo parametri stabiliti dall’Ordine. Non è richiesto il praticantato né l’esame di Stato, ma occorre che l’attività sia continuativa nel tempo. Il pubblicista può firmare articoli con la qualifica di “giornalista pubblicista”, deve rispettare il Codice Deontologico e ha accesso a una previdenza ridotta rispetto al professionista. La sua attività tipica consiste in collaborazioni saltuarie con giornali, riviste, siti web, newsletter o altri media, facendo spesso del giornalismo un’attività secondaria rispetto a un altro lavoro.
3️⃣ Differenze chiave in sintesi
| Aspetto | Giornalista Professionista | Giornalista Pubblicista |
|---|---|---|
| Iscrizione all’ODG | Dopo praticantato + esame di Stato | Dopo due anni di pubblicazioni |
| Attività principale | Giornalismo a tempo pieno | Giornalismo saltuario o secondario |
| Titolo ufficiale | “Professionista” | “Pubblicista” |
| Obbligo praticantato | Sì | No |
| Accesso a benefici previdenziali | Completo | Limitato |
| Esempi | Reporter, inviato speciale, redattore | Collaboratore esterno, blogger registrato |
💡 Sintesi pratica:
- Il professionista è il giornalista “di carriera”, titolare di uno status legale pieno.
- Il pubblicista è un giornalista “a margine”, che scrive con continuità ma senza farne necessariamente il lavoro principale.
Diventare giornalista all’estero
All’estero, la figura del giornalista pubblicista non è sempre formalmente riconosciuta come in Italia. In molti paesi, il giornalismo è una professione libera, senza iscrizione obbligatoria a un Albo, e la distinzione tra professionista e pubblicista può non esistere. Per lavorare legalmente, è comunque necessario rispettare le norme fiscali locali e ottenere eventuali permessi di lavoro se si è stranieri.
Per dimostrare esperienza e costruire un portfolio internazionale, è fondamentale pubblicare articoli su testate locali o internazionali, blog riconosciuti, riviste digitali o piattaforme di informazione. Molti giornalisti freelance esteri lavorano con contratti di collaborazione o come lavoratori autonomi, emettendo fatture o utilizzando sistemi di pagamento conformi alle leggi fiscali locali. La continuità del lavoro è altrettanto importante: anche all’estero, bisogna dimostrare di aver prodotto un numero sufficiente di articoli in un periodo di tempo definito per avere credibilità professionale, spesso documentata da un portfolio o lettere di referenze editoriali.
Dal punto di vista fiscale, ogni paese ha regole specifiche. Ad esempio, negli Stati Uniti i compensi dei freelance sono dichiarati nel Schedule C della dichiarazione dei redditi, con tasse federali e statali; nel Regno Unito è necessario registrarsi come self-employed e pagare il self-assessment tax. In generale, il principio rimane lo stesso: tutti i compensi percepiti devono essere documentati e tassati secondo le regole locali, spesso con ritenute o contributi previdenziali specifici per lavoratori autonomi.
Infine, costruire una reputazione internazionale può aprire opportunità di collaborazione con testate italiane all’estero o portali internazionali, anche senza un Albo ufficiale. Per chi vuole formalizzare il percorso, alcune organizzazioni giornalistiche internazionali offrono certificazioni professionali, corsi e membership che possono servire come prova di professionalità riconosciuta.

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