COME IRRITARE UN COMUNISTA
«Si può fare la rivoluzione anche con la cravatta», sosteneva Fidel Castro, dimenticando forse di precisare che la cravatta in questione sarebbe stata stretta ben forte al collo del dissenso. Irritare un comunista, dunque, non è impresa difficile: basta sfiorare le crepe dell’edificio ideologico, quelle fessure dove la retorica dell’uguaglianza si scontra con la cronaca storica. Come ogni credo politico, il comunismo nasce con promesse sublimi: abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, realizzare una società senza classi, emancipare le masse. Nella prassi, però, tali ideali hanno spesso assunto le sembianze dell’opposto, trasformandosi in governi che hanno creato élite privilegiate, represso la libertà e fallito clamorosamente sul piano economico¹.
1. Parlare delle Foibe
Ah, le foibe: cavità naturali della Venezia Giulia e dell’Istria, la cui funzione geologica fu tragicamente reinterpretata, tra il 1943 e il 1945, dai partigiani jugoslavi di Tito come soluzione per far sparire “nemici del popolo” (italiani fascisti, sì, ma anche civili, preti, commercianti, carabinieri, e talvolta perfino antifascisti di altra tendenza)². La stima delle vittime varia, e la discussione è accesa: ma anche nella versione più prudente, siamo di fronte a un massacro di civili. L’irritazione nasce perché toccare questo tema è come bussare alla porta di un santuario e chiedere se il santo patrono ha mai fatto qualche marachella: il discorso rompe la narrazione monolitica della Resistenza come epopea immacolata.
Provocazione consigliata: «Ma allora le foibe? Che ne dici, ne parliamo?» — meglio se accompagnata da una foto del Giorno del Ricordo (10 febbraio) e un sorriso innocente.
2. Domandare se l’ANPI vende anche la frutta
L’ANPI è, per molti militanti di sinistra, ciò che il Vaticano è per un cattolico praticante: il tempio della memoria, intoccabile. Eppure, negli ultimi decenni, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sembra aver ampliato il proprio menù d’azione ben oltre la rievocazione storica: dalla difesa del movimento No Tav alla solidarietà con cause internazionali³.
Tanto che l'ANPI stessa ha dovuto porre un freno a se stessa #LOL
Insinuare che l’ANPI possa aprire un banco di frutta e marmellate al mercato per autofinanziarsi non è solo ironico: è chirurgicamente destabilizzante, perché mette in dubbio la purezza dell’agenda politica dell’associazione. Domanda killer: «Ma l’ANPI fa anche confetture, o si limita a sventolare bandiere rosse?».
3. Citare i fallimenti economici del comunismo
Dalla carestia del Grande Balzo in Avanti (1958-1962), che secondo stime accreditate causò almeno 45 milioni di morti⁴, alle code interminabili per il pane nell’URSS degli anni ’80⁵: la storia economica dei regimi comunisti è una galleria di catastrofi pianificate. Mostrare come i modelli centralizzati abbiano prodotto scarsità anziché abbondanza è come tirare la tovaglia da sotto il pranzo di gala ideologico: la tavola rimane, ma i piatti finiscono in frantumi.
Versione ironica: «Se il comunismo funziona così bene, perché in URSS la gente faceva la fila per una patata?». Variante contemporanea: «E perché i liberatori dell’Ucraina rubano lavatrici, se erano già così emancipati dai beni materiali?».
4. Esaltare il capitalismo (e mostrarne l’uso quotidiano)
Basta nominare Steve Jobs, Jeff Bezos o il motore di ricerca con cui ogni studente di sinistra trova le citazioni di Gramsci. Ricordare che l’iPhone, Amazon e Netflix sono figli diretti del mercato libero è un esercizio che unisce filosofia politica e comicità involontaria. Il cortocircuito nasce quando il militante che denuncia il consumismo fa il check-in su Instagram dal MacBook Pro⁶.
Provocazione secca: «Il capitalismo sarà anche imperfetto, ma ha creato lo smartphone con cui oggi scrivi post contro il capitalismo».
5. Parlare dei gulag
I campi di lavoro forzato dell’Unione Sovietica, celebrati nell’Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn⁷, sono una ferita che molti preferiscono ignorare. Tra il 1930 e il 1953 milioni di persone furono deportate, spesso per reati di opinione o per appartenenza a categorie “nemiche del popolo”. Minimizzare questa realtà è prassi tra chi preferisce ricordare i trionfi industriali del piano quinquennale.
Ironia suggerita: «Nei gulag si lavorava per il bene comune, no? Miniera di sale gratis per tutti!».
6. Ironizzare sulla devozione ai leader
Da Marx a Che Guevara, passando per Lenin e Stalin, la venerazione verso certe figure è talvolta indistinguibile da un culto religioso⁸. Slogan imparati a memoria, t-shirt come reliquie, citazioni estratte da testi ottocenteschi come versetti biblici: il tutto condito da un rifiuto quasi teologico del “pensiero unico capitalistico”, mentre si ripetono formule rigide e immodificabili.
Colpo basso: «Avete sostituito Dio con il Che, ma la fede cieca è rimasta la stessa».
Postilla: perché i comunisti “da centri sociali” non sono democratici
Molti collettivi antagonisti italiani rifiutano esplicitamente la democrazia rappresentativa, bollata come “teatrino borghese”⁹. L’intolleranza verso il dissenso interno ed esterno, unita alla simpatia per regimi autoritari come Cuba o l’URSS, completa un quadro dove il pluralismo è visto come debolezza e il compromesso come tradimento. Non sorprende che, dalla Valsusa al G8 di Genova, la prassi politica privilegi “azioni dirette” rispetto al confronto elettorale.
Il riferimento storico non manca: la dissoluzione dell’Assemblea Costituente da parte dei bolscevichi nel 1918 fu il modello originario di una logica che oggi sopravvive in forme ridotte ma riconoscibili¹⁰.
Note
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Karl Marx, Il manifesto del partito comunista, 1848; Richard Pipes, Communism: A History, Random House, 2001; Robert Service, Comrades: Communism – A World History, Harvard University Press, 2007.
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Gianni Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria, Mondadori, 2002; Raoul Pupo, Le foibe giuliane, Laterza, 2003; Ministero dell’Istruzione, Direttiva n. 692, 30 gennaio 2004.
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Giovanni De Luna, La Resistenza perfetta, Feltrinelli, 2015; ANPI Valsusa, Comunicato stampa, 27 luglio 2019; Archivio storico No Tav, “Gli scontri di Chiomonte del 2011”.
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Frank Dikötter, Mao’s Great Famine, Walker & Company, 2010.
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Stephen Kotkin, Armageddon Averted: The Soviet Collapse, 1970–2000, Oxford University Press, 2001.
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Joseph A. Schumpeter, Capitalism, Socialism and Democracy, Harper & Brothers, 1942; Walter Isaacson, Steve Jobs, Simon & Schuster, 2011.
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Aleksandr Solženicyn, Arcipelago Gulag, 1973; Anne Applebaum, Gulag: A History, Doubleday, 2003; Memorial International, Database delle vittime del terrore staliniano.
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Régis Debray, Loués soient nos seigneurs, Gallimard, 1996; Jon Lee Anderson, Che Guevara: A Revolutionary Life, Grove Press, 1997; Isaiah Berlin, Karl Marx: His Life and Environment, Oxford University Press, 1939.
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Donatella Della Porta, Social Movements, Political Violence, and the State, Cambridge University Press, 1995; Human Rights Watch, “Cuba: Repression of July 2021 Demonstrations”, 2022.
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Vladimir Lenin, Tesi e rapporto sulla democrazia borghese e la dittatura del proletariato, 1919.

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