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“PERCHÉ IL GIORNO DEL RICORDO”: UN LIBRO SUI 20 ANNI DELLA LEGGE 94: DALLE FOIBE AI GIORNI NOSTRI



La legge nazionale numero 94 del marzo 2004 ha istituito il "Giorno del Ricordo" per commemorare le vittime delle foibe e l'esodo degli istriani, fiumani e dalmati. Questo è stato fatto perché, in Italia, manca ancora una vera conoscenza e consapevolezza di massa riguardo a questi eventi, che hanno drammaticamente segnato la storia del confine orientale e delle regioni vicine (Venezia GiuliaIstriaDalmazia) tra il 1943 e il 1958. La consapevolezza è spesso influenzata da paraocchi e pregiudizi ideologici del diciannovesimo e ventesimo secolo, che continuano a condizionare gran parte del dibattito politico-culturale, anche per quanto riguarda il passato recente.


Il saggio "Perché il Giorno del Ricordo. La frontiera giuliana dai conflitti del passato al dialogo europeo" offre un'analisi dettagliata su questi temi. La legge 92/2004, che ha compiuto vent’anni, è stata analizzata dagli storici Giovanni Stelli, direttore della rivista "Fiume. Rivista di studi adriatici" e presidente della Società di Studi Fiumani-Archivio Museo Storico di Fiume, e Marino Micich, direttore di questi due organismi e membro, dal 2004, della Commissione governativa per le onorificenze ai parenti degli infoibati.



L'introduzione degli autori sottolinea che, con l'istituzione del Giorno del Ricordo tramite la legge 94/2004, la memoria dell'esodo giulianoistriano e dalmata (che si è verificato in più ondate dal 1943 al 1958 circa) è diventata parte integrante della storia nazionale italiana negli ultimi vent’anni. Lo scorso 10 febbraio, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha annunciato la creazione di un Museo nazionale del Ricordo a Roma. A livello internazionale, il 13 luglio 2020, presso la foiba di Basovizza, unica sul territorio italiano, si sono incontrati il Presidente della RepubblicaSergio Mattarella, e il presidente sloveno Borut Pahor, dando avvio a nuove forme di collaborazione sui temi della memoria

Nel primo capitolo, Giovanni Stelli offre un quadro storico dei territori dell'Adriatico orientale (Venezia Giulia, Istria, Dalmazia) dal Medioevo al periodo successivo alla Prima guerra mondiale, concentrandosi anche sulla politica di assimilazione forzata attuata sia dall'Italia (soprattutto durante il fascismo) che dall'Austria. Dopo l'8 settembre 1943, inizia la tragedia delle foibe, che Stelli descrive come una "pulizia di classe" (e anche etnica anti-italiana), pianificata da anni dal Partito comunista jugoslavo e dalla temuta Ozna, la polizia segreta. Questa "guerra di classe" era più accentuata rispetto all'Italia dello stesso periodo (1943-1945) e aveva il pieno supporto di alcuni leader del Partito comunista italiano (come Pietro Secchia e, in parte, Luigi Longo), nonostante fossero ufficialmente legati alla linea "moderata" promossa da Palmiro Togliatti su input di Iosif Stalin con la Svolta di Salerno del marzo 1944.

Stelli ricorda poi la discussione del Trattato di Pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, con cui l'Italia perde quasi tutta l'IstriaFiume e Zara. Inoltre, deve accettare la creazione (mai realizzata) del Territorio libero di Trieste, con le zone "A" e "B" sotto amministrazione militare alleata e jugoslava, rispettivamente. Sette anni dopo, il Memorandum di Londra fra ItaliaRegno UnitoUSA e Jugoslavia restituirà la zona "A" con Trieste alla sovranità italiana, mentre il Trattato di Osimo del 1975 sancirà il definitivo passaggio della zona "B" a Belgrado.

Nel secondo capitolo, Marino Micich sottolinea che l'esodo istriano, giuliano e dalmata avvenne senza alcun decreto di espulsione, a differenza di altre situazioni storiche. Questo ha permesso alla storiografia jugoslava (e successivamente a quella slovenacroata e italiana) di sostenere che la partenza di circa 300mila italiani dal 1947-1948 fino a oltre il 1958, avvenne su base volontaria (il diritto di "opzione cittadinanza" era garantito agli italiani dal Trattato di Pace del 1947).

Micich, infine, ha affrontato la questione pluridecennale dei risarcimenti (sempre largamente inadeguati rispetto ai beni requisiti) a tutti gli espatriati colpiti dalle espropriazioni decise dal Governo titoista. L'ultima legge in materia, la numero 137 del 2001, non ha stabilito un coefficiente equo e dignitoso. In conclusione, solo una sincera prosecuzione del dialogo italo-croato e italo-sloveno, iniziato dopo il 2000, potrà portare alla definizione, fra i tre Paesi, non di una memoria condivisa (che sarebbe un’utopia) ma di più memorie “riconosciute”. Ognuna delle quali – ha sottolineato nella prefazione Gianni Oliva, giornalista e storico del Novecento – riconosca “la legittimità dell’altra per comporre, insieme, un quadro superiore”.

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