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SIENA: SOLIDARIETÀ ALLE DONNE DELLA CONTRADA DELL'OCA


A Siena c'è una secolare abitudine: quella di escludere le donne dal diritto di voto.

30 donne sono state sospese "a divinis" questa settimana per voce di un vicario di contrada, Antonio Degortes (figlio del più noto fantino "Aceto"), per avere avuto l'ardire di esigere per vie legali ordinarie un diritto che la stessa Costituzione sancisce:  il diritto di uguaglianza senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali (art. 3), insieme a quello di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24 e 113). Una esclusione che porta più il sapore di una vendetta che di una sanzione disciplinare.

Perfino uno dei Club tra i più esclusivi e più misogino al mondo, l'Oxford and Cambridge University Club, aveva ceduto nel 1996, rinnegando oltre un secolo e mezzo di discriminazioni nei confronti del gentil sesso (il club è riservato a professori e laureati delle due più prestigiose università del Regno Unito).

Tanto più che  Siena si è candidata a capitale europea della cultura, una candidatura che a questo punto  è a serio rischio (come afferma l'associazione se non ora quando?, complice anche il silenzio di buona parte della città e di alcune sue istituzioni.

Chi afferma che potrebbe essere esagerata l'esposizione della notizia delle contradaiole senesi lo fa senza conoscere lo spirito che anima la vita del piccolo comune di 54 000 anime: essere espulsi dalla propria contrada significa non poter più partecipare e svolgere normale vita sociale, partecipare alle riunioni, ai battesimi, alla vita di paese. Una vicenda che si prefigura come una triste applicazione di mobbing sociale.
Tutto accade in un comune italiano che, guarda guarda la coincidenza,  non ha mai conosciuto un sindaco donna.

Una vicenda che si somma alla già triste analisi dell'ISTAT che abbiamo pubblicato questo mese di dicembre e che ci riporta a viaggiare nel tempo e nello spazio di non molto: il diritto di voto alle donne nei cantoni della vicina e "civilissima" svizzera fu concesso solo il 7 febbraio 1971.
Prima di allora l'ineguaglianza sociale non impedì alla Svizzera, al momento della firma della convenzione dei diritti umani del Consiglio d’Europa, di aderire alle sezioni riguardanti la parità tra i sessi. 

Una opinione, quella della inferiorità delle donne,  piuttosto diffusa in Europa e Stati Uniti fino ai giorni nostri, se si pensa che il rettore della autorevole Università di Harvard Lawrence Summers fu costretto a dimettersi per avere affermato (siamo nel 2005) che le donne sono biologicamente inferiori agli uomini e che non sono portate per le materie scientifiche, nonostante ricerche e dati statistici confermino proprio il contrario.

E che l'Università di Princeton (che accolse il Premio Nobel Albert Einstein tra i suoi illustri docenti) fu aperta alle donne solo nel 1968 (!) e che l'ultima università ad ammetterle è stata Cambridge, e che fino al 1995 non c'era, sempre a Princeton, un full professor donna.

Episodi come questi, per quanto limitati nello spazio di una italietta, debbono fare riflettere: perché la misoginia, come i pregiudizi, sono duri a morire, dal più piccolo paesino del centro penisola, all'Europa del XXI secolo.


 

4 commenti

Andrea ha detto...

Quello che volevo osservare è questo :a Siena c'è una realtà complessa e risalente al Medioevo che sono le Contrade , si nasce e si muore sotto "l'ala " della Contrada , ci si sposa raramente tra due di diversa Contrada, i figli nascono e invece di andare alla Casa del Popolo o in Parrocchia vanno alla sede della Contrada. Ci sono le votazioni , specifiche su delibere della Contrada stessa, per statuto votano solo gli uomini. le Donne della Contrada dell' Oca hanno chiesto di cambiare lo Statuto , era stato promesso di farlo, ancora non è stato fatto, e loro si sono rivolte alla Giustizia "normale" , sono state messe al bando dalla Contrada. Io non abito a Siena ma a Firenze ma capisco questo senso di appartenenza stretto , pur meravigliandomene tutte le volte che vedo un Palio con un amico contradaiolo ( del Bruco) , persona serissima e compunta , che quando il Bruco vinse diventò un altra persona , mi fece quasi paura da quanto era "fuori di testa" da allora capii quanto e cosa vuol dire per un contradaiolo vincere un Palio. Quello che contesto di chi parla di queste cose ( dell' articolo ) è il voler appellarsi addirittura alla Costituzione per certe cose , sono cose "di famiglia" e devono essere risolte in famiglia, sembra fuori dal tempo , ma è così , la questione non è essere inferiore in quanto Donna , o si cambia lo Statuto ( risalente al medioevo ) o si accetta, non centrano niente la Costituzione o i Diritti dell' Uomo. Ma deve essere fatto dai senesi nelle Contrade.

adagug ha detto...

Pur comprendendo la spiegazione e le motivazioni che Andrea ha così civilmente esposto (grazie, cosa sempre più rara nei commenti dei blog...), vorrei dire che credo che la chiave di tutto stia in quel "risalente al Medioevo". Le tradizioni storiche sono degne di tutto il nostro rispetto, ma in questo caso, proprio perché la vita di contrada è così importante in tutti i suoi aspetti (e le contrade "hanno personalità giuridica pubblica e svolgono all'interno della città funzioni sociali con interessi universalmente riconosciuti" come spiega Isabella Becchi, avvocato, in questa intervista ) non si capisce perché un diritto sancito dalla Costituzione, come quello del voto, sia stato negato fino a oggi adducendo la scusa della tradizione. Credo che rivolgersi alla giustizia ordinaria sia stato necessario per queste donne dopo anni di rifiuti e dinieghi. E il richiamo alla Costituzione di chi ha scritto questo articolo è altrettanto necessario per far comprendere che - proprio per le peculiarità delle contrade - il diritto di voto per tutti è fondamentale.
Qui però il discorso va a mio parere ben oltre la discriminazione nei confronti delle donne: le dichiarazioni di Antonio Degortes riportate dai giornali per giustificare la sospensione delle "ribelli" (come si vede in questo video e come riportato da Il Levante : "Questa decisione serva per capire che tutto ciò che riguarda le contrade deve risolversi al loro interno. Se la prima volta abbiamo considerato giustificabile che queste signore si rivolgessero al tribunale, la seconda no." ha dichiarato Antonio Degortes, figlio del popolare fantino Andrea (noto col nome di "Aceto") e vicario alle pubbliche relazioni della contrada. "Tutte erano coscienti perfettamente che questo sarebbe stato il risultato finale - aggiunge Degortes - non è una minaccia contro di loro ma una tutela per il futuro, affinché le discussioni avvengano dentro le contrade e non nei tribunali") sono a dir poco inquietanti: un fritto misto di intimidazioni e frasi oblique che mi ricorda tanto la scena iniziale de Il Padrino .

Nel frattempo ci sono questi aggiornamenti

Claudio Pasqua ha detto...

Potremmo fare diversi esempi simili, nei paesi dominati da fondamentalismo islamico. Invece oggi sul Corriere compare una grave notizia che fa riflettere.
In un paese democratico come Israele può succedere che una minoranza ortodossa imponga alle donne di sedersi obbligatoriamente negli ulimi posti degli autobus, proprio come fino al 1955 fu imposto nei civilissimi Stati Uniti.


Quanto alle parole di Degortes, non aggiungo altro rispetto a quanto correttamente ha descritto adagug.
In nome di una tradizione, ormai non più accettabile, ad alcune donne di Siena non è permesso di votare all'interno delle Contrade che, ricordiamo, hanno personalità giuridica pubblica e svolgono all’interno della città funzioni sociali. E questa enorme ingiustizia merita una particolare attenzione nella civilissima Italia.


Riporto solo il significativo passaggio dell'Avvocato Isabella Becchi, rimandando per i più attenti alla lettura del testo completo:

“La tradizione di non far votare le donne era presente in tutte e diciassette le contrade. In sessanta anni di storia le cose sono pian piano cambiate e tutte le consorelle, eccetto l’Oca, si sono adeguate ai nuovi modelli sociali. Nella Selva, per sempio, le donne votano dal 1948.
Spacciandola per tradizione, si insiste nel negare alle donne l’elettorato attivo e passivo senza, peraltro, che ciò sia previsto nello statuto della contrada. E non si dica che esiste una società delle donne dove le iscritte possono esprimersi. Non c’è bisogno di essere giuristi o esperti di leggi per capire che una tradizione non può essere imposta se è contraria alla
legge e, comunque, se non è condivisa ed accettata da tutti gli interessati.
Se anche solo una donna dell’Oca chiede di votare, il voto non le può essere negato, tantomeno impedito. Chi, poi, volesse rimanere affezionato alla sedicente tradizione, potrà farlo astenendosi dall’andare a votare e rinunziando, così, ad un diritto-dovere ormai, lo ripeto, universalmente riconosciuto”.

Ada_Fichera ha detto...

Avendo da poche ore stappato la bottiglia di spumante per brindare al nuovo anno, nella piena coscienza di essere giunti nel 2012, non avremmo creduto (o per lo meno non avremmo voluto) continuare a leggere notizie dovute a discriminazioni di genere o ad eventi similari...Eppure puntualmente ci ritroviamo davanti a pagine di cronaca che portano in luce vicende che più che al 2012 sembrano risalire a molti decenni addietro! Assolutamente a favore del mantenimento della tradizione, ma tale tradizionalismo non può equivalere a mettere in atto comportamenti illegali. E' incomprensibile che un diritto dato dalla Costituzione, come quello del voto, sia stato negato fino ad oggi adducendo la scusa della tradizione. per non parlare della tesi secondo la quale "i panni sporchi si lavano in casa".....Questa tendenza al "coprire", a risolver i problemi in maniera occulta, questo tipico "inter nos" degno della tendenza all'omertà dei "migliori entroterra" dell'epoca passata, rende invece poco degna una società come quella italiana che tanto si vanta di essere evoluta, ma che talvolta invece davvero rasenta le condizioni delle peggiori popolazioni che tanto facilmente noi chiamiamo "incivili"!