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AVATAR IN AMAZZONIA

Se volessimo rivivere il "magico" mondo di Pandora di James Cameron, nel nuovo film Avatar, percepiremmo molte delle sensazioni provate nel monumentale colossal presso le terre tracciate dal Rio delle Amazzoni.
Non ci troverete rettili che diventano farfalle ma, come del resto accade un po' ovunque in Amazzonia (e come fanno i nativi da centinaia d'anni) potrete desinare con gustosissimi vermi grandi quando banane o formiche dall'aspro sapore di limone, in una regione che ospita sia il giaguaro che il delfino rosa.
La Reporter Melaina Spitzer (che proviene da una formazione italiana all'università di Bologna) ha intervistato un gruppo di leader indigeni del Rio delle Amazzoni nel capitale dell'Ecuador, Quito, che sono andati a vedere Avatar sul grande schermo in 3D.




L'argomentazione più toccante è la chiave di interpretazione fornita da Blanca Chancoso (a 3' 28" nel video), dirigente della Confederazione dei Popoli di Nazionalità Kichua dell'Ecuador, che afferma come:
"la pellicola non mostri volontà di dialogo. L'unica soluzione sembra essere quella del conflitto, della guerra, non quella del dialogo. Ma questo non può portare altro che distruzione, e la fine indistinta della vita umana. Dovremmo considerare che ci deve sicuramente essere un altro messaggio da dare oltre a questo".
Una affermazione che pesa come un macigno, soprattutto quando è detta da una leader che vive in prima persona ogni giorno con la sua gente ciò che il popolo Na'vi subisce nel film. Ed è forse l'unico vera grande critica al messaggio presente nel sorprendente film di Cameron.

Via Scienceblogs
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Aggiornamento di lunedì 1 febbraio

Ho appena letto un bellissimo articolo su Galileo dal titolo "Ecuador, la culla della biodiversità" che non fa che ribadire le analogie tra il mondo immaginato da Cameron con il suo Pandora e la meravigliosa biodiversità di questa regione dell'Amazzonia, e dello sfruttamento delle sue risorse in atto.
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2 commenti

Daniele Gouthier ha detto...

Claudio, ciao
Io dissento un po' con il pur autorevole parere amazzonico.
Mi sembra che i Navii abbiano mostrato una volontà di dialogo compatibile con le possibilità che venivano loro offerte (pochine). Sono stati disponibili a curare i feriti della parte avversa (la dottoressa) e non hanno operato per distruggere gli invasori ma solo per allontanarli dopo aver rischiato di essere sterminati.
Mi sembra un atteggiamento che cerca di superare il conflitto, no?

(Su Avatar ho scritto qualcosa in chiave scientifica qui: http://www.danielegouthier.it/erdos/avatar.html)

Claudio Pasqua ha detto...

Daniele, quello che dici è vero, ma non è quello che voleva dire la leader Kichua.
La critica di Blanca Chancoso (e la mia) riguardava non il comportamento, condivisibile, dei Na'vi nel film, ma il messaggio che poteva trasmettere il regista.

Ad esempio nel film, come nella realtà, le donne sono quasi sempre coloro che cercano il dialogo, l'intermediazione. Nel film si era partiti con ottimi spunti e si poteva terminare con un messaggio positivo. La scienziata disposta ad ascoltare e a capire, le donne Na'vi che non infieriscono sui "diversi" ma se ne prendono cura, la sciamana, il cui tema centrale è il dialogo con ogni forma terrestre.

Insomma, ieri ho visto il film per la seconda volta, e mi ha infastidito un poco che oggi, dopo quasi un secolo di scontri come quelli tra istraeliani e palestinesi per intenderci, si possa anche solo lontanamente pensare che l'unica forma possibile sia lo scontro.

La conclusione del film è stata quella di una separazione netta tra le due "civiltà". Io se fossi stato il regista, avrei pensato anche alla grande forza divulgativa alle masse di un film come questo. Avrei dato un messaggio diverso. Avrei dato più importanza al lavoro delle "donne" del film, veramente impegnate a trovare strade alternative di integrazione.
Che ne dici?