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OLTRE LA FRONTIERA QUANTISTICA: UNA STORIA APPASSIONANTE

Massimo Auci
OdisseoSpace






(Parte ottava)
8. – Spin ed effetti superluminali in Bridge Theory



Alla fine del 1995 andai a trovare Mario Rasetti, conobbi Mario nel 1977 in occasione dell’organizzazione di alcune conferenze sulle nuove forme di energia. Mario Rasetti mi aveva invitato una decina di anni prima presso il dipartimento di fisica del Politecnico di Torino per tenere una conferenza sulla natura elettromagnetica del fotone. Il nuovo incontro, oltre a ravvivare un'antica e piacevole conoscenza, mi permise di fare il punto della situazione sullo stato delle mie ricerche. In particolare c’era uno sviluppo nuovo che riguardava gli effetti auto-gravitazionali dei fotoni. Per quanto minuscoli, gli effetti di gravità prodotti dall’energia elettromagnetica localizzata nell’intorno delle sorgenti, sembravano rendere conto dello spostamento verso il rosso degli spettri stellari. L’entità dello spostamento era perfettamente in accordo con quella attribuita da Edwin Hubble al red-shift cosmologico e nel quadro delle equazioni di Einstein si conformava con un universo euclideo.
Il nostro incontro fu interessante, specialmente per le prospettive che sembravano presentarsi. Rasetti mi invitò a scrivere un articolo per l’International Journal of Modern Physics, del quale era editor, proprio a riguardo di quegli ultimi sviluppi in ambito cosmologico. Nel frattempo con Guido Dematteis stavamo sviluppando a partire dalle sorgenti di dipolo un modello di spin elettromagnetico altrettanto interessante. All’epoca fu proprio Guido, più interessato agli aspetti subatomici della materia di quanto fossi io, a spingere verso questo filone.


Le prospettive di comprendere lo spin particellare erano ottime. La propagazione dell’energia emessa da una sorgente elettromagnetica è in generale descritta da una grandezza vettoriale: il vettore di Poynting. Nel caso di una sorgente elettromagnetica di dipolo, non tutta l’energia prodotta è però istantaneamente emessa, in quanto il vettore che descrive la propagazione dell’energia non è ovunque perfettamente radiale rispetto al centro della sorgente, quindi è scomponibile in una parte radiale ed una trasversale rispetto all’osservatore. La componente trasversale si estende all’infinito riducendosi a zero e oltre ad essere responsabile della localizzazione dell’energia del fotone, è associabile ad un’onda stazionaria in apparente rotazione intorno al centro della sorgente. Come onda stazionaria in rotazione, possedeva quindi un momento angolare intrinseco ideale per essere lo spin cercato. Considerando le simmetrie del campo elettromagnetico, il momento angolare risultava dipendente dall’asse di simmetria rispetto al quale si eseguiva la misurazione dello spin, quindi dal sistema di osservazione. Infatti, l’analisi del campo elettromagnetico mostrava una struttura formata da due lobi simmetrici opposti: questo voleva dire che due osservatori che eseguono una identica misura di momento angolare su lati speculari della sorgente, misurano spin opposti, in quanto il momento angolare di ciascun lobo non è invariante per lo scambio delle cariche positiva e negativa del dipolo. In unità della stante di Planck, le misure dello spin per ogni osservatore erano in accordo con quanto previsto per una coppia di particelle: +1/2 (up) e -1/2 (down). Mantenendo lo stesso asse di simmetria, ma ponendoci questa volta come punto di osservazione al centro della sorgente, il calcolo del momento angolare sull’intero campo era pari alla somma delle componenti di spin dei due lobi, quindi lo spin risultante era zero indipendentemente dallo scambio della posizione delle cariche del dipolo.


Esaminammo lo spin dal punto di vista della propagazione di un’onda emessa dalla sorgente: l’asse di emissione coincide con la direzione del vettore d’onda, sempre perpendicolare all’asse di dipolo. Per eseguire la misurazione del momento angolare dell’onda questo è sicuramente l’asse naturale. Trovammo che anche in questo caso esistevano due possibili valori dovuti alla direzione di emissione, quindi di osservazione sui due lati speculari della sorgente: +1 e -1, corrispondenti alle due differenti polarizzazioni dell’onda emessa.
Tutti i risultati ottenuti erano comunque spiegabili in un unico quadro generale. Considerando che il momento angolare associato a ciascuno dei due lobi della sorgente è in realtà associato a carica e anticarica del dipolo. Nel caso di una coppia di elettroni si ha che ciascun elettrone o anti-elettrone può avere solo due stati di spin possibile: up o down, ma mai uguali valori. Combinando gli spin di ciascuna particella, si ottiene spin zero, associato alla formazione di una sorgente elettromagnetica che media l’interazione tra particella e anti-particella; dal punto di vista quantistico questo è lo spin del fotone virtuale scambiato durante l’interazione della coppia di particelle. Viceversa, nel caso di osservazione dell’onda emessa dalla sorgente, l’energia e la quantità di moto vengono trasportate sotto forma di onde con spin +1 (polarizzazione destra) o -1 (polarizzazione sinistra), che polarizzando il mezzo circostante, vuoto compreso, possono originanare sorgenti virtuali secondarie, i cosiddetti fotoni reali, che per conservazione del momento angolare mantengono i due possibili stati di spin.


L’esistenza di uno spin di origine elettromagnetica a partire dalla formazione di una sorgente dipolare, mi portò a fare alcune considerazioni sul problema della comunicazione a velocità infinita tra due particelle. Dato che è possibile la creazione di una sorgente senza che la distanza influisca in alcun modo sul valore della costante d’azione di Planck, quindi sull’energia del fotone di scambio e sullo spin, un elettrone e un positrone di una coppia continuano ad essere correlati con ogni altra particella con cui formano una sorgente, indipendentemente dalla distanza d’interazione e dalla velocità relativa. Se mediante un'interazione con un campo magnetico si genera un cambiamento dello stato di spin di una delle due particelle, anche la particella compagna subirà un cambiamento istantaneo e causale del proprio spin, come tutte le altre particelle con cui sono correlate. Diversamente, si dovrebbero produrre dei disaccoppiamenti a catena delle particelle che annullerebbero le sorgenti violando tutti i principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto. Proprio questo fenomeno potrebbe allora essere alla base della comprensione dei fenomeni connessi alla disuguaglianza di Bell.
I risultati che avevamo raggiunto sulla quantizzazione e sullo spin erano proprio quelli che ci volevano per completare il quadro teorico generale che definiva le proprietà di una coppia elettrone positrone e il loro legame con un fotone reale o virtuale che fosse. Un quadro sufficiente a dare una spiegazione fisica in termini elettromagnetici a fenomeni che fino ad allora erano spiegabili solo tramite i principi fisici fondamentali della Meccanica Quantistica, ma parlare a quel punto di collegamenti causali superluminali, come quelli evidenziati da Bell e sperimentalmente provati da A. Aspect, P. Grangier e C. Roger (vedere parte prima) era ancora troppo presto.

Accettando di scrivere un articolo per l’International Journal of Modern Physics B, ritenni che non ci potesse essere migliore platea per il lancio di quella che ormai chiamavamo comunemente “Bridge Theory”. Abbandonai momentaneamente ogni altro filone di ricerca e invece di dare spazio ai risultati cosmologici, nel giro di un anno e mezzo scrivemmo l’articolo per il lancio della Bridge Theory. Dopo alcune revisioni e molti patimenti, forse perchè non era il tema che la rivista si aspettava, l’articolo venne pubblicato nel 1999 con un mare di difficoltà. Nonostante l’invito ufficiale dello stesso editor, le resistenze concettuali opposte erano veramente tante, ma non sarebbero state le uniche.

Erano passati vent'anni esatti da quando da studente avevo avuto le prime intuizioni e ora la Bridge Theory cominciava ad essere letta e criticata, ma sulla base dei riconoscimenti ottenuti anche apprezzata; soprattutto era diventata una grande passione e il centro della mia attività di ricerca scientifica: mi trovavo ad un punto di non ritorno. (continua mercoledì prossimo)

Bibliografia
(1) Massimo Auci. and Guido Dematteis, “An Approach to Unifying Classical and Quantum Electrodynamics”. IJMP B, Vol. 13, No.2 (1999) 1525.

2 commenti

Anonimo ha detto...

Il fatto che un elettrone e un positrone di una coppia continuino ad essere correlati con ogni altra particella con cui formano una sorgente, indipendentemente dalla distanza d’interazione e dalla velocità relativa, ha qualche relazione con il cosiddetto "teletrasporto quantistico", cioe' la tecnica che permette di trasferire uno stato quantistico in un punto arbitrariamente lontano?


L'azione a distanza "istantanea" non viola il limite massimo della velocità relativistica della propagazione della luce?

Max ha detto...

Effettivamente la correlazione tra particelle "compagne di sorgente" è di fatto una forma di teletrasporto. Basti pensare ad un positrone in interazione con due elettroni. Le sorgenti sono due ed energeticamente indipendenti, ma cambiando lo spin di un elettrone si cambia automaticamente lo spin del positrone e di conseguenza quello del secondo elettrone indipendentemente dalla sua distanza dal primo. Per quanto riguarda il problema della velocità limite, c'è da dire che questo tipo d'azione non muta le energie delle sorgenti, quindi di fatto non c'è trasporto di energia. In questo caso si parlerebbe di velocità di fase e qui non ci sono limiti.