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Come ad Askatasuna scoprirono di essere diventati fascisti (o di esserlo già)

Askatasuna è il nome di un centro sociale occupato a Torino dal 1996 al 2025, nato come spazio di cultura, musica e impegno politico dell’area antagonista e autonoma. Il nome deriva dal basco e significa “libertà”. Nel corso degli anni è diventato uno dei principali poli dell’area antagonista italiana, soprattutto nelle lotte contro grandi opere e nelle mobilitazioni sociali. Un nome tra l'altro che richiama in maniera inquietante quello Euskadi ta Askatasuna (ETA): l’organizzazione armata basca responsabile di terrorismo per decenni.

Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino 

 

Askatasuna: il laboratorio della violenza che sfida la democrazia

Askatasuna non è più un centro sociale. È un simbolo di un pericolo crescente: la trasformazione di uno spazio autoproclamato “libertario” in un laboratorio di violenza, intimidazione e illiberalismo. Da Torino, arriva un monito chiaro: quando la protesta diventa organizzata per danneggiare la città, le istituzioni e la libertà di stampa, siamo di fronte a un tentativo di restaurazione di logiche autoritarie che la storia ha già condannato.

Negli ultimi mesi, Askatasuna si è resa protagonista di azioni che vanno ben oltre la dissidenza legittima: assalti a giornalisti, danneggiamenti di strutture culturali e industriali, scontri violenti con la polizia, interruzione di servizi pubblici essenziali. Un modello di comportamento che ricorda, nel metodo se non nell’ideologia, le pratiche delle organizzazioni che sostenevano regimi illiberali e totalitari.


Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino



Il catalogo della violenza

Ecco alcuni esempi concreti che mostrano come Askatasuna abbia scelto la violenza come strumento politico:

  • Assalto a La Stampa (novembre 2025): irruzione nella redazione, danneggiamento dei locali, intimidazione diretta ai giornalisti. Una sfida aperta alla libertà di informazione e al pluralismo.
  • Danneggiamenti alle Officine Grandi Riparazioni (OGR) e agli uffici di Leonardo, durante manifestazioni pro-Palestina: imbrattamenti, distruzione di arredi e attacchi alle proprietà pubbliche e private.
  • Occupazioni dei binari ferroviari di Porta Nuova e Porta Susa, con blocco dei servizi pubblici e disagi per migliaia di cittadini.
  • Scontri con le forze dell’ordine, con lanci di oggetti contundenti, bottiglie e petardi, ferimento di agenti e resistenza organizzata alle cariche.
  • Proteste successive allo sgombero: contenitori incendiati, pietre scagliate, blocchi stradali, aggressioni mirate.

Ogni episodio non è un incidente isolato, ma parte di un modello coerente: il centro sociale ha scelto la violenza come strumento di pressione politica, sostituendo il dialogo democratico con la logica della forza e dell’intimidazione.

Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino 

Un centro che sfida la democrazia

Dietro la facciata culturale e musicale, Askatasuna ha mostrato la sua vera natura: un centro illiberale che ignora i confini della legge, il rispetto del dissenso e il pluralismo dell’informazione. I comportamenti osservati negli ultimi anni rispecchiano dinamiche tipiche dei regimi totalitari: imposizione di un pensiero unico, uso della violenza per intimidire e controllo delle dinamiche sociali.

In una società democratica, la protesta deve avere confini chiari. La violenza organizzata, l’assalto a giornalisti e istituzioni, l’interruzione dei servizi pubblici, non sono forme di attivismo legittimo: sono tentativi concreti di instaurare un clima di paura, di cancellare il dissenso e di imporre una visione autoritaria sulla collettività.

Askatasuna è diventata così non un laboratorio di cultura alternativa, ma un laboratorio di devianza politica, dove le regole dello Stato di diritto sono sostituite dalle logiche della forza e della prevaricazione. La storia insegna che queste dinamiche non restano isolate: chi tollera oggi l’intimidazione di un giornale, domani rischia di tollerare il controllo violento della vita civile e della libertà di tutti.

La città di Torino e l’intera società italiana devono trarre la lezione: non si tratta più di occupazioni giovanili o di proteste alternative, ma di un centro che opera come anticamera di forme di autoritarismo e illiberalismo, mascherate da cultura e ribellione. E ignorare questo pericolo sarebbe un errore storico grave.


PER APPROFONDIRE:

DUE REGIMI DI STATI TOTALITARI: IL FASCISMO E IL COMUNISMO 


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