Come ad Askatasuna scoprirono di essere diventati fascisti (o di esserlo già)
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| Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino |
Askatasuna: il laboratorio della violenza che sfida la democrazia
Askatasuna non è più un centro sociale. È un simbolo di un pericolo crescente: la trasformazione di uno spazio autoproclamato “libertario” in un laboratorio di violenza, intimidazione e illiberalismo. Da Torino, arriva un monito chiaro: quando la protesta diventa organizzata per danneggiare la città, le istituzioni e la libertà di stampa, siamo di fronte a un tentativo di restaurazione di logiche autoritarie che la storia ha già condannato.
Negli ultimi mesi, Askatasuna si è resa protagonista di azioni che vanno ben oltre la dissidenza legittima: assalti a giornalisti, danneggiamenti di strutture culturali e industriali, scontri violenti con la polizia, interruzione di servizi pubblici essenziali. Un modello di comportamento che ricorda, nel metodo se non nell’ideologia, le pratiche delle organizzazioni che sostenevano regimi illiberali e totalitari.
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| Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino |
Il catalogo della violenza
Ecco alcuni esempi concreti che mostrano come Askatasuna abbia scelto la violenza come strumento politico:
- Assalto a La Stampa (novembre 2025): irruzione nella redazione, danneggiamento dei locali, intimidazione diretta ai giornalisti. Una sfida aperta alla libertà di informazione e al pluralismo.
- Danneggiamenti alle Officine Grandi Riparazioni (OGR) e agli uffici di Leonardo, durante manifestazioni pro-Palestina: imbrattamenti, distruzione di arredi e attacchi alle proprietà pubbliche e private.
- Occupazioni dei binari ferroviari di Porta Nuova e Porta Susa, con blocco dei servizi pubblici e disagi per migliaia di cittadini.
- Scontri con le forze dell’ordine, con lanci di oggetti contundenti, bottiglie e petardi, ferimento di agenti e resistenza organizzata alle cariche.
- Proteste successive allo sgombero: contenitori incendiati, pietre scagliate, blocchi stradali, aggressioni mirate.
Ogni episodio non è un incidente isolato, ma parte di un modello coerente: il centro sociale ha scelto la violenza come strumento di pressione politica, sostituendo il dialogo democratico con la logica della forza e dell’intimidazione.
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| Le violenze degli occupanti del Centro abusivo Askatasuna del 20 dicembre 2025 a Torino |
Un centro che sfida la democrazia
Dietro la facciata culturale e musicale, Askatasuna ha mostrato la sua vera natura: un centro illiberale che ignora i confini della legge, il rispetto del dissenso e il pluralismo dell’informazione. I comportamenti osservati negli ultimi anni rispecchiano dinamiche tipiche dei regimi totalitari: imposizione di un pensiero unico, uso della violenza per intimidire e controllo delle dinamiche sociali.
In una società democratica, la protesta deve avere confini chiari. La violenza organizzata, l’assalto a giornalisti e istituzioni, l’interruzione dei servizi pubblici, non sono forme di attivismo legittimo: sono tentativi concreti di instaurare un clima di paura, di cancellare il dissenso e di imporre una visione autoritaria sulla collettività.
Askatasuna è diventata così non un laboratorio di cultura alternativa, ma un laboratorio di devianza politica, dove le regole dello Stato di diritto sono sostituite dalle logiche della forza e della prevaricazione. La storia insegna che queste dinamiche non restano isolate: chi tollera oggi l’intimidazione di un giornale, domani rischia di tollerare il controllo violento della vita civile e della libertà di tutti.
La città di Torino e l’intera società italiana devono trarre la lezione: non si tratta più di occupazioni giovanili o di proteste alternative, ma di un centro che opera come anticamera di forme di autoritarismo e illiberalismo, mascherate da cultura e ribellione. E ignorare questo pericolo sarebbe un errore storico grave.
PER APPROFONDIRE:
DUE REGIMI DI STATI TOTALITARI: IL FASCISMO E IL COMUNISMO



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