Dall’ignoranza all’inutilità: cronaca ironica dell’era digitale
Vi ricordate quando si pensava che la mancanza d’accesso all’informazione fosse la causa principale dell’ignoranza collettiva? Quando ancora si sperava che internet sarebbe stato la chiave per elevare il livello culturale globale, per democratizzare il sapere e per emancipare le menti? Ecco… non era quello.
Internet è arrivato. Le informazioni sono accessibili come non mai. Con un tocco sullo schermo possiamo consultare enciclopedie, corsi universitari gratuiti, articoli scientifici e reportage d’inchiesta. Ma cosa scegliamo di fare con questo potere straordinario? Scopriamo che tipo di verdura siamo.
Dall'informazione alla disinformazione
Non solo abbiamo fallito nel diventare una società più istruita: siamo diventati una società più confusa. Le bufale si diffondono più in fretta dei dati veri, i complottismi attirano più click dei contenuti verificati, e le opinioni personali hanno spesso più visibilità delle competenze. Il sapere è diventato un’opzione, mentre il sentire è diventato la regola.
La verità oggi non è ciò che è dimostrabile, ma ciò che “mi risuona”. In un’epoca dove puoi trovare una fonte per ogni teoria, perfino la più strampalata, l’ignoranza non dipende più dalla mancanza di accesso, ma dalla mancanza di volontà critica. Sappiamo dove cercare, ma scegliamo di non farlo. Oppure, peggio, scegliamo di cercare solo ciò che conferma le nostre idee preesistenti.
L’illusione della partecipazione
Internet ci ha convinti che partecipare significhi commentare, condividere o mettere un like. Ma il vero coinvolgimento è ben altro: è approfondire, confrontarsi, mettere in discussione le proprie certezze. Tuttavia, tra una “challenge” su TikTok e un test per sapere quale personaggio di una serie tv siamo, lo spazio per la riflessione è ridotto a pochi istanti, se non a zero.
Il secondo meme lo esemplifica perfettamente: in un mondo in cui i nostri amici parlano con entusiasmo dei loro progetti, noi possiamo sentirci inadeguati perché abbiamo appena finito un quiz inutile. È l’ironia amara di un presente in cui siamo sommersi di stimoli ma affamati di significato.
Il sapere ha perso il suo fascino?
C'è anche una dimensione emotiva: sapere è fatica. Richiede tempo, attenzione, e spesso scomoda le nostre convinzioni. Invece, il contenuto “divertente”, “virale” o “leggero” ci offre gratificazione immediata. Ed è così che l'informazione cede il passo all'intrattenimento continuo.
Eppure non è solo una colpa individuale: il sistema è stato costruito per catturare la nostra attenzione, non per nutrire il nostro spirito critico. Ogni notifica è progettata per distrarci, ogni piattaforma per tenerci dentro il più a lungo possibile, anche a costo di proporci sciocchezze.
Un'autoironia salvifica
C'è però una via d’uscita: l’autoironia. Riconoscere i paradossi, ridere di noi stessi, accettare i limiti dell’era digitale è il primo passo per riprendere in mano le redini del nostro pensiero. Non c’è nulla di male nel fare un quiz inutile ogni tanto – anzi, può anche farci sorridere. L’importante è non confondere quel momento di leggerezza con la sostanza del nostro essere.
La consapevolezza può nascere anche da un meme, se lo leggiamo con attenzione. Queste due immagini parlano più di mille editoriali: ci mostrano un’umanità che aveva un sogno – quello dell’informazione per tutti – e che oggi si trova a gestire una realtà più complessa, fatta di overload cognitivo, superficialità diffusa e bisogno disperato di autenticità.
Conclusione: un click alla volta
La rivoluzione digitale non è finita. Ogni giorno possiamo scegliere come usare internet: per nutrire la mente o per anestetizzarla. Non è mai troppo tardi per tornare a chiederci: “Che cosa voglio davvero sapere?” e “Perché lo voglio sapere?”.

Post a Comment