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Da "Scienzah" a "siero" le parole inventate (e abusate) dai complottisti

 


Negli ultimi anni, il panorama della comunicazione online si è popolato di un lessico curioso e in continua evoluzione, creato e utilizzato da coloro che sostengono teorie complottiste. Parole come "scienzah" e "siero" sono diventate emblemi di un linguaggio che mescola sarcasmo, disinformazione e una sorta di identità collettiva. Questo fenomeno merita un'analisi approfondita non solo per capire il suo impatto sulla società, ma anche per comprendere i meccanismi attraverso cui si diffonde.

Origine e diffusione del linguaggio complottista

Le teorie del complotto, spesso radicate in sfiducia verso istituzioni, governi o il mondo accademico, hanno trovato un terreno fertile nell'era digitale. I social media, in particolare, hanno permesso la rapida diffusione di idee e termini nati in comunità ristrette ma capaci di espandersi globalmente. Il termine "scienzah", ad esempio, viene utilizzato in modo sarcastico per ridicolizzare il consenso scientifico o per insinuare che la scienza sia corrotta e manipolata. La lettera "h" aggiunta alla fine non ha alcun significato grammaticale, ma serve a conferire un tono sprezzante e a sottolineare una presunta superiorità di chi rifiuta le verità scientifiche.

Allo stesso modo, il termine "siero" è diventato un sinonimo dispregiativo per indicare i vaccini, in particolare quelli contro il COVID-19. Utilizzando questa parola, i complottisti intendono ridurre il vaccino a una sostanza misteriosa e pericolosa, alimentando paure irrazionali. L'uso di termini ambigui o volutamente imprecisi è una strategia per creare diffidenza e confusione.

Perché dire "siero" dimostra solo la propria ignoranza?

In scienza, il termine siero si riferisce a quella parte del sangue che rimane dopo la rimozione delle cellule del sangue e del fibrinogeno (la proteina che favorisce la coagulazione del sangue). Il siero contiene acqua, sali, proteine (inclusi anticorpi), ormoni ed è spesso utilizzato per la diagnosi e la ricerca, in particolare per il test di anticorpi o per trattamenti terapeutici, come la somministrazione di siero antiveneno.

Il vaccino, invece, è una preparazione biologica che stimola il sistema immunitario di una persona a produrre una risposta immunitaria specifica, solitamente sotto forma di anticorpi, contro un agente patogeno (come virus o batteri) senza causare la malattia. I vaccini contengono solitamente piccole quantità di un agente patogeno inattivato o attenuato, o frammenti del patogeno, come proteine, che stimolano la risposta immunitaria.

Differenze principali:

  1. Scopo: Il siero è utilizzato principalmente per trattamenti immediati, ad esempio per il trattamento di avvelenamenti o infezioni, mentre il vaccino ha lo scopo di prevenire le malattie stimolando il sistema immunitario a rispondere a un patogeno.

  2. Composizione: Il siero contiene anticorpi già formati, mentre il vaccino contiene frammenti di patogeni o patogeni attenuati per indurre la produzione di anticorpi da parte del corpo.

  3. Utilizzo: Il siero è spesso somministrato in caso di esposizione acuta a una malattia, mentre il vaccino viene somministrato prima che si verifichi l'infezione per prevenire la malattia.


Il potere delle parole inventate

Le parole create o reinterpretate dai complottisti hanno un potere comunicativo significativo. Esse funzionano come strumenti di aggregazione, permettendo agli adepti di riconoscersi e sentirsi parte di un gruppo. Termini come "plandemia" (o "plandemic" invece di pandemia) suggeriscono che l'epidemia sia stata pianificata deliberatamente, mentre "pecore" è usato per denigrare chi segue le raccomandazioni scientifiche e governative.

Queste parole, pur essendo spesso ridicole o prive di senso, riescono a rafforzare un senso di appartenenza. Chi le utilizza non solo esprime la propria posizione, ma si identifica con un sistema di credenze che si oppone alla "narrativa ufficiale". In questo modo, il linguaggio diventa un'arma culturale per combattere quella che viene percepita come un’imposizione dall’alto.

L'effetto sull'informazione pubblica

L’uso di questi termini non è privo di conseguenze. Quando parole come "scienzah" o "siero" entrano nel discorso pubblico, finiscono per banalizzare questioni serie e complesse. Questo linguaggio non solo mina la fiducia nella scienza e nelle istituzioni, ma crea una realtà parallela in cui fatti e opinioni si mescolano indistintamente.

Ad esempio, durante la pandemia, la diffusione del termine "plandemia" ha alimentato l’idea che il virus fosse una creazione artificiale utilizzata per controllare le masse. Questa narrativa ha contribuito a una polarizzazione crescente e ha ostacolato gli sforzi per contenere la diffusione del COVID-19.

Le radici psicologiche del linguaggio complottista

L’attrazione verso il linguaggio complottista può essere spiegata anche attraverso la psicologia. Le persone che si sentono impotenti di fronte a eventi globali complessi trovano conforto in spiegazioni che sembrano dare senso al caos. Inventare o utilizzare termini nuovi diventa un modo per esercitare controllo sulla realtà e per sfidare un sistema percepito come oppressivo.

Inoltre, il linguaggio complottista è spesso accompagnato da un senso di superiorità intellettuale. Chi lo usa si sente parte di unélite capace di vedere "oltre le apparenze", mentre gli altri sono relegati al ruolo di ignari o complici.

La responsabilità dei media e delle piattaforme digitali

Le piattaforme digitali giocano un ruolo cruciale nella diffusione di questo linguaggio. Algoritmi progettati per massimizzare l’engagement tendono a privilegiare contenuti polarizzanti e controversi, amplificando così il fenomeno. Anche i media tradizionali, nel tentativo di riportare queste tendenze, rischiano di legittimare termini e idee complottiste, offrendo loro una visibilità immeritata.

Una maggiore consapevolezza è necessaria da parte di chi gestisce queste piattaforme, ma anche degli utenti stessi. Promuovere l’alfabetizzazione digitale e il pensiero critico è essenziale per contrastare l’influenza di un linguaggio che, se lasciato incontrollato, può avere conseguenze dannose per la società.

Il lessico complottista rappresenta molto più di un semplice fenomeno linguistico: è il riflesso di una società frammentata e polarizzata. Parole come "scienzah", "siero" e "plandemia" rivelano una sfiducia profonda nelle istituzioni e un bisogno di appartenenza a comunità alternative.

Comprendere e analizzare questi termini è un passo fondamentale per contrastare la disinformazione. La soluzione non risiede nella censura, ma nella promozione di un dialogo aperto e informato, capace di smontare le teorie complottiste senza sottovalutare le preoccupazioni genuine da cui spesso traggono origine. Solo attraverso un impegno collettivo sarà possibile arginare l’impatto di un linguaggio che, altrimenti, rischia di diventare sempre più pervasivo.


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