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I VIAGGI DELL'HOMO SAPIENS IN MOSTRA A MILANO: PER CAPIRE LE NOSTRE ORIGINI E RICOSTRUIRE LA NOSTRA STORIA

È il 27 dicembre e a Milano sembra primavera. E al Mudec siamo in viaggio da 2 milioni di anni. Sì, sto parlando proprio di voi che leggete e che siete interessati alle vostre origini. La mostra "Homo sapiens" è il posto giusto per capire. L'avventura dei nostri antenati è cominciata - presumibilmente - 7 milioni di anni fa, ma è solo da 2 milioni di anni che abbiamo abbandonato l'Africa, non a caso ribattezzata "La culla dell'umanità".

In che modo siamo riusciti a globalizzare il mondo? Come mai abbiamo convissuto con  altre specie ma poi siamo rimasti soli?

La nostra antenata più famosa è certamente Lucy, ovvero Australopithecus afarensis che visse in Etiopia 3,2 milioni di anni fa. In un certo senso potrebbe essere la nonna più conosciuta e - come le nonne d'altri tempi - vi attende in posizione eretta all'ingresso della mostra. E, come tutte le nonne, è piccola, supera di poco l'altezza di mio figlio, che ha 8 anni. Io mi soffermo su Lucy, mentre mio figlio è già più avanti, alla ricerca delle scoperte più recenti.
Lucy

Gli ho detto infatti che - alla fine degli anni '90 - la paleoantropologia era piuttosto stabile: si erano trovati pochi fossili, erano state elaborate semplici teorie sui nostri antenati e sembrava che più nulla dovesse cambiare. E invece la scienza procede proprio in questo modo, falsificando - con nuove prove - ipotesi precedenti, che cadono come le foglie in autunno. E così è cambiato tutto: pensavamo che il nostro antenato più antico avesse 4,4 milioni di anni, e invece ne ha circa 7; credevamo che ogni specie si fosse evoluta in quella successiva, lasciando a quest'ultima il pianeta a completa disposizione, e invece abbiamo scoperto che - in certi periodi - almeno tre specie diverse hanno convissuto e il nostro albero genealogico è molto più complesso e ramificato di quanto si pensasse. Ma è proprio questo il bello della scienza.

Affianco a Lucy si osserva il calco di una passeggiata fossile e subito il pensiero corre all'ultima scoperta, secondo la quale alcune impronte di australopiteci ritrovate a Laetoli, in Tanzania, rilevano una nuova possibile organizzazione sociale dei nostri antenati, che forse erano più simili ai gorilla di quanto in precedenza pensassimo.

Il bambino di Taung
Proseguendo nel percorso della mostra, veniamo messi di fronte ad un altro luogo comune non sempre vero, cioè il fatto che sia sempre il cervello ad avere il peso maggiore. In realtà, talvolta servono più buoni piedi che un  grande cervello. E' il caso di "Ardi" (Ardipithecus ramidus), che - 4,4 milioni di anni fa - se ne andava in giro camminando sui rami e aveva mani e piedi giganteschi (se confrontati con i nostri). Ed è anche il caso di Sediba (Australopithecus sediba), trovato dal paleoantropologo Lee Berger nella grotta di Malapa (Sudafrica), quella grotta che in realtà - poco meno di 2 milioni di anni fa - era un buco di 40 metri di profondità. Ed è così che morirono quei Sediba.

Lee Berger è anche il coordinatore del gruppo che ha scoperto Homo naledi in una grotta sotterranea, chiamata Rising Star, poco lontana da Johannesburg in Sudafrica. E questa è una di quelle scoperte recenti (2013-2016), che potrebbe cambiare radicalmente la paleoantropologia, proprio perché gli scheletri ritrovati hanno un'inusuale combinazione di caratteri antichi e moderni.

Ci fa poi riflettere molto il bambino di Taung che - all'età di 3 anni - fu ucciso da un'aquila. Stiamo parlando di 2,5 milioni di anni fa, ma ciò non deve farci dimenticare che siamo prede, prima che predatori. E, nonostante questo, siamo riusciti a colonizzare praticamente tutto il mondo. Si ritiene che - presumibilmente - il primo a spostarsi in piccoli gruppi sia stato Homo ergaster, caratterizzato da gambe lunghe, buoni piedi e - inevitabilmente - una buona resistenza. Ne aveva bisogno per rincorrere le prede. E utilizzò le sue buone gambe per diventare protagonista della prima diaspora fuori dall'Africa, spingendosi fino in Cina. E questa fu solo la "prima irradiazione" (così viene definita all'interno della mostra).
Homo neanderthalensis

Infatti, grazie a strumenti di pietra più sofisticati, in quanto lavorati su entrambe le facce e con la dotazione di un cervello da 1200 cc, fu Homo heidelbergensis il protagonista della seconda irradiazione. Anch'egli, fra 780000 e 135000 anni fa riuscì a spostarsi dall'Africa in Europa e poi fino in Cina.

Ho già scritto molto, eppure è solo un antipasto di ciò che scoprirete visitando la mostra "Homo sapiens". Sono tanti i capitoli ancora aperti della nostra storia e tante le sorprese sui nostri antenati e sul nostro passato. Ad esempio, i sapiens e i neanderthal come hanno fatto a convivere? Perché i sapiens sono rimasti soli? Eppure Homo neanderthalensis aveva una capacità cranica probabilmente maggiore rispetto alla nostra ed era tutt'altro che uno stupido cavernicolo, come viene dipinto da alcuni. Seppelliva i propri morti e forse aveva sviluppato una qualche forma di rito religioso. E ha avuto tempo di evolversi 100000 anni prima di Homo Sapiens....

Homo floresiensis con un topo gigante
sulle spalle
Voglio terminare con quella che può rappresentare una vera sorpresa evolutiva. Fino a poco tempo fa si riteneva che da 30000 anni fa fino ad oggi, in giro per il pianeta ci fossero solo banchi di sapiens. Poi si è scoperto Homo floresiensis, in vita circa 17000 anni fa sull'isola di Flores (Indonesia). Ebbene, era straordinariamente piccolo e mangiava.... topi giganti! Si nutriva infatti di grandi roditori e piccoli elefanti. D'altronde, come scrive Telmo Pievani, "è un topo gigante, buonissimo alla griglia, ma è ottimo anche bollito con contorno di verdure". E pensare che oggi molti europei continuano a non voler mangiare gli insetti, mentre 2 miliardi di persone lo fanno quotidianamente. E molti dei nostri antenati mangiavano insetti.....



Mostra "Homo sapiens - Le nuove storie dell'evoluzione umana"

Dal 30/9/2016 al 26/2/2017
Presso il Museo delle Culture in Via Tortona 56 a Milano


APPROFONDIMENTI

  • "Misterioso e umano" di Kate Wong su "Le Scienze" n. 573 di maggio 2016
  • "La più invadente di tutte le specie" di Curtis W. Marean su "Le Scienze" n. 566 di ottobre 2015
  • "La nostra storia" - numero speciale di "Le Scienze" n. 555 di novembre 2014
  • "Geni umani per ambienti estremi" di M. Fumagalli e L. Pagani su "Le Scienze" n. 576 di agosto 2016



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