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AGROALIMENTARE: PRIMATO TUTTO ITALIANO. FINO A QUANDO?

In materia di prodotti agroalimentari e vini di qualità certificata, l’Italia è prima in Europa.  Cresce anche il biologico. Quanto ancora le multinazionali ce lo lasceranno fare? 

La qualità dell'agroalimentare in Italia - Shutterstock


Abbiamo intervistato Anna Russo, Dottore di Ricerca in Chimica, che si occupa di studi sulla qualità, tracciabilità, sicurezza, sostenibilità ambientale ed etichettatura della filiera agroalimentare italiana.

È VERO CHE L'ITALIA È UNO DEI PAESI IN CUI LA TUTELA PER L'AGROALIMENTARE E TRA LE PIÙ ELEVATE IN EUROPA? 

Una reputazione di alta qualità è sempre più necessaria per sostenere la competitività e la redditività dell'agricoltura europea e, in particolare, di quella italiana che non potendo contare su grandi economie di scala, ha sempre puntato sull'eccellenza delle proprie produzioni.

L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea. 
Un'ulteriore dimostrazione della grande qualità delle nostre produzioni, ma soprattutto del forte legame che lega le eccellenze agroalimentari italiane al proprio territorio di origine. Il sistema delle Indicazioni Geografiche dell'Ue, infatti, favorisce il sistema produttivo e l'economia del territorio; tutela l'ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità; sostiene la coesione sociale dell'intera comunità.


Allo stesso tempo, grazie alla certificazione comunitaria si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto ad altri prodotti. 264 prodotti DOP, IGP, STG, 523 vini DOCG, DOC, IGT.

Quindi, quando procediamo con i nostri acquisti poniamo molta attenzione ai loghi presenti in etichetta a garanzia della qualità del prodotto.




C'È PERÒ UN RISCHIO PER L'ITALIA. QUALE? 

Un primato tutto italiano, dunque, quello della produzione di alimenti altamente controllati lungo tutta la filiera produttiva, frutto di una produzione che vuole ancora distinguersi per la sua artigianalità e genuinità. Ma fino a quando le multinazionali ce lo lascieranno fare? 


Allevamento intensivo - Shutterstock  

Da un anno Europa e Stati Uniti stanno negoziando il Ttip, un accordo commerciale che creerà la più grande area di libero scambio del mondo, con il rischio però di stravolgere le regole sui controlli e sulla sicurezza alimentare. Insieme alle barriere tariffarie salteranno anche alcune barriere non tariffarie. 
Vale a dire regole, controlli e standard minimi richiesti per la circolazione della merce, norme sulle sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di Internet e la privacy dei consumatori, l’energia, i brevetti e copyright e gli albi professionali. Meno regole potrebbe significare ripercussioni enormi, innanzitutto sul settore agro alimentare che in questa trattativa gli Usa considerano strategico, dal momento che le loro produzioni alimentari sono molto piu’ industrializzate e regolate da norme meno restrittive ed esigenti delle nostre. 

Tutti i negoziatori europei al momento lo negano, ma per molti il rischio è che il Ttip possa spalancare le porte a carni trattate con ormoni e antibiotici, latte arricchito e produzioni con organismi geneticamente modificati. E a vigilare sulla corretta applicazione del Trattato ci sarebbe un tribunale internazionale privato le cui decisioni saranno superiori alle sentenze dei tribunali e alle leggi dei parlamenti nazionali.

Vista la segretezza dei negoziati il dubbio è più che legittimo: il Ttip sarà una grande opportunità o un pericolo per le piccole imprese e i consumatori italiani?


COME POTRÀ DIFENDERSI IL CONSUMATORE?

Lo scorso luglio, la coalizione Stop TTIP ha chiesto la registrazione di una iniziativa dei cittadini europei per chiedere alla Commissione di bloccare i negoziati sul TTIP. È uno strumento a disposizione dei cittadini per presentare delle richieste alla Commissione europea. Se un milione di cittadini europei aderisce, la Commissione è obbligata a rivedere la politica messa in questione dall’iniziativa e a tenere un’udienza al Parlamento europeo.

A inizio settembre tuttavia la Commissione ha rifiutato di registrare l’iniziativa, avvalendosi di due motivazioni: il mandato di negoziazione sul TTIP non è un atto legale, ma un atto interno tra istituzioni europee che, pertanto, non può essere messo in discussione da un’iniziativa dei cittadini europei.
Questa motivazione però non regge dal punto di vista legale: il mandato di negoziazione della Commissione è una decisione formale, equivale quindi ad un atto legale. In secondo luogo la Commissione ha dichiarato di non poter proporre di ratificare in modo negativo un trattato. In altre parole, i cittadini possono solo dare il benvenuto ai negoziati internazionali di cui si occupa la Commissione e non hanno alcuna voce in capitolo.

La coalizione Stop TTIP ha deciso di procedere con una versione autonoma dell’iniziativa dei cittadini europei e ha fatto causa alla Commissione rivolgendosi alla Corte di Giustizia europea.
In soli due mesi sono state raccolte più di un milione di adesioni. 
Ma servono altre firme per raggiungere il numero minimo di firmatari per Stato membro necessario a render valida l’iniziativa dei cittadini europei. In Italia hanno firmato quasi 6.000 persone e mancano ancora più di 48.000 firme per arrivare al numero minimo di 54.750. Firma qui (https://stop-ttip.org/firma)

La raccolta firme quindi prosegue e sarà accompagnata da diverse azioni.




PER APPROFONDIRE

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