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UNA TESTA TRA LE STELLE: FRANCO PACINI HA LASCIATO PER SEMPRE IL SUO STUDIO DI ARCETRI

a cura di Elisabetta Durante, DISTI 


Sono andata a trovarlo l´ultima volta poco più di un anno fa e non ho pensato, non ho voluto pensare, che potesse essere l´ultima volta. Poi ci siamo sentiti ancora per telefono, però non era lo stesso. Ascoltare le cose grandi che venivano fuori dalla sua grande testa, sempre persa tra le stelle, era un privilegio: ma osservare la felicità dei suoi occhi perennemente innamorati del mondo era tutt´altro. Mi sorprendeva il fatto che il Parkinson, che da qualche tempo aveva aggredito la sua figura imponente, resa ancor più imponente dalla grandezza della sua scienza (spero non suoni retorico), non riuscisse a spegnere la profondità del suo sguardo. Uno sguardo profondo come il suo Universo.


Ci ha lasciato appena ieri mattina, e la notizia ha subito fatto il giro del mondo. Tutti hanno detto e scritto che era il padre delle Pulsar. Delle Pulsar e di molto altro: per esempio, della meravigliosa, potentissima ottica del Large Binocular Telescope di cui con orgoglio ed emozione mi ha mostrato le primissime immagini, tirandole dal disordinatissimo cassettto della scrivania che prendeva quasi tutto lo spazio del suo studio in cima all'Osservatorio di Arcetri. Da qui, di giorno, poteva guardare il più bel panorama di Firenze: nulla, però, a confronto di quel che osservava di notte, puntando occhi e strumenti verso l'alto. L'ho intervistato non so quante volte e sempre mi ha impressionato la sua lucida, grandiosa visione dell'Universo e la rara capacità di leggere insieme e mettere in ordine le nuove acquisizioni della scienza. Le sue risposte, le sue spiegazioni erano semplici, limpide, chiare, come possono essere solo quelle di un grande Uomo di Scienza.

 Ma mi colpivano anche la sua generosità e la sua incrollabile fiducia: doti che facevano di lui non solo l´Astronomo di razza che sappiamo, ma anche un vero Maestro. Ai giovani e ai giovanissimi ha dedicato tempo, energie, felicità. Si divertiva immensamente con le orde di studenti che, invadendo Arcetri, lo riempivano di soddisfazione: a questi bambini e ragazzi, nativi digitali, spiegava che la natura vera è molto più bella e interessante di quella colorata e artefatta  del pc... Diceva: "Ragazzi, non fermatevi allo schermo. Smontate quella scatola e cercate di scoprire cosa c´è dentro e cosa c´è dietro. Quanta ricerca, quanto lavoro, quanto entusiasmo".

Non era il suo intento, ma parlava di se stesso.

Qui [PDF] una mia intervista pubblicata da Il Sole 24 Ore. Sono passati quasi dieci anni, ma Pacini diceva già allora tutto quel che conta.

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