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MARTIN REES E IL FUTURO DELLA COSMOLOGIA

Il mese scorso, nel numero 142 di Coelum è stata pubblicata un'intervista a 12 cosmologi ed astrofisici italiani tra i quali l'amico Attilio Ferrari, presidente del CIFS (Consorzio Interuniversitario della Fisica Spaziale) e chi vi scrive. L'oggetto dell'intervista era una scommessa che Martin Rees nel suo libro “Our Cosmic Habitat”, pubblicato nel 2001, lanciò ai propri lettori sui risultati che l’astronomia avrebbe raggiunto entro l’anno 2010.

Oggetto della scommessa sono le previsioni sui metodi e sulle innovazioni che si sarebbero avute nell'indagine astronomica e cosmologica da li a 10 anni.
Dato che il 2010 sta volgendo al termine aveva senso verificare se Martin Ress ha o no vinto virtualmente la scommessa. A questo proposito è nata l'idea dell'intervista.




La “scommessa” di Martin Rees
Sarei pronto a scommettere, per una posta ragionevole, che entro il 2010 sapremo esattamente qual è la componente dominante della materia oscura, il valore di omega e le proprietà dell’oscura energia del vuoto. Se scopriremo tutto questo, sarà un trionfo per la cosmologia: avremo preso le misure del nostro universo, proprio come, non molti secoli fa, abbiamo imparato che forma hanno e quanto sono grandi il Sole e la Terra. E conosceremo, a parte alcune riserve di cui parlerò nel prossimo capitolo,anche il futuro a lungo termine del cosmo.

Dopo il 2010 le sfide da affrontare saranno di due tipi molto diversi. La cosmologia infatti ha due facce: è una scienza fondamentale, ma anche la più grande delle scienze ambientali. Il teorico canadese Werner Israel ha paragonato questa dicotomia alla contrapposizione fra gli scacchi e la lotta libera nel fango; e forse la comunità dei cosmologi è proprio una tale mescolanza male assortita di finezza estrema ed estrema brutalità (solo di stile intellettuale, ovviamente).

Di qui a una decina d’anni, per il gaudio di quelli di noi che trovano più divertente rivoltarsi nel fango, saranno disponibili osservazioni sempre più dettagliate fornite sia da telescopi a terra sia da satelliti; mentre massicce simulazioni al calcolatore ci daranno un’idea più chiara del modo in cui si formano galassie, stelle e pianeti.

Il flusso dei dati sarà tale che l’intero processo di analisi e scoperta sarà automatizzato. Gli astronomi si concentreranno sulla statistica di popolazioni di pianeti, stelle e galassie, selezionando i casi più significativi di ciascun fenomeno: ad esempio i pianeti più simili alla Terra, o oggetti patologici che potrebbero contenere indizi interessanti sulla fisica estrema. Progressi spettacolari nella tecnologia dei calcolatori renderanno possibili esperimenti di realtà virtuale sulle collisioni stellari, sui buchi neri e su altri fenomeni. Gli astronomi faranno parte di una comunità più vasta e meno concentrata di oggi; la tecnologia permetterà un accesso più democratico a dati che un tempo erano riservati solo a una ristretta élite (o comunque a una minoranza privilegiata). Mappe dettagliate del cielo saranno a disposizione di chiunque sia in grado di accedervi o di scaricarle tramite Internet sul proprio calcolatore. Vi saranno osservatori virtuali, e in ogni parte del mondo gli appassionati potranno partecipare all’esplorazione del nostro ambiente cosmico, verificare le loro personali ipotesi, cercare strutture mai viste e scoprire oggetti insoliti. A tavolino lavorerà non solo, ovviamente, il ristretto gruppo dei teorici, ma anche la nuova, sterminata categoria degli osservatori da tavolino.

Io credo tuttavia che i « giocatori di scacchi» saranno ancora alla ricerca di una spiegazione profonda dell’inizio. La ricerca di teorie unitarie dell’universo e del microcosmo non si sarà esaurita (anche se forse renderà esausti coloro che l’hanno intrapresa).

Come la penso io?

Lord Martin Rees, professore di Cosmologia e Astrofisica all'Università di Cambridge non è certo nuovo alle esternazioni ad effetto. Solitamente per riuscire a mescolare scienza, filosofia e fantasia senza essere presi per matti o visionari occorre avere una certa dose di abilità e Martin Ress non ha certo fama né di matto né di visionario. La passione e l'entusiasmo impiegati nella divulgazione dei grandi misteri dell'universo, coniugati al rigore, alla lungimiranza e al coraggio delle idee, hanno al di là delle personali convinzioni o delle specifiche tematiche trattate, sempre trasmesso fiducia nella scienza e sicurezza nelle proprie convinzioni. Forse solo fortuna? Forse in parte ma non solo, tant'è che nonostante la moltitudine di affermazioni sensazionali fatte in questi anni, Martin Rees continua ad essere sempre molto apprezzato sia dal mondo accademico della cosmologia più conservatrice, sia da coloro che hanno una visione più aperta e speculativa del nostro universo.

Comunque come dar torto al suo ma anche al nostro entusiasmo, quando negli anni novanta dopo i successi di COBE, reduci da faticose osservazioni fotografiche riprese da telescopi terrestri e da rudimentali elaborazioni digitali, ci trovammo per la prima volta davanti alle prime immagini di spettacolari e remoti angoli di universo riprese dallo Hubble Space Telescope (HST). Martin Rees, da profondo conoscitore dei metodi di indagine cosmologica e astronomica qual è ha saputo vedere oltre, riuscendo a dare al metodo di indagine satellitare la giusta potenzialità. Lanciare una scommessa? Tutto nello stile di Martin, una sfida con sé stesso ma soprattutto un pungolo per la ricerca cosmologica, nulla di particolare per chi come lui ha profonda fiducia nella scienza ma soprattutto nell'uomo.

Scommessa vinta? Forse no ma se consideriamo che l'HST ha in questi ultimi dieci anni contribuito a svelare molti misteri e mai prima d'ora la potenza degli strumenti di indagine teorica, ottica e satellitare di cui disponiamo ci ha fatto sperare in una rapida soluzione della restante parte, che ad oggi sono stati elaborati modelli e sviluppate tecniche di simulazione al computer in grado di verificare i meccanismi di formazione ed evoluzione delle galassie, che sono stati scoperti e studiati centinaia di sistemi planetari extrasolari, che è stata evidenziata la presenza di materia oscura anche se non se ne conosce ancora la natura, anche se a rigore la scommessa non è stata completamente vinta molto poco ci manca. Infatti le osservazioni effettuate dal duemila ad oggi sull'anisotropia del fondo cosmico a microonde, prima dal satellite WMAP, poi dal pallone stratosferico BOOMERANG, potranno entro quest'anno o poco oltre essere confermate o smentite dai risultati della sonda Planck al suo primo anno di osservazione. Se confermate, il rapporto omega = 1 individuerà per il nostro universo un modello euclideo con curvatura nulla, originato da una inflazione avvenuta nelle fasi primordiali successive al Big Bang, se smentite tutto verrà nuovamente rimesso in discussione e nulla forse per un po' si potrà più dire.

Quindi se ad oggi il 2010 non è ancora stato un annus mirabilis per la soluzione dei misteri dell'universo, grazie ai prossimi risultati della sonda Planck e del Large Hadron Collider, potrebbe ancora diventarlo e Martin Rees vincere a pieno titolo la sua scommessa. Comunque manca veramente poco affinché il 2010 o i prossimi anni a venire diventino una frontiera nella storia della cosmologia, anche se sono convinto che alla conoscenza ci si possa accostare solo asintoticamente.

Per come la pensano gli altri colleghi rimanderei alla lettura dell'articolo su Coelum, ma complessivamente volendo fare un bilancio tra i pro e i contro, direi che Martin Rees può considerarsi soddisfatto, scommessa vinta: salvo poche previsioni non ancora pienamente centrate, complessivamente la sua è stata una buona profezia.

Io non amo le categorizzazioni, ma se proprio mi volessi per forza identificare in una delle due categorie citate da Rees, mi troverei sicuramente più a mio agio tra i giocatori di scacchi, per quanto qualche rotolatina nel fango di tanto in tanto non la disdegno. Teniamo però presente una cosa, come ho già detto, siamo vicini ad una svolta epocale nella conoscenza delle origini e della struttura dell'universo e per come la vedo io, origine ed evoluzione sono cosi saldamente intrecciate da non poter più riuscire a distinguere chi è lo scacchista e chi il lottatore.


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