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39.512 RICERCATORI E PROFESSORI

I ricercatori e professori di prima e seconda fascia che insegnano materie scientifiche nelle università italiane sono 39.512. Il 16,8 per cento di questi, cioè 6.640 docenti, non hanno pubblicato nessun articolo scientifico nelle riviste censite dal Web of Science dell'Institute of scientific information (ISI) nel quinquennio 2004-2008. Altri 3.070 docenti hanno pubblicato articoli, ma non sono mai stati citati da altri studiosi.

Insomma, quasi un quarto di questi professori non ha avuto nessun impatto sul progresso scientifico. L'attività di ricerca è un privilegio di pochi: il 23 per cento dei docenti ha realizzato il 77 per cento degli avanzamenti scientifici, misurati in termini di citazioni.

In Italia non ha molto senso parlare di università migliori di altre. Ci sono scienziati o gruppi di ricerca migliori di altri, indipendentemente dagli atenei di appartenenza. Distribuiti a macchia di leopardo, nessuno di questi centri raggiunge quella massa di eccellenza critica necessaria per competere a livello internazionale.

Gli studenti italiani più capaci si distribuiscono in modo piuttosto uniforme tra gli atenei e ricevono una formazione che riflette la dispersione di qualità dei loro docenti.

Questa realtà richiede una politica che favorisca più efficienza produttiva nel sistema di ricerca pubblico. Basterebbe finanziare le università dando più peso all'attività di ricerca, con graduatorie inizialmente differenziate per grandi aree geografiche. Gli atenei sarebbero così incentivati a migliorare il reclutamento dei docenti e a stimolare l'attività di ricerca.

Tito Boeri su Internazionale
pag. 101 - n. 872 del 12 novembre 2010





CHI E' TITO BOERI

Ph.D. in Economia alla New York University, per 10 anni è stato senior economist all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, poi consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro.
Oggi è professore ordinario all'Economia Bocconi, dove ha progettato e diretto il primo corso di laurea interamente in lingua inglese. E' Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, responsabile scientifico del festival dell'economia di Trento e collabora con La Repubblica.
I suoi saggi e articoli possono essere letti su www.igier.uni-bocconi.it.


2 commenti

Alberto Conti ha detto...

Statistica molto interessante e, se vogliamo, deprimente. Sarebbe interessante poter fare un comparazione con altri stati member della comunita' europea e magari anche di altri stati in generale.

Klein Bottles and other amenities ha detto...

1/4 dei ricercatori che non produce non è un buon segno. Oddio, magari mi sbaglio, ma non credo sia solo una questione di finanziamenti, qua è anche questione di VOGLIA DI LAVORARE.
Senza offesa, ma nel mio ramo di studi la matematica, come per la fisica teorica, non servono sicuramente i soldi che necessitano i biochimici, i biotecnologi etc. e sarei proprio curioso di vedere quanto questi producano.
È vero che l'Italia è in decadenza, e sicuramente la politica del governo non servirà a molto,e l'Università non migliorerà con questo andazzo, ma che ci siano migliaia di persone che mangiano sui soldi della ricerca è vero come l'aria che respiriamo.