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PLANCK PENSACI TU! DUBBI SULLA CALIBRAZIONE DI WMAP, MODELLO STANDARD A RISCHIO?


Versione per Gravità Zero dell'articolo pubblicato su Coelum ASTRONOMIA N. 141 settembre 2010

Nel corso dell'ultimo secolo, i modelli proposti per descrivere l'universo si sono evoluti in base alle conoscenze di ogni epoca della scienza, ma solo negli ultimi quarant'anni, con l'avvento degli acceleratori, il progresso della fisica delle particelle ha contribuito a dare un'immagine dettagliata dell'universo primordiale e di come in esso si è formata la materia ordinaria (quella barionica e leptonica per intenderci, quella di cui siamo fatti noi, i pianeti e le stelle).
Uno studio effettuato da due ricercatori della Durham University (UK), sembra rimettere tutto in discussione, denunciando la mancanza di certe evidenze osservative e la cattiva calibrazione dei sensori di WMAP, il satellite che più di ogni altro ha contribuito a solidificare le basi del cosiddetto modello standard.

Per tentare di capire la portata di quanto asserito dai due ricercatori inglesi nei loro articoli occorre prima spendere qualche parola sul modello Lambda - Cold Dark Matter, anche noto come "Modello Standard": ovvero l'insieme delle teorie che meglio interpreta i dati osservativi prodotti dalla sonda WMAP, e che disegna lo scenario di un universo nato dal Big Bang e segnato da una primordiale fase espansiva inflazionaria.
La prima parte del nome, “Lambda”, deriva dall'omonima lettera greca che nelle equazioni di campo in Relatività Generale identifica la costante cosmologica. Oggi grazie alle osservazioni effettuate da WMAP nel 2003 (e ulteriormente confermate proprio a gennaio di quest'anno da nuove e più precise misure, vedi fig. 1) sappiamo che la costante cosmologica, anche se in forma teoricamente più sofisticata di come era stata inizialmente pensata, permette di descrive l'universo osservato da WMAP solo assumendo la presenza del 72,1% di energia oscura. Questa particolare forma di energia (che ha un nome, ma è di fatto è ancora sconosciuta) avrebbe la particolarità di produrre una pressione negativa, generando una spinta antigravitazionale che avrebbe portato l'universo primordiale a espandersi a velocità superiore a quella della luce.

Il secondo termine, ”Cold Dark Matter” (CDM), indica la materia oscura fredda. Stimata essere il 23,3% della materia totale la sua natura, anche se molte sono le ipotesi, è tutt'ora sconosciuta. Chiamata materia oscura fredda perché percepibile solo indirettamente attraverso i suoi effetti gravitazionali sul restante 4,6% della materia barionica e sulla luce, generando un'azione attrattiva, coadiuvata dall'azione gravitazionale della materia ordinaria, ha lo stesso effetto di un freno che ha progressivamente ridotto l'accelerazione nell'espansione dell'universo ad un valore prossimo a zero.

Ma conoscere i nomi dei componenti non basta ... Come in tutte le buone ricette, se si vuole che il modello Lambda-CDM descriva esattamente l'universo osservato da WMAP, occorre che le dosi degli ingredienti siano fissate nei limiti di piccole insignificanti variazioni. E a questo si arrivò appunto nel 2003, quando i rivelatori di WMAP, calibrati con sorgenti astronomiche di microonde opportunamente scelte, raccolsero dati sufficienti per permettere un'analisi pressoché definitiva (per quanto definitiva possa essere una teoria scientifica)

L'età dell'universo è stata così calcolata in 13,73 +/- 0,12 miliardi di anni, con una costante di Hubble di 70,1 +/- 1,3, mentre la sua composizione prevede l'esistenza di un 4,6% di materia barionica ordinaria, di un 23% di materia oscura di natura sconosciuta (la quale non assorbe o emette luce), di un 72% di energia oscura (altrettanto sconosciuta la quale accelera l'espansione) e infine meno dell'1% di neutrini. Tutti questi dati sono coerenti con lo scenario cosmologico dell'inflazione e con un universo a geometria piatta (dove l'aggettivo piatto non ha nulla a che vedere con la forma dell'universo, ma è semplicemente descrittivo di uno spazio di tipo euclideo, dove ad esempio due rette parallele continueranno a rimanere tali fino all'infinito).

Il rapporto (chiamato Omega) tra densità osservata e densità critica (la densità di materia ed energia necessarie a impedire che l'universo collassi in un "Big Crunch" o che continui ad espandersi all'infinito)è infatti risultata essere nei limiti degli errori sperimentali, praticamente uguale ad 1-Un risultato sorprendente, questo, persino un po' "sospetto" per alcuni ...ma il modello inflazionario risolve anche questo dilemma. La rapida espansione verificatasi all'inizio,con un cambiamento di scala di decine di ordini di grandezza, forzò infatti lo spazio a diventare "piatto" e il valore di Omega a diventare prossimo ad 1 qualunque fosse stato il suo valore iniziale.

NON SOLO WMAP

I risultati ottenuti da WMAP non sono però stati gli unici a favorire l'idea di un universo dominato dalla materia oscura. Altre conferme sono venute dall'analisi di numerose lenti gravitazionali, dallo studio delle curve delle rotazioni galattiche (che ha dimostrato come la materia oscura sembri dominare le regioni esterne di quasi tutte le galassie), dall'esame della disrorsione delle immagini ottiche delle galassie.
Per quanto riguarda invece l'esistenza dell'energia oscura, il problema è più complesso. A parte le osservazioni effettuate da WMAP (che come vedremo potrebbero non essere più attendibili, non esistono prove dirette della sua presenza ma solo indizi. Primo fra tutti quello portato dall'analisi del comportamento fotometrico delle supernovae di tipo Ia, dette anche supernovae "candela", che la loro costante luminosità assoluta rendeva degli ottimi indicatori di distanza per oggetti posti a distanze cosmologiche. Scriviamo "rendeva", al passatoperché qualche mese fa ci si è accorti che una supernova indagata dai telescopi di Cile, California e Hawaii , la SN2007if, non si è affatto comportata come una "candela standard", tanto da indurre i ricercatori allo stesso sconsolante dubbio provato dagli astronomi ai tempi di Baade (gli anni 50 del secolo scorso) quando si scoprì le candele standard di allora (le variabili cefeidi) non erano tutte uguali: le distanze determinate fino a quel momento dovevano quindi essere tutte ricalcolate ...

NUOVI PROBLEMI

Come se ciò non bastasse - e qui veniamo all'argomento dell'articolo - S è aggiunto di recente uno studio che porrebbe qualche nuovo interrogativo sia sul modello standard che sulle misurazioni effettuate da WMAP. Tom Shanks e Utane Sawangwit, rispettivamente professore e dottorando dell'Università di Durham, in Inghilterra, hanno fatto notare in un primo articolo pubblicato alla Royal Astronomical Society che attraversando gli ammassi di galassie giganti i fotoni di luce non sembrano comportarsi come il modello standard vorrebbe.

In pratica, nel lungo viaggio che la porta dalla radiazione cosmica di fondo ai rivelatori dei nostri strumenti, può capitare che la luce attraversi degli enormi ammassi di galassie. In questi casi, un fotone di luce dovrebbe subire un "blueshift" (scivolando nello spettro verso il blu e acquistando energia) quando entra nel superammasso, e un redshift (scivolando verso il rosso e cedendo energia) quando ne esce puntando verso l'osservatore.

Ed il punto: se l'universo non fosse in accelerazione, i due effetti (di pari intensità) dovrebbero elidersi a vicenda ... ma in un universo accelerato dall energia oscura, con gli ammassi che si allontanano sempre più velocemente, la cancellazione non potrebbe essere perfetta e noi dovremmo allora assistere all'uscita dall'ammasso di una luce più energeticamente virata verso il blu. Cio significa che - secondo i due autori inglesi - esaminando il fondo cosmico, dovremmo trovare temperature leggermente superiori in corrispondenza dei superammassi di galassie. Cosa finora mai osservata.

Pazienza, verrebbe da dire ... in questo caso potrebbe trattarsi di misure talmente sottili da poter essere discriminante soltanto da strumenti più evoluti. Oppure di altri impedimenti che nulla hanno a che vedere con la veridicità del modello standard ...

UN FONDO COSMICO SFOCATO?

Una critica ben più grave è quella venuta dagli stessi autori in un articolo successivo, dove ipotizzano che la calibrazione delle sonde di WMAP sia stata effettuata in modo inappropriato.
Per calibrare la risposta dei propri ricevitori, il team di WMAP si affida infatti a sorgenti di microonde ben conosciute, prima fra tutte Giove, la cui emissione a microonde - secondo i due autori - non è né puntiforme né gaussiana come sarebbe indispensabile fosse, e questo la porterebbe a estendersi a bande elettromagnetiche vicine per oltre un grado di raggio. Secondo i due cosmologi, ciò porterebbe a ricostruire un'immagine del fondo cosmico molto poco dettagliata, addirittura sfocata, nella quale sorgenti puntiformi apparirebbero come grossolane distribuzioni con estensioni ben oltre quelle che secondo loro dovrebbero avere.
Utilizzando invece un'analisi di sovrapposizione delle sorgenti radio puntiformi del catalogo di WMAP e la mappa delle temperature del fondo cosmico, Shanks e Sawangwit hanno ottenuto immagini più definite, riducendo l'estensione ottica delle sorgenti fino al 50%. Dato che il modello inflazionario è quello che prevede la maggiore estensione per le fluttuazioni del fondo cosmico, la riduzione che deriverebbe da questa nuova mappatura comporterebbe il crollo delle prove dell'inflazione e il rifiuto del modello standard

CHI HA RAGIONE?

La comunità scientifica, ancora un po' frastornata per tutti gli avvenimenti accaduti in rapida sequenza, è per il momento molto cauta nei propri giudizi, anche se c'è già stata una prima reazione da parte dello staff di WMAP.
L'impressione è che tutti preferiascano attendere l'arrivo di qualche buona notizia da PLANCK (vedi figura 2) prima di esporsi in prima persona, anche se a mio parere basta un confronto tra una porzione di fondo cosmico ripreso da WMAP e la stessa porzione ripresa da PLANCK per capire che quest'ultima sta già di fatto confermando i dati di WMAP (fig.3).
La questione, almeno in via prudenziale, per il momento è aperta e sospesa. Restiamo in attesa di ulteriori sviluppi.


Figura 1
Mappa delle fluttuazioni di temperatura del fondo cosmico a microonde (CMB). La temperatura media 2,725 K. In codice colore dal rosso al blu scuro è indicata la temperatura delle sorgenti: rosso (caldo), blu (freddo).


Figura 2
Mappatura a microonde ottenuta dal satellite Planck. Al fondo cosmico CMB è sovrapposta l'immagine della nostra galassia vista dal nostro particolare punto di osservazione: il sistema solare. In alto a sinistra è indicata l'area del riquadro ingrandito in figura 3.


Figura 3.
Nell'immagine sono riportati ingranditi i campi selezionati dalle immagini 1 e 2. I bordi bianchi mettono in evidenza alcune aree corrispondenti a basse temperature. Le similitudini tra le fluttuazioni delle due immagini porterebbero a concludere che la mappa della CMB che il satellite Planck otterrà una volta eliminato il contributo a microonde della Via Lattea, non potrà essere molto diverso da quello già ottenuto da WMAP.


2 commenti

maurizio pea ha detto...

caro prof Auci,
purtroppo non posso invocare la grande considerazione che ho della divulgazione come strumento di democrazia, perchè in questo caso si tratta con tutta evidenza di un capriccio. Sono un medico che legge qualche articolo e libro di divulgazione cosmologica (rigorosamente privo dello strumento matematico) come di altri campi della scienza. Anche in campo medico-biologico riesco a muovermi con una certa disilvoltura solo all'intorno delle piccolissime cose che studio. Malgrado questo vorrei sottoporle un'idea che mi gira per la testa e sulla quale sono già stato ridicolizzato dai miei bravi figlioli: se imamginiamo che dopo il Big-Bang vi sia stata una "accelerazione negativa" per l'azione delle forze gravitazionali, simili ad una corda elastica, al venir meno di tali forze la corda si rompe e l'accelerazione del corpo trattenuto dall'elastico diviene , per "un momento" positiva per ritornare subito dopo negativa. Il nostro universo non potrebbe essere in questa particolarità, in questo momento di accelerazione positiva tra due lunghi periodi di accelerazione negativa?
Spero che questa mia possa indurle un benevolo sorriso, perdonando la sfronattezza,
cordiali saluti, Maurizio Pea

Giordano ha detto...

Gentile Prof. Auci,
ho avuto il piacere di leggere il suo interessante Post solo ora, penso che valga la pena di commentarlo.

Premesso che secondo il mio punto di vista non credo che possa essere esistito un Big Bang primordiale, quindi noi oggi non siamo in una fase espansiva come non siamo in una fase di implosione (non condivido neanche la visone statica), ma adesso non è questo l’argomento da trattare.

Volevo solo puntualizzare l’erronea affermazione (secondo il mio punto di vista) dei due ricercatori Tom Shanks e Utane Sawangwit, quando fanno notare che i fotoni di luce nell’attraversare gli ammassi di galassie giganti dovrebbero subire un "blueshift" (scivolando nello spettro verso il blu e acquistando energia) quando entrano nel superammasso, e un redshift (scivolando verso il rosso e cedendo energia) quando ne escono puntando verso l'osservatore. Questa visione è completamente sbagliata.

L’etere non ha la proprietà di “trasportare” il fotone anche se l’Universo fosse in espansione, l’etere non è una fibra ottica elastica che può essere tirata ed allungata quindi trasporta con se i raggi che l’attraversano.

I due ricercatori inglesi fanno lo stesso errore fatto da Michelson-Morley quando volevano misurare la velocità della terra e di conseguenza il vento d’etere.

Forse la radiazione cosmica di fondo potrebbe avere un'altra spiegazione fisica ( www.lafisica.info ), non è detto che l’unica soluzione sia il Big Bang.
Un cordiale saluto
Giordano