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SCRISSE GAUSS: "PENSO DI DOVER ATTIRARE LA TUA ATTENZIONE SU QUESTO LIBRO, CHE SICURAMENTE TI REGALERA' UN GRANDE PIACERE"

Spesso la matematica viene vista come non è. Capita che assomigli ad un testo scolpito nella pietra 2000 anni fa, valido in eterno e non più modificabile. Magari è capitato anche a voi: i professori di matematica ve l’hanno rappresentata come una tavola della legge, pesante come il marmo e rigida come una sbarra d’acciaio. Dopo la scuola avete pensato che la matematica, se veramente è quella cosa imparata a scuola in quel modo, allora non serve affatto nel lavoro, perciò ve ne siete completamente dimenticati.

La matematica non è un oggetto immutabile, in quanto non è una religione, né un dogma, ma bensì è una disciplina scientifica. Come tale evolve, cambia, corregge vecchi strumenti malfunzionanti, crea nuovi strumenti per risolvere problemi, senza che tutto ciò abbia nulla di arido. Al contrario, dietro la matematica ci sono i matematici, che sono persone esattamente come voi, che lavorano come voi e cercano di ottenere, nel lavoro, risultati sempre più soddisfacenti. Quindi, nell’ambito della matematica, così come nella vostra vita, succedono un sacco di cose, insomma la matematica non è molto diversa da una bella storia raccontata in un romanzo o in una serie TV. Per accorgersene basta dare un’occhiata ad un qualunque libro di storia della matematica, a prescindere dall’argomento trattato.

Prendiamo allora in considerazione: “La geometria non euclideaUna breve storia dall’antichità a Poincaré”, pubblicato da Carocci Editore nel mese di gennaio 2024 e scritto da Alberto Cogliati, professore associato di Matematiche complementari presso l’Università di Pisa. 

Se immaginate la matematica come “una disciplina puramente teorica che consiste di un insieme di proposizioni gerarchicamente ordinate” (le frase virgolettate, in tutto l'articolo, sono estratte dal testo), dovete prendervela con gli antichi greci, poiché furono i primi a concepirla in questa maniera. Ma subito successe qualcosa: la scoperta delle quantità irrazionali fece dubitare sulla costruzione dell’edificio matematico. Proprio a causa di questo evento si capì che le affermazioni dovevano essere dimostrate e che un argomento posto da un soggetto, per quanto possa essere persuasivo, non è una dimostrazione. Quest’ultima è “un’affermazione dedotta logicamente a partire da richieste esplicite”. Come si dimostra? A partire da premesse vere, si giunge a conclusioni vere. Tuttavia, se ogni premessa deve essere dimostrata, prima o poi, andando sempre più indietro, fin quasi ai fondamenti della matematica, si giungerà a qualcosa di indimostrabile, un oggetto che è una sorta di punto di partenza, da accettare come evidentemente vero, ma non dimostrabile come vero. Questo problema, una specie di punto debole della matematica, salta fuori in tutta la sua evidenza con gli Elementi di Euclide, che “operò in un periodo compreso tra Aristotele e Apollonio”, in particolare intorno al 300 a.C.

Di affermazioni indimostrate, negli Elementi di Euclide, ce n’è una lista; e proprio da quella lista si deducono poi le affermazioni che riempiono ben 13 libri. Un’affermazione non dimostrata, appartenente a quella lista, si tratta in particolare del quinto postulato, ha attratto l’attenzione, il tempo e le energie di molti matematici in un arco temporale davvero lungo. I posteri hanno definito quel postulato come “postulato delle parallele”, ma in realtà Euclide non ha scritto di rette parallele, ha piuttosto stabilito “una condizione sufficiente affinché due rette si intersechino (che equivale a una condizione necessaria affinché due rette siano parallele)”. Proprio per questo motivo, ed anche per la complessità con cui fu scritto in origine tale postulato, diversi matematici l’hanno riformulato al fine di cercare una dimostrazione o per lo meno capire se fosse dimostrabile. David Hilbert, nel 1899, lo riformulò così: “per un punto esterno a una retta esiste al più una retta parallela alla retta data passante per quel punto”.

Chi ha cercato di dimostrare il quinto postulato? Tolomeo, Proclo, Umar Khayyam, Clavio, John Wallis, Lagrange, Legendre, Gerolamo Saccheri, Heinrich Lambert…. Tutto vano? Sì e no: sì perché il postulato non è stato dimostrato, in quanto ogni dimostrazione aveva qualcosa di sbagliato (tipicamente qualcosa di dato per scontato, senza che fosse necessario); no perché – come generalmente si verifica in casi di questo tipo – il lavoro dei matematici, nel tentativo di dimostrare il quinto postulato, ha comunque prodotto pezzi di nuova matematica. In particolare, si è trattato di tasselli di una nuova geometria, che facesse a meno del quinto postulato

Tra coloro che hanno dedicato una parte della loro vita al quinto postulato troviamo anche un padre e un figlio, rispettivamente Farkas Bolyai e Janos Bolyai. Il padre incontrò niente poco di meno che Carl Friedrich Gauss, mentre il figlio – per quanto riguarda il noto postulato euclideo - volle proseguire sulla strada del padre, sebbene quest’ultimo l’avesse avvertito del binario morto in cui sarebbe finito. A tale scopo, in una lettera al figlio, usò queste parole: “(…) ti supplico, per Dio! Lascia in pace la dottrina delle parallele: dovresti provare per questa lo stesso orrore che provi per i rapporti dissoluti; essa può privarti di tutto il tuo tempo, della salute, della quiete e di tutta la tua felicità”. Nonostante ciò, Janos proseguì nel suo studio, elaborando – in un testo denominato Appendix – una “scienza assoluta dello spazio”, che noi posteri chiamiamo “geometria neutrale”, cioè indipendente dal quinto postulato. Così toccò con mano qualcosa di matematicamente nuovo (non a caso scrisse al padre: “ho dal nulla creato un nuovo universo”), cioè l’esistenza di infiniti sistemi non euclidei (dipendenti da un parametro k arbitrario). Tuttavia pare che su quella nuova geometria (iperbolica) Gauss prima di lui ci avesse già speso tempo ed energia, ed avesse ottenuto proprio quei risultati (o comunque una parte) e si complimentò con Janos, convalidandone il lavoro. Ma la risposta di Gauss fu equivocata: disse che non poteva lodare quei risultati, perché erano praticamente uguali ai propri risultati; così Janos pensò che Gauss volesse appropriarsi della paternità dell’Appendix.

Nel frattempo, in quanto fu sostanzialmente contemporaneo di Janos, c’è un altro matematico che comincia a farsi notare. Si tratta di Nicolaj Lobacevskij che, già a partire dal 1823, “cominciò a sviluppare una geometria indipendente dal postulato euclideo”. Anche in questo caso il problema iniziale è dare un nome a ciò che si elabora (o si scopre?): Lobacevskij scelse il termine “geometria immaginaria” e poi “pangeometria”. In questo modo egli denotò “il sistema geometrico nel quale viene assunta l’esistenza di più rette parallele a una retta data, passanti per un dato punto”. La sua filosofia (della matematica) comprendeva l’idea che si dovesse rifuggire da entità totalmente astratte per rivolgersi ad oggetti più fisici, nel senso anche di tangibili, misurabili e controllabili. Questa convergenza di idee della matematica verso la Fisica si ritrova anche in Yaroslav Sergeyev, come necessità per migliorare gli oggetti matematici, intesi anche come strumenti di misura (di quantità infinite e infinitesime). Uno degli obiettivi di Lobacevskij fu proprio quello di liberare “la geometria dalla presenza di nozioni vaghe e astratte” e costruire una nuova geometria, anzi tante geometrie distinte (ognuna con la propria costante metrica intrinseca), in grado di ricomprendere anche la geometria ordinaria. Inizialmente elaborò delle nuove relazioni trigonometriche, che assunse senza un quadro teorico sufficiente a sostegno, e dovette quindi poi ripresentarle in un’altra forma (tramite “un’articolata catena di deduzioni e successive acquisizioni”). Lo stesso Gauss apprezzò il lavoro di Lobacevskij, infatti – in una lettera a Schumacher – scrisse: “Penso di dover attirare la tua attenzione su questo libro, che sicuramente ti regalerà un grande piacere”. E’ possibile intravedere dei legami fra la teoria delle superfici di Gauss e le geometrie non euclidee, ma occorre far attenzione a non dedurre conclusioni affrettate. A tal proposito, Alberto Cogliati spiega bene quali fondamenti storici scritti sono a noi pervenuti sulla presumibile esistenza di questo legame, ma ci avvisa pure di non basarci troppo su ipotesi elaborate in passato (ad esempio dal primo biografo di Gauss).

Quanto sopra scritto è solo una breve sintesi di una parte della storia della matematica inerente le geometrie non euclidee. Perciò vi invito a leggere il libro di Alberto Cogliati, perché sarà un bel viaggio, con cui toccare con mano l'evoluzione della Matematica e il fascino di una disciplina che, se ben scritta e ben insegnata è tutt'altro che noiosa. 

La geometria non euclidea - Una breve storia dall'antichità a Poincaré

scritto da Alberto Cogliati

e pubblicato da Carocci Editore nel mese di gennaio 2024

nella collana Studi Superiori

Walter Caputo

Divulgatore scientifico dal 2008


 

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