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IL FUTURO DEI COMPUTER? NEI DIAMANTI

Da simbolo del lusso (fine a se stesso) a motore dell'informatica: sembra essere questo il destino del diamante, grazie agli studi e alle scoperte di un team di ricercatori, che ha impiegato proprio questa pietra per realizzare circuiti dalle caratteristiche super performanti.


Il materiale del futuro per i computer potrebbe essere il diamante. Non è una boutade, ma il frutto di uno studio pubblicato sulla prestigiosa Scientific Reports, che ha diffuso i risultati di uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori, che hanno scoperto appunto le possibili applicazioni della pietra preziosa nella realizzazione di macchine iperperformanti.

Un nuovo ruolo per i diamanti. In particolare, l'impiego dei diamanti potrebbe consentire di sviluppare finalmente computer quantistici, gli attesi dispositivi che utilizzando i “quBit”, vale a dire i bit quantistici, che assicurano velocità di calcolo molto superiori rispetto ai computer basati sull’elettronica tradizionale. Le pietre preziose consentono infatti di rafforzare la potenza, integrando nello stesso chip le sorgenti di quBit e le guide d’onda ottiche.

Una ricerca tricolore. Motivo d'orgoglio per l'Italia è il fatto che questa scoperta potenzialmente rivoluzionaria è stata messa a punto da un gruppo internazionale di ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr e del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, coordinato dal giovane fisico canadese Shane Eaton, ricercatore canadese che ha vinto il prestigioso programma Sir del Miur come "giovane talento in Italia", ottenendo un finanziamento che è stato fondamentale per proseguire la ricerca.

Luce anziché elettricità. Come spiega lo stesso Eaton, "i circuiti fotonici sono l’equivalente ottico dei circuiti elettrici: al posto degli elettroni del semiconduttore del chip, ad essere trasportati lungo i percorsi ottici sono i fotoni, i quanti di luce". E per realizzare questi percorsi sono stati impiegati impulsi laser ai femtosecondi (vale a dire un milionesimo di miliardesimo di secondo), che modificano le caratteristiche fisiche del diamante e tracciano le linee che costituiscono il circuito e mettendo in comunicazione i “difetti” presenti che possono essere sfruttati come bit “quantistici”.

I difetti dei diamanti. Nonostante nell'immaginario collettivo la gemma sia "senza difetti", infatti, al suo interno "sono presenti dei difetti come le cosiddette nitrogen vacancy nelle quali, al posto di due atomi di carbonio adiacenti, si trova un atomo di azoto accanto a un posto libero nel reticolo. Una diversità che può essere sfruttata per i bit quantistici", aggiunge Roberta Ramponi, direttrice dell’Ifn-Cnr.

Nuove applicazioni. Questo consente al quBit di assumere "contemporaneamente, a differenza dei bit classici degli attuali computer, il valore di 0 e 1, il che permette di aumentare esponenzialmente la velocità di calcolo. Fino ad oggi mancava però una tecnica di microfabbricazione in diamante che consentisse di collegare questi qu-Bit per realizzare un computer quantistico", conclude Eaton, sottolineando dunque le grandi prospettive di questa nuova tecnologia, che potrebbe rappresentare la soluzione a problemi oggi inaccessibili, come la diagnostica medica di precisione o la creazione di energia pulita.

Sviluppi tecnologici. I progressi futuristici non si fermano a questo aspetto dell'hardware, ma stanno interessando sempre più anche le componenti di archiviazione di memoria: le aziende del settore si stanno infatti dando battaglia a suon di estensione delle capacità e dello spazio, puntando in modo particolare sulla innovativa tecnologia SSD, che ad esempio consente di conservare i dati in memoria anche in caso di mancanza di corrente (ovvero a computer spento) e si rivela più veloce in tutte le operazioni.

A prova di errore. Questo però non significa che non ci sia possibilità di guasto o di errore, anche umano; per questo, sempre in tema di sviluppi tecnologici, ci sono diverse società come Recovery File che hanno messo a punto e ottimizzato gli interventi per la riparazione di un hard disk danneggiato, attuati in un ambiente asettico definito in modo tecnico "camera bianca".

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