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LA SCUOLA E L'EDUCAZIONE SCIENTIFICA: GLI INTERVENTI DEI RELATORI

Pubblichiamo gli interventi dei relatori al seminario del 4 maggio scorso:  "La scuola e l’informazione scientifica: che cosa si richiede all’una e all’altra perché i cittadini siano consapevoli del ruolo effettivo della scienza". Giornalisti e insegnanti a confronto.


Piero Bianucci (www.pierobianucci.it)

"Agli amici del Corso INRiM vorrei proporre un consiglio bibliografico che ha a che vedere con le poche cose che ho detto nei minuti a mia disposizione: leggete “Contare e raccontare”, un dialogo tra Tullio De Mauro e Carlo Bernardini, per decenni direttore di "Sapere" (Laterza, 2003). 
In quelle pagine il fisico Bernardini discute anche i fondamenti della buona divulgazione scientifica, facendo osservare che, pure a prescindere dalle storture crociane e dagli umanisti dimezzati, l’italiano è forse “una lingua poco adatta alle scienze dure”, mentre invece adattissima sarebbe la lingua inglese. 
Sorprendente è la contro argomentazione di Tullio De Mauro, che respinge in parte la tesi di Bernardini, ma poi, non dimenticando di aver introdotto in Italia l’Indice di leggibilità e di comprensibilità GULPease e di avere strutturato il memorabile “Vocabolario di base” composto con le settemila parole di uso più comune, fornisce dati linguistici da scienza “dura”:
la lunghezza media delle parole declinate e coniugate è di 6,9 lettere in inglese,
7,7 in francese, 7,8 in spagnolo, 8,1 in tedesco e 8,2 in italiano. 
E poiché dai lavori di Rudolph Flesh (1947) fino a quelli recenti di Emanuela Piemontese e Tullio De Mauro si sa che la brevità delle parole usate è un fattore rilevante per la facilità di lettura di un testo, ecco come due persone che operano in campi così diversi come la fisica e la linguistica, ma entrambe colte, razionali e intelligenti, possono incontrarsi a metà strada. Con un sorriso."
Per tutti, vedere il sito www.eulogos.net




Lucia Martinelli, MUSE museo delle scienze

I musei delle scienze: emergenti agorà per la costruzione della cittadinanza scientifica


Negli ultimi decenni, in Europa, importanti centri culturali e di aggregazionesono sono sorti in aree industriali dismesse per riqualificare territori post-industriali spesso molto vicini ai centri cittadini. Anche il MUSE sorge in un luogo precedentemente occupato da una fabbrica che fu importante per la vita socio-economica della città e che ha rappresentato emancipazione, in particolare per le donne lavoratrici. La fabbrica ha anche contribuito a un importante dialogo tra lavoratori e intellettuali.

Mi piace ricordare questa radice sociale del nuovo museo di scienze, di cui rimane testimonianza nel suo indirizzo (corso del lavoro e della scienza).

Nuove agorà. Nel panorama della conoscenza, le istituzioni deputate al progresso della cultura scientifica sono chiamate a diventare nuove agorà dove condividere esperienze e competenze. Questa è oggi la missione dei musei scientifici, quali sedi di elezione in cui promuovere il dialogo finalizzato a costruire una conoscenza basata sul coinvolgimento dei soggetti produttori dell’avanguardia scientifica, dei portatori di altra conoscenza e della cittadinanza. Non più, dunque, deputati esclusivamente all’esposizione e alla conservazione ed è superata la visione tradizionale incentrata sui prodotti e i processi della scienza in sé, la visione innovativa è focalizzata sul contesto e sulle situazioni in cui inquadrare la scienza. Lo scopo è offrire ai cittadini di ogni età l’opportunità di conoscere rilevanti contenuti della conoscenza scientifica in una dimensione sociale. 

Questo approccio è una svolta significativa nella museologia: “fornire scienza” nella forma di certezze definite diventa “offrire un contesto” volto a sollecitare i pubblici a riflettere sulla realtà ed i problemi. Sono così offerti quegli strumenti culturali oggi indispensabili per discriminare, scegliere e decidere tra le offerte che l’innovazione scientifica ci propone, capacità nota come cittadinanza scientifica.

Nuovi linguaggi. I musei della scienza sono anche ottime location per sperimentare nuove forme di comunicazione scientifica, anche basate sul coinvolgimento dei pubblici. Tra le varie, l’incontro tra arte e scienza è un’interessante modalità, a dimostrazione di come la scienza sia parte integrante della cultura, al di là di distinzioni che tradizionalmente l’hanno separata dalle cosiddette materie umanistiche. 

Quando scienza e arte si confrontano in una gradevole interazione tra narrazione scientifica e performance artistica in grado di coinvolgere ed emozionare, si possono offrire, oltre ad informazioni, importanti spunti di riflessione. 

Scienza e genere. Nel panorama della conoscenza si inserisce anche l’attenzione al genere. Tra i vari aspetti, va considerata la costruzione dell’identità delle ‘ragazze di scienza’. La scienza richiede disposizione e interesse alla ricerca, curiosità, motivazione e coraggio di sperimentare: caratteristiche ben presenti nelle ragazze di oggi. Non sembrano però superati quegli ostacoli tra ‘desiderio di realizzare’ e ‘permesso di fare’ che, minando autostima, limitano la scelta dei percorsi scientifici delle donne. 

Come incentivare le scelte curriculari scientifiche? Come valorizzare questi talenti per il bene della scienza stessa? Risulta importante offrire modelli in cui identificarsi. L’Unione Europea finanzia progetti volti a trovare modalità per rispondere a queste domande. 

Quale spunto per riflettere sui modelli e le modalità comunicative, propongo il trailer della mostra ‘Oltre il limite- Viaggio ai confini della conoscenza’ esibita al MUSE nel 2014/2015, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

La sperimentazione di nuovi linguaggi e la ricerca di una modalità di comunicazione attraverso video il più possibile virale ha portato alla realizzazione di una breve graphic novel. E’stato scelto di porre al centro della storia una giovane donna che si interroga sulle questioni cardine sollevate dalla mostra: i misteri dell’universo, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, i concetti alla base della fisica e dell’astrofisica.



Massimo Auci, docente di fisica e matematica e redattore di “Gravità Zero


“Scuola e mondo dell’informazione insieme per una corretta divulgazione scientifica

La mia esperienza di giornalismo scientifico iniziò nel 1977, quando sul mensile “Nuova Società” mi fu affidata una rubrica di scienza e politica della scienza. Lì per la prima volta mi misurai con l’attendibilità delle fonti d’informazione, per la prima volta compresi che non bastava scrivere per essere letto, ma occorreva metterci del proprio e non solo nel linguaggio per riuscire a interessare e coinvolgere le persone.

Nel frattempo era l’epoca delle radio libere, per la mia esperienza giornalistica mi fu affidata la conduzione di una trasmissione radiofonica, un contenitore di notizie scientifiche e curiosità dal mondo diffusa dai microfoni di Radio Flash 97.7 MHz. Alla radio la notizia in sé non sempre è sufficiente per mantenere l’ascolto, quindi imparai a stimolare l’attenzione continuamente, a volte con la musica, a volte con trovate di fantasia. Poi arrivò l’epoca della maturità, come fisico tornai al rigore della comunicazione scientifica e della didattica, ma la mia esperienza di ricercatore e di insegnante, segnata dalle precedenti, mi ha portato a credere che coerenza logica e variabilità dei registri linguistici usati nello scrivere e nel parlare se opportunamente usati, possano essere fondamentali sia per una corretta comunicazione che per mantenere vivo l’interesse dei lettori. 

Siamo già da qualche anno approdati all’uso del web 2.0, un’epoca quella attuale della comunicazione selvaggia, in cui le notizie viaggiano spesso senza controllo e senza etica, chi scrive non mettendoci la faccia spesso dimentica che chi legge non è sempre in grado di distinguere tra vero e falso, così la buona informazione rischia di confondersi con la disinformazione.

È fondamentale che la scienza sia mediata, comunicata con un linguaggio opportuno che deve essere anche adatto a formare, a insegnare, a incuriosire chiunque: è questo che Gravità Zero dal 2008 cerca di fare. Le nuove tecnologie comunicative sono perfette, le possibilità di accedere on line a contenuti scientifici originali, di poter scrivere e modificare i testi, di poterli aggiornare, permette non solo di migliorare l’esposizione della notizia data, ma di rimodellarla nel linguaggio e nel formato più opportuno per renderla fruibile anche a coloro che meno si interessano di scienza. Io penso che divulgare non sia solo far conoscere, ma incuriosire, focalizzare l’attenzione di persone estranee al mondo della scienza su notizie che potenzialmente potrebbero ridefinire i contorni del mondo in cui vivono, appassionandole al rigore della scienza mediante un seppur lento processo di formazione ed educazione, che nell’uso del linguaggio e della logica ha le sue radici.


Maurizio Salvarani e Luca Malagoli, Museo Della Bilancia  

Il Museo della Bilancia è un'istituzione che nasce nel 1989 in seguito ad una mostra di strumenti per pesare, molto sentita dalla cittadinanza, realizzata sei anni prima e divenuta da temporanea a permanente.

A Campogalliano infatti, piccolo centro nel cuore dell'Emilia a pochi chilometri da Modena, c'è una vera e propria tradizione per la precisione, dato che fin dal 1860 la costruzione di strumenti di misura ha caratterizzato il tessuto economico locale e l'identità stessa della popolazione.
La metrologia, ossia la scienza della misura, si respira nell'aria di quella che si presenta come la Città della Bilancia.

Edmondo Berselli, grande giornalista mancato sei anni fa, ragionando su alcuni tratti peculiari della modenesità come l'amore per la precisione nel suo libro "Quel gran pezzo dell'Emilia", dedica alcune righe al nostro museo:

“[…] non ci si sorprende neanche un pò che a due passi da Modena, a Campogalliano, ci sia la storica fabbrica Crotti, «bilance dal 1860», strumenti di precisione meccanica pura e quasi immateriale nei loro equilibri di staffe e leve e pianali. [...] Normale pure che una frazione di bilanciai onestamente rossi se ne uscisse, nel corso degli anni Sessanta, per creare una cooperativa concorrente […] per poi concludere, una trentina d’anni dopo […] che valeva la pena di mettere su un museino della bilancia che è un gioiello di storia della civiltà materiale, per un verso, ma anche un incommensurabile tributo laico alla sostanza del lavoro, e a quell’sattezza che ha piegato l’acciaio per farne un arnese con cui misurare pezzi di mondo.”

Naturale anche l'interesse dell'autore per le tematiche: oltre ad essere nato a Campogalliano infatti Berselli aveva un padre bilanciaio!

Il Museo della Bilancia dunque ha un connaturato interesse per la metrologia, nelle sue varie declinazioni.

Centrale di certo la metrologia storica, che si sostanzia nella collezione dell'istituzione, comprendente oltre mille strumenti per pesare e misurare che raccontano una storia di quasi due millenni.

La tradizione produttiva locale, tuttora caratterizzata dalla presenza di imprese attive nel campo della pesatura e più in generale della precisione, diventa un valido appiglio per trattare di metrologia legale, anche grazie ai rapporti attivati con il mondo della produzione.
Da un quinquennio inoltre l'originale inclinazione verso la didattica che accompagna il Museo dagli albori ha preso la direzione della divulgazione e della educazione scientifica e tecnologica, con particolare attenzione alla metrologia scientifica rivolta alle scuole primarie ed alle famiglie con bambini. La promozione del pensiero logico e scientifico in questi pubblici vede il Museo proporre occasioni di sperimentazione diretta, di utilizzo di strumenti di misura moderni e del passato e di lavoro in gruppo per favorire la discussione e la condivisione di ipotesi e risultati.

In questo senso più che di vera e propria divulgazione si tratta di proporsi come una palestra nella quale esercitare l'approccio scientifico in modo concreto e sperimentale. Una sorta di azione propedeutica, una preparazione del terreno affinché possa accogliere fruttuosamente l'azione di divulgazione scientifica effettuata da altri.

In questo quadro di riferimento l'impatto emotivo delle proposte è decisivo: pur nel garantire la correttezza scientifica degli interventi l'accento si pone sulla necessità di creare interesse e curiosità.

L'obiettivo primo che ci poniamo in questo ramo di attività visto che il pubblico al quale ci rivolgiamo è tendenzialmente digiuno di conoscenze scientifiche, è quello di avvicinare alla conoscenza scientifica, prima ancora che cercare di trasmettere contenuti scientifici, cercando innanzi tutto di promuovere un atteggiamento critico e logico. L'equilibrio particolarmente instabile che ricerchiamo è quello tra semplificazione e rigore, con l'intento sempre di evitare banalizzazioni.

Cerchiamo di combattere lo stereotipo che vuole la scienza come qualcosa di difficile e “non per tutti” dimostrando invece che la scienza è ovunque. Questo è il senso di attività che ad un primo approccio possono sembrare misteriose o quantomeno singolari come LA LIBELLULA E LA BILANCIA oppure la mostra in corso IL TESORO A PEDALI... Utilizzare una collezione entomologica o la bicicletta come pretesti per trattare in chiave scientifica a famiglie e bambini fino a 11 anni di volo, fenomeni ottici e suono oppure di attriti, equilibrio ed effetti giroscopici diventano vere e proprie sfide!

Analogamente, grazie ad un finanziamento del MIUR, il Museo sta curando nell'anno scolastico in corso un corposo progetto che coinvolge quattro Istituti Comprensivi e che si sostanzia nelle scuole primarie coinvolte in realizzazione di biblioteche scientifiche ragionate, creazione di laboratori scientifici attrezzati, formazione degli insegnanti nell'utilizzo delle strumentazioni fornite e interventi di nostri esperti nelle classi quarte e quinte per lo svolgimento di attività sperimentali legate agli indirizzi scolastici sulle misure e sull'energia.



Marco Genovese, Fisica e ricercatrice INRIM


Le due domande:
  • Quanto si conosce bene la materia quando si decide di divulgare una informazione? 
  • Quanto si tiene conto del retroterra culturale di chi legge o ascolta per far davvero incontrare l’offerta e la domanda?
possono essere affrontate da due punti di vista, quello del ricercatore e quello del giornalista scientifico.

Ovviamente il ricercatore che si ponga il fine di fare divulgazione si trova nella situazione di essere tra coloro che conoscono meglio la materia (con l’ovvia eccezione dei casi patologici del ricercatore “innamoratosi” di una qualche propria teoria balzana o del “tuttologo” che ritiene di poter affrontare qualsiasi materia per quanto lontana dalle sue conoscenze). Tuttavia ad un’analisi più approfondita esse pongono il ricercatore di fronte alla necessità di analizzare con cura quanto sia in grado di trasmettere le proprie conoscenze specifiche ad un pubblico generico. E’infatti molto facile incorrere in errori banali, quali il ritenere essenziali questioni che lo sono quando si affronti una discussione con colleghi, ma che divengono inessenziali quando si voglia divulgare l’argomento ad un pubblico generico, o il ricorrere a termini troppo “tecnici” anche se ritenuti ovvi nel contesto, anche generico, del dibattito scientifico.

In questo senso l’interazione con persone che affrontano professionalmente la divulgazione è estremamente utile per il ricercatore che si avvicini a questo campo.

D’altro canto i giornalisti hanno un’ovvia padronanza del linguaggio e del suo uso rispetto all’audience a cui intendono rivolgersi (anche qui prescindendo da pochi, ma significativi casi di palese gestione in “malafede” dell’informazione scientifica). Tuttavia il fatto di essere degli “esperti” del mestiere può talvolta condurre ad un’eccesiva sicurezza nel trattare argomenti anche molto complessi, rischiando una banalizzazione se non interpretazioni erronee di alcuni risultati scientifici (in particolare delle scienze più formalizzate quali la fisica).

In tal senso è sicuramente istruttivo il confrontarsi con altre realtà, quali il giornalismo anglosassone, ove si pone una grande attenzione a verificare con i ricercatori quanto si sta preparando (ad esempio a livello di correzione delle bozze).

In conclusione una stretta collaborazione tra giornalisti scientifici, insegnati e ricercatori è sicuramente fondamentale per giungere ad una corretta divulgazione della scienza volta a rendere la nostra società sufficientemente istruita in ambito scientifico da poter compiere scelte consapevoli e motivate.





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