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DA MIAMI A BARI: L'IMMUNOTERAPIA AMICA DELL'ONCOLOGIA

Tumore e chemioterapia, per anni un binomio imprescindibile, stanno cominciando a prendere strade diverse. Mentre l'infaticabile ricerca in materia oncologica, munendosi di armi più precise sta provando a centrare nuovi bersagli. 

Se n'è discusso a Miami durante il congresso “Targeting the vulnerabilities of Cancer” svoltosi dal 16 al 19 maggio, organizzato dalla American Association for Cancer Research

A tirare le somme è il Professor Giampietro Gasparini, direttore scientifico dell’IRCCS Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, unico italiano a fare tappa negli Stati Uniti, con dati alla mano che rendono ancor più significative le nuove frontiere della medicina e la proteina della morte programmata 1, Pd-1 al centro della scena.


«In particolare - entra nel dettaglio Gasparini -la strada porta dritto al fattore programmed cell death-1 (PD-1), un regolatore negativo del segnale del T Cell Receptor (TCR) espresso dalle cellule immunitarie quali linfociti T e macrofagi. PD-1 blocca l’attivazione dei linfociti T e inibisce la risposta immunitaria al tumore», continua il direttore prima di evidenziare il triplice vantaggio teorico della immunoterapia: «è specifica, induce memoria nelle cellule immunitarie ed è modulabile». Attualmente per il trattamento dei pazienti, sono già disponibili due inibitori specifici di PD-1 in grado di riattivare l’immunità verso le cellule tumorali, per la terapia del melanoma maligno e dei tumori polmonari.

Lungo la strada tracciata dagli studi oncologici presentati a Miami, la grande opportunità terapeutica ha a che fare con l’efficacia di Nivolumab, un anticorpo monoclonale anti-PD-1, nel melanoma maligno, con dati che riguardano l’estensione dell’osservazione dei pazienti a 5 anni dal trattamento. «Lo studio ha riportato una sopravvivenza del 34% a 5 anni. Un risultato mai ottenuto prima d’ora in questo tipo di tumore- esalta il direttore - Nivolumab è stato autorizzato per la terapia del linfoma di Hodgkin refrattario alle cure convenzionali a seguito dei risultati dello studio di Ansell pubblicato su New England Journal of Medicine che ha dimostrato nei 23 pazienti trattati un tasso di efficacia dell’87%. Si tratta del terzo storico risultato ottenuto in questo tumore a seguire le chemioterapie MOPP di De Vita e ABVD di Gianni Bonadonna che hanno costituito lo standard di terapia per tre decenni», continua Gasparini. In concomitanza con il Congresso, l’FDA (Food and Drug Administration) il 18 Maggio ha approvato il farmaco Atezolizumab, altro farmaco per la terapia dei tumori delle vie urinarie e della vescica metastatici, dopo la pubblicazione su Lancet dello studio di fase II di Rosenberg, condotto in oltre 300 pazienti pretrattati con chemioterapia, che ha ottenuto il 26% di risposte positive.

Ma l’entusiasmo lascia spazio anche a una buona dose di cautela. Sebbene ad oggi i risultati ottenuti con i farmaci anti PD-1 siano estremamente promettenti se comparati con quelli ottenibili, in alcuni tumori, con la chemioterapia o la “target therapy” (terapia mirata), restano evidenti alcune criticità e la necessità di ulteriori sviluppi futuri. «Attualmente non disponiamo di fattori predittivi di efficacia validati per ottimizzare la selezione dei pazienti da trattare. In questo contesto nasce la collaborazione tra il nostro Istituto e l’MD Anderson di Houston nell’ambito di uno studio basato sulla genomica», precisa il Professore.

Un secondo rilevante sviluppo di ricerca fa rima con la valutazione delle possibili terapie di combinazione tra inibitori del check-point immunitario e le terapie standard quali chemioterapia e radioterapia ma, soprattutto, con diverse forme di immunoterapia (farmaci anti TIGIT, farmaci anti IDO1, terapia con CAR) o con la “target therapy”. 

Uno step decisivo che dà la stura a promettenti prospettive. «In queste inedite strategie terapeutiche di combinazione, l’Istituto Tumori di Bari parte in prima linea, spinto dalla volontà di trasferire ai pazienti le terapie più innovative ed efficaci possibili», conclude Gasparini.

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