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DALLO SPAZIO UNA PROTEZIONE PER LE RADIAZIONI

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Lo spazio è la nuova frontiera dell’esplorazione umana, forse l’ultimo luogo ancora inesplorato, capace di suscitare sogni ed emozioni. Ma la prospettiva di arrivare e di abitare nuovi mondi si scontra contro molti ostacoli.

Ci sono limiti tecnologici e finanziari, ma quello maggiore è costituito dal nostro organismo, adattato alla vita sulla Terra, ma sprovvisto delle difese necessarie ad affrontare un lungo viaggio spaziale. L’atmosfera terrestre difende il nostro organismo dalle radiazioni cosmiche, particelle energetiche derivanti dallo spazio prodotte da varie fonti, Sole, altre stelle, novae, supernovae e oggetti remoti come quasar.

L’uomo è da sempre soggetto all’azione di radiazioni ionizzanti naturali, dovute sia alla radiazione terrestre sia alla parte di radiazione cosmica che penetra l’atmosfera.

Nelle lunghe permanenze nello spazio, senza la schermatura dell’atmosfera, un uomo assorbirebbe una dose di radiazioni eccessiva che avrebbe ripercussioni più o meno gravi sull’organismo in rapporto alla dose assorbita. Per dare una idea generica delle differenze, almeno relativamente alla dose, sulla Terra (US) è accettata una dose massima di 0.5 rem/anno.

Una radiografia al torace è equivalente a 0.010 rem mentre la missione Apollo 14 (9 gg.) ha registrato una dose di 1.140 rem e la missione Shuttle 41 (8gg.) di 0.6 rem. Come si vede le variabili, anche nell’ambito delle missioni spaziali, sono molteplici dipendendo dalla distanza dalla Terra, dalle eventuali eruzioni solari, dai materiali con i quali sono costruite le navicelle spaziali etc. Per questo motivo la ricerca scientifica, ormai da tempo, ha diretto i suoi sforzi in particolare su due linee di attività: la schermatura fisica e la farmacologia. Ambedue questi filoni di ricerca sono stati oggetto di studio nell’ambito del progetto MoMa dell’Agenzia Spaziale Italiana.

La realizzazione di schermature fisiche è strettamente correlato all’evoluzione tecnologica poiché implica la realizzazione di materiali schermanti leggeri, tali da poter essere utilizzati nella realizzazione di future navicelle, o almeno di parti di esse, che trasporteranno uomini su pianeti lontani.

L’ambito farmacologico è stato affrontato dai ricercatori di MoMa dove stanno utilizzando un enzima, la superossido dismutasi con manganese (MnSOD). Nell'uomo, sono presenti tre forme di superossido dismutasi. Sono enzimi di grande interesse farmacologico per il loro ruolo nella prevenzione di tutte le patologie che coinvolgono danni ossidativi. La ricerca dimostra in particolare che possono essere utili nella prevenzione e nel trattamento dei danni causati da agenti fisici, in particolare dalle radiazioni ionizzanti che generano alti livelli di radicali liberi.

La MnSOD è presente nel citoplasma cellulare ed è un potente antiossidante la cui mancanza è stata messa in relazione a diverse patologie. Tuttavia gli sforzi sino ad ora condotti per ottenere una forma amministrabile di MnSOD sono falliti. Quanto utilizzato a livello sperimentale dal gruppo di Napoli è invece una isoforma specifica che è somministrabile e , veicolata ove necessario, potrebbe avere un effetto protettivo su soggetti esposti a radiazioni.
Come la maggior parte delle ricerche effettuate per applicazioni in ambito spaziale, anche questa porta a delle possibili ricadute per la vita quotidiana. Infatti lo studio effettuato sino ad oggi sui roditori dimostra che l’enzima ha una reale efficacia per la protezione dei soggetti affetti da tumori e trattati con radioterapia.

Questa molecola dunque potrebbe, se i risultati lo confermeranno, essere utilizzata sia in campo spaziale, per la protezione e la sicurezza biologica degli astronauti impegnati in missioni di volo di sempre maggiore durata e distanza dalla Terra, sia in campo terrestre, per la protezione e la sicurezza biologica di individui per qualsiasi motivo esposti, o potenzialmente esposti, ad energie radianti di qualsiasi natura ed intensità.

  1. Epperly, M., Gretton, J., Sikora, C., Jefferson, M., Bernarding, M., Nie, S., & Greenberger, J. (2003). Mitochondrial Localization of Superoxide Dismutase is Required for Decreasing Radiation-Induced Cellular Damage Radiation Research, 160 (5), 568-578 DOI: 10.1667/RR3081
  2. Valko, M., Rhodes, C., Moncol, J., Izakovic, M., & Mazur, M. (2006). Free radicals, metals and antioxidants in oxidative stress-induced cancer Chemico-Biological Interactions, 160 (1), 1-40 DOI: 10.1016/j.cbi.2005.12.009
  3. Activity of a Variant Isoform of Mn Superoxide Dismutase Released by a Human Liposarcoma Cell Line. Int.J.Cancer: 119, 932-943 ;2006
  4. Mancini, A.; Borrelli, A.; Schiattarella, A.; Aloj, L; Aurilio, M.; Morelli, F., Pica, A; Occhiello, A; Lorizio, R.; Mancini, R; Sica, A; Mazzarella, L; Sica, F.; Grieco, P.; Novellino, E.; Pagnozzi, D; Pucci, P; and Rommelaere J. Biophysical and Biochemical Characterization of a Liposarcoma Derived Recombinant MnSOD Protein Acting as Anticancer Agent. Int.J.Cancer : 123, 2684–2695 (2008); 2008
  5. Mancini A.;Garbi C.; D'Armiento, F.; Borrelli A.; and Ambesi-Impiombato F.S. Culture and cloning of an adipocytes cell line from a human liposarcoma. Bolletino dell'Istituto dei Tumori di Napoli.; 38:43-49 ;1991

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