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CIÒ CHE FORSE NON SAPETE SU CHARLES DARWIN


Scoprire cose nuove, studiarle, capirle e divulgarle è uno dei modi più affascinanti per trascorrere il proprio tempo. Così, domenica 28 giugno 2009, di ritorno da qualche giorno trascorso al mare, io e mia moglie abbiamo deciso di deviare per Milano, prima di tornare a Torino. Perché a Milano c’è "Darwin 1809 – 2009", mostra collocata nella rotonda di Via Besana (Via E. Besana 12), aperta dal 4 giugno al 25 ottobre 2009.

È bello entrare a Milano di domenica mattina, viaggiare senza traffico, trovare parcheggio e andare tranquillamente a godersi la mostra. È molto rilassante non avere fretta, e approfittare di una bella giornata di sole per investire il proprio tempo in qualcosa di decisamente interessante, che ci consenta poi di discuterne con amici e conoscenti, evitando finalmente di parlare esclusivamente di banalità come il proprio lavoro, il tempo o la politica.

Mia moglie ha un interesse specifico per Darwin poiché fa la psicoterapeuta cognitivista, io invece ho un interesse più generale, visto che mi piace la scienza e mi occupo di divulgarla. Questo è il motivo per cui sono rimasto particolarmente colpito dalla vita di Darwin, mentre mia moglie ha più apprezzato tutti gli aspetti della teoria dell’evoluzione.

Ciò che forse non sapete su Charles Darwin, ma che potrete apprendere visitando la mostra, è proprio un insieme di elementi della sua vita, molto utili per comprendere il suo lavoro e la sua teoria. D’altronde è molto più semplice accedere alla scienza partendo dagli scienziati, che non dalle loro opere, dai concetti o dai risultati. Tramite la biografia delle persone che hanno fatto avanzare la scienza, è possibile approfondire il lato umano della cultura scientifica, per poi passare più agevolmente a quello tecnico.

E così ho scoperto che a Darwin piaceva più di ogni altra cosa dare la caccia ai coleotteri e che, quand’era ragazzo, alternava le "battute di caccia" a momenti più intimi che trascorreva leggendo libri sotto il tavolo del soggiorno (avete letto bene: si sistemava proprio sotto il tavolo). Solo che spesso non si trattava di libri scolastici, in quanto Darwin mal tollerava l’imposizione dello studio: soprattutto non poteva sopportare il greco e il latino. Preferiva i libri con le classificazioni di animali e piante, in quanto il suo obiettivo era trovare nuove specie, in particolare di coleotteri. Tanto grande era la sua motivazione che un giorno, avendo già catturato due coleotteri, che gli impegnavano entrambe le mani, ne vide un terzo, che non poteva non prendere perché gli sembrava proprio di una specie sconosciuta. Per prendere il terzo decise di liberare una mano infilandosi in bocca il coleottero che gliela occupava. Purtroppo il coleottero imprigionato in bocca decise di difendersi emanando un liquido irritante che obbligò Darwin a sputarlo. Per fare una cosa del genere occorre davvero una motivazione di ferro, e d’altronde Darwin scrisse che non c’erano parole adatte a descrivere la sua gioia quando lesse in un libro di un coleottero "catturato dal Sig. C. Darwin".

Ciò è da collegare al fatto che Darwin non avesse intenzione di seguire la "carriera di famiglia" diventando medico, né amava la matematica: in particolare scrisse che non possedeva un grado di risolutezza sufficiente per capirla. Per due semestri a Cambridge ebbe bisogno di un tutor privato. Quindi prese ripetizioni di matematica! Scrisse che, se si trattava di cacciare coleotteri andava bene, ma la matematica proprio non faceva per lui. Tale limite sarà poi evidente più avanti nella sua vita, quando dovette cercare delle idee che giustificassero il meccanismo di "selezione naturale". Da Malthus trasse l’idea che se la popolazione supera l’ammontare di risorse disponibili, deve necessariamente accadere qualcosa che riporti un equilibrio fra quantità delle persone e quantità di risorse alimentari (e di spazio). Questo "qualcosa" per Malthus era una guerra, una carestia o un’epidemia. In ogni caso Darwin si tenne alla larga da numeri e grafici della teoria di Malthus, per studiare soltanto il meccanismo concettuale.

Quando Darwin ebbe la possibilità di partire con il brigantino Beagle in giro per il mondo, il padre gli disse che non se ne parlava neanche, perché la sua carriera era fare il tranquillo curato di campagna (quest’altra strada fu più accettabile da parte di Darwin in quanto pensò che, fuori dalla parrocchia, si sarebbe divertito a dare la caccia ai coleotteri). Fortunatamente il padre aggiunse che avrebbe ascoltato delle obiezioni al suo divieto di partire, solo se provenienti da una persona affidabile. Così Darwin chiese aiuto allo zio, il quale convinse il padre. E Darwin partì.

Naturalmente Darwin non trovò parole per descrivere la bellezza dei nuovi mondi, spesso incontaminati, che si trovò a visitare. Scrisse che occorreva andarci per capire quanto la natura può essere affascinante e quante specie animali e vegetali esistono. Ma occorre anche evidenziare il rovescio della medaglia: ad es. che egli fu costretto a dormire (sulla nave) su un’amaca in uno spazio molto ristretto, peraltro condiviso con altri. Inoltre doveva procurarsi il cibo su isole in cui non esistevano ristoranti. Lo faceva ad esempio catturando armadilli per arrostirli sul fuoco. Scrisse, a tal proposito, che un armadillo non basta per soddisfare due uomini a pranzo e a cena.

Infine, quando elaborò la sua teoria, aspettò molti anni prima di pubblicarla. In ciò fu molto accorto: considerò sia la prevedibile resistenza della Chiesa, sia la propria credibilità come scienziato e attese di avere numerosissime prove prima di ritenere che la teoria fosse completa. Soprattutto si premurò, già mentre era in viaggio, di mandare esemplari di piante e animali a vari scienziati. In questo modo accrebbe la propria importanza come "ricercatore sul campo" (come si direbbe oggi). Poi trascorse molto tempo a raffinare la teoria e la fece trapelare poco a poco, destinandola a pochi soggetti nei quali riponeva fiducia. A tal proposito, scrisse che gli sembrava di confessare un omicidio, tanto era rivoluzionario ciò che stava per rivelare al mondo.

Una mostra senza dubbio affascinante, tanto che non si capisce come mai le scienze naturali non godano più del favore del grande pubblico. Eppure negli anni Venti dell’Ottocento, migliaia di persone (non addette ai lavori) leggevano, ad esempio, i primi studi di geologia. Ho discusso di questo aspetto con mia moglie, che mi ha fatto notare come matematica e fisica siano le discipline più diffuse in tutte le tipologie di scuole superiori: questo è il motivo per cui, nell’ambito della divulgazione scientifica, sono proprio i libri di matematica e fisica che occupano il primo e il secondo posto nelle classifiche di vendita. Al contrario, i libri sulle scienze naturali sono collocati agli ultimi posti, proprio perché – in generale – le persone non hanno quel minimo di preparazione scolastica che consentirebbe un accesso facilitato alla lettura. Tuttavia sono convinto che sia possibile suscitare l’interesse dei lettori anche per le scienze della Terra: basta scriverne partendo da zero, ovvero dal principio, narrando le gesta di quegli uomini che, tassello dopo tassello, hanno consentito il progresso delle conoscenze sul nostro pianeta.



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