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LE SCIENZE DELLO SPAZIO NELLA DIDATTICA DELLE SCIENZE

Il manifesto per una nuova didattica delle scienze [prima parte].

Il primo luogo dove fare divulgazione scientifica dovrebbe essere la scuola. Prima ancora di parlare di didattica delle scienze fisiche, matematiche e naturali, occorrerebbe divulgare, ovvero idea dopo idea raccontare in modo semplice agli studenti di ogni ordine e grado, prima ancora della lezione vera e propria, le tappe dell’uomo lungo il cammino della conoscenza. Così, se da parte di qualcuno non ci fosse troppo trasporto verso le materie scientifiche, rimarrebbe almeno la consapevolezza dell’importanza che la scienza ha e deve continuare ad avere in campo sociale ed umano. Forse, a quel punto, potremmo sperare finalmente in una generazione che non chieda: “… ma a me, la matematica cosa serve?”

Facciamo una premessa. Sintetizzando in un modo un po’ inusuale le tappe significative della conoscenza negli ultimi seicento anni di evoluzione del sapere, possiamo dire che la Terra non è piatta, che il nostro mondo non è al centro dell’Universo, che sulla Terra la vita è comparsa inizialmente allo stato unicellulare e pensiamo che l’evoluzione abbia fatto il resto. Riteniamo poi che l’intelligenza è il principale risultato dell’evoluzione e che la psiche è la sede dell’Io, ma non abbiamo riflettuto forse abbastanza sulla natura della vita e su ogni particolare della sua evoluzione.

Dobbiamo riconoscere che l’Uomo e la vita in genere dipendono dall’esistenza del DNA, una macromolecola che racchiude e conserva il codice genetico e che fa di ogni essere un individuo unico. Se per assurdo il DNA e le molecole che stanno alla base del suo meccanismo di replicazione, non si fossero formate all’interno della calda atmosfera del nostro neonato pianeta a partire da molecole organiche elementari, a loro volta formate principalmente da idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno, e se anche i nuclei degli atomi non fossero stati prodotti nel bruciamento dell’idrogeno di stelle super-massicce, né la vita, né tanto meno l’uomo, la sua intelligenza e l’Io avrebbero mai potuto aver origine.

Generalizzando questa considerazione e sulla base delle nostre attuali conoscenze, dobbiamo ammettere che anche se sino ad ora non abbiamo ancora individuato vita extraterrestre, è plausibile che quanto è accaduto nel Sistema Solare sia accaduto o accadrà anche in altri sistemi stellari, in altre galassie, producendo forme di vita che anche se di differente complessità ed evoluzione, valutabile solo in base al tempo trascorso dalla sua comparsa, rappresentano l’ultima tappa di una catena evolutiva che porta attraverso l’evoluzione su scala macroscopica della materia, alla vita non come sottoprodotto, effetto collaterale, ma come fine ultimo dell’evoluzione dell’Universo.

L’osservazione mediante L’Hubble Space Telescope di galassie tanto lontane quanto antiche, ci ha permesso di ricostruire la storia visibile del nostro Universo, permettendoci di comprendere che quanto presumibilmente è accaduto nel passato in questo angolo della nostra galassia non è cosa eccezionale ma è regola. Attualmente, centinaia di migliaia di stelle sono visibilmente in formazione nella nostra galassia e altrettante lo sono in altre galassie, miglia di sistemi planetari sono osservabili in differenti stati evolutivi e altrettanti non visibili, sono invece rilevabili attraverso l’osservazione dell’oscillazione del centro di massa stellare durante il moto di rivoluzione dei pianeti intorno al proprio astro o mediante la parziale riduzione della luminosità dovuta al transito dei pianeti davanti al disco stellare. La scoperta di meccanismi di formazione di acqua e di molecole complesse prebiotiche in nubi cosmiche come la nebulosa di Orione, dove moltissime stelle sono in formazione e altrettante sono quelle da poco entrate in sequenza principale, è cosa comune e mette in evidenza come la formazione della molecola di DNA non sia altro che un effetto evolutivo successivo, un evento naturale quasi ineluttabile, dovuto a condizioni ambientali favorevoli non uniche, prodottesi sulla superficie del nostro pianeta. Condizioni che potrebbero essersi prodotte o potrebbero nuovamente prodursi anche sulla superficie di migliaia di altri pianeti.

Parlando di origine della vita, non si può perciò prescindere dal considerare le condizioni ambientali che hanno influito sulla sua successiva evoluzione. Cominciando dall’analisi della storia del nostro pianeta, che perlomeno dal punto di vista planetario non può essere dissimile da quella di altri pianeti, mutamenti climatici, eventi catastrofici come l’impatto con asteroidi, hanno sicuramente condizionato l’evoluzione delle specie viventi sulla Terra, favorendone alcune a discapito di altre. In ogni caso la vita risultante è il prodotto su scala planetaria di eventi fisici successivi che hanno lasciato il loro segno nell’evoluzione del nostro DNA e pertanto non possono essere ignorati.

La conoscenza scientifica deve essere soprattutto rivolta ad apprendere la natura della propria specie e dell’ambiente che ci circonda, a comprendere le origini della vita e la storia della sua evoluzione. La scuola oggi si dedica all’insegnamento della letteratura, della storia umana, delle arti e delle scienze, tralasciando però di considerare il contesto nel quale la vita è stata originata e si è successivamente evoluta.
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(continua domani)
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1 commento

Anonimo ha detto...

Come non essere d'accordo con il contenuto di questo articolo, prof. Auci?

Divulgare a scuola le tappe dell'uomo lungo il cammino della conoscenza è una condizione indispensabile per ingenerare interesse e motivazione.
La storia dell'uomo coincide con il cammino della conoscenza e trasmettere questa realtà ai ragazzi è stimolare l'insorgere di domande piene di senso.

Grazie prof. per questi input e per valorizzare l'umanesimo della Scienza