Header Ads

"FERROVIE DEL MESSICO": UN ROMANZO D'AVVENTURA DI GIAN MARCO GRIFFI

"Ferrovie del Messico" è un romanzo strano, difficilmente classificabile. Dal sottotitolo risulta "un romanzo d'avventura", ma pare più un'opera enciclopedica - come evidenzia anche Marco Drago nella postfazione - non tanto per la lunghezza (si tratta comunque di ben 816 pagine), ma più per la quantità di storie, ramificazioni, deviazioni, divagazioni, dettagli estremamente precisi innestati su una trama che di per sé sarebbe semplice e potrebbe occupare non più di 200 pagine. 

In principio c'è un mistero da risolvere, che attrae il lettore: per quale motivo al protagonista Cesco Magetti giunge l'ordine di redigere una mappa dettagliata delle ferrovie del Messico? Poi la trama si sviluppa in una bella scrittura, caratterizzata da un mix equilibrato - e molto ben riuscito - di lirismo ed ironia. Non a caso sulla quarta di copertina si legge: "Essere lirici e ironici è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta", citazione tratta da pagina 361, una pagina che può essere considerata una chiave di lettura del romanzo.

Ogni lettore trova in un'opera echi letterari di ciò che ha letto in passato. Io ho trovato alcune parti del romanzo molto simili alla prosa poetica di Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso ed Allen Ginsberg: l'autore pare non dire niente in particolare, come se non succedesse niente, ma va bene così, non è necessario che succeda sempre qualcosa (naturalmente Stephen King non ne sarebbe entusiasta) e questa condizione - trasmessa al lettore - riesce a calmarlo. Ci sono poi altre parti che riecheggiano le figure di Don Chisciotte e Sancho Panza.

In particolare una parte del romanzo non è proprio facile da superare: si tratta di pagine di sperimentazione linguistica in linguaggio "zerga". E devo dirlo francamente: in almeno quattro occasioni ero piuttosto convinto della necessità di interrompere definitivamente la lettura del libro. Eppure poi ho ripreso e sono arrivato alla fine, e ritengo che ne sia valsa la pena. Infatti ci si può facilmente abituare anche ad un testo fatto essenzialmente di versi in prosa - talvolta evanescenti, talaltra solidi, concreti e spesso potenti. Credo che "Ferrovie del Messico" sia un libro fatto di poesia e tratti anche la poesia. Forse non è un'opera per lettori di altri tipi di romanzi, che magari in quest'opera potrebbero perdere la pazienza per una pagina intera in cui non c'è neanche un punto. Però poi quella pagina si legge bene e - soprattutto - non si smette di leggere.

Altre caratteristiche del libro di Gian Marco Griffi sono senz'altro un certo tipo di comicità, parecchio senso del grottesco e caricatura per svelare l'intimità dei personaggi. E' Griffi stesso, a pagina 544, a svelare un angolo della sua arte: "C'è del bello, in tutto ciò, c'è l'ironia della sorte, il comico, il grottesco, il crudele (...)". 

Il già citato protagonista, Cesco Magetti, deve andare con urgenza dal dentista già a pagina 1, ma finisce per andarci a pagina 497. D'altronde anche il mal di denti è una chiave di lettura dell'opera, che comincia con una citazione di W. Shakespeare: "giacché nessun filosofo seppe mai sopportare stoicamente nemmeno il più banale mal di denti". Una cosa è certa: se arrivate a pagina 500 non potrete più smettere di leggere, perché sarete giunti sulla cima, e il resto sarà una velocissima discesa verso la rivelazione dell'intreccio narrativo, con tanto di colpi di scena finali.  

Ferrovie del Messico

scritto da Gian Marco Griffi

e pubblicato da Laurana Editore

nella collana Fremen

curata da Giulio Mozzi


Walter Caputo

Divulgatore scientifico dal 2008

Nessun commento