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KARL PEARSON: IL MATEMATICO CHE SPERIMENTAVA CON GLI SCELLINI E SCOPRIVA LA FALLACIA DI MONTE CARLO


I giochi sono da sempre un campo di sperimentazione privilegiato per matematici, fisici e intellettuali in genere. Le menti creative sembrano essere incredibilmente attratte dai loro aspetti non propriamente ludici.

Blaise Pascal e la roulette, Edward O.Thorpe e il blacjack, John Nash e il poker o ancora il famoso e drammatico personaggio di Aleksej Ivanovich ne Il giocatore di Dostoevskij. Sono solo alcuni esempi di una relazione che da sempre ha affascinato il grande pubblico, ma al di là delle facili drammatizzazioni letterarie o cinematografiche ci sono stati casi in cui lo scienziato di turno ha deciso con severità e metodo di affrontare in una battaglia della ragione, metodica e scrupolosa la Fortuna e il Caso.

Karl Pearson fu un matematico britannico vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo. A lui si deve la nascita della statistica come scienza e non poteva essere altrimenti vista la sua proverbiale ossessione per i numeri e le sequenze numeriche. Non era di certo un monomaniaco, appassionato di viaggi, di ricerche storiche, di poesia e filosofia, ma di certo quando si metteva in testa di ottenere un risultato scientifico procedeva con una determinazione e intransigenza marziali.

I suoi studi sulle sequenze numeriche casuali lo portarono durante le ferie estive a lanciare uno scellino per ben venticinquemila volte con l'obiettivo di verificarne il risultato poi annotato diligentemente su di un taccuino. Non del tutto soddisfatto convinse un collega a lanciare un penny per oltre ottomila volte a ad estrarre ripetutamente da una borsa i numeri del lotto.

La sua ossessione nasceva dal desiderio profondo di comprendere i fenomeni casuali e la conoscenza di questi non poteva non prescindere dall'acquisizione del maggior numero di dati. Fu così che l'attenzione di Pearson si spostò verso il laboratorio per eccellenza in cui avrebbe potuto ottenere il maggior numero possibile di informazioni: le roulette del casinò di Monte Carlo.

Per comprendere la complessità della pista seguita dal matematico britannico basti sapere che le regole della roulette prevedono una ruota di 37 caselle (38 per quella americana) alternate nei colori rosso e nero. Verde per lo zero. Le combinazioni di puntata sono svariate e ad ognuna corrisponde una determinata quotazione. La percentuale di vincita del banco è stabilita su base matematica al 2,7 per cento, per quella americana al 5,3 per cento.

Pearson decise di concentrare la sua indagine sulle sequenze di uscita del rosso e del nero. Fortunatamente per lui e per il suo lavoro il giornale Le Monaco pubblicava un resoconto settimanale delle uscite. Sarebbe stato infatti impossibile convincere la sua Università a fornirgli i fondi necessari ad un'indagine sul campo.

Analizzò i risultati delle roulette del Casinò di Monte Carlo per un arco di quattro settimane sperando di avere tra le mani un campione abbastanza ampio di risultati casuali. Quello che scoprì fu una discrepanza minima nelle uscite del rosso e del nero, leggermente a favore del primo, ma nulla di insolito. Ciò che destò invece il suo interesse furono le frequenze di uscita dei colori, passione ed ossessione di ogni giocatore.

La sera del 18 Agosto 1913 ad esempio il colore nero uscì per ben dieci volte di seguito. Risultato? Una corsa frenetica a puntare sul rosso e ad ogni uscita successiva del nero le puntate continuavano a crescere di valore.
La sequenza di neri proseguì per ben venticinque volte, dando origine al famoso pregiudizio noto come fallacia di Monte Carlo, nota anche come fallacia dello scommettitore. Come Pearson sapeva bene, infatti, in una ruota casuale il risultato di ogni lancio è del tutto indipendente da quello precedente.

Il casinò di Monte Carlo  riservò a Pearson anche altre sorprese. Sorprese amare. Quando andò ad analizzare le frequenze di uscita di singoli lanci, cioè intervalli di tre rossi o due neri ad esempio, si accorse che questa sequenza non corrispondeva a quella che ci si sarebbe aspettati da una ruota casuale. Pensò ad alterazioni o distorsioni della ruota stessa che rendevano pertanto quell'insolito laboratorio non più adatto alle sue ricerche.

Per lui i risultati del casinò diventarono del tutto inaffidabili, arrivò perfino a pretenderne la chiusura e a dirottarne le risorse ai laboratori scientifici.
La nota ironica di tutto questo fu che non il caso, ma giornalisti pigri inficiarono i risultati di Pearson. Avevano infatti pensato bene di alleggerirsi il lavoro inventandosi di sana pianta le sequenze di uscita.

Chissà come avrebbe reagito Pearson se solo avesse saputo di avere dei “collaboratori” così inaffidabili!


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