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SCOPERTI I LIMITI DI FORMA E FUNZIONE DELLE PIANTE

Su Nature, in un lavoro internazionale svolto in collaborazione con la Statale di Milano, il più completo dataset di caratteri funzionali vegetali mai assemblato a livello mondiale dimostra che le forme e le funzioni delle piante tendono a combinarsi tra loro secondo poche modalità comuni.

Piante sotto studio in laboratorio - Shutterstock


Le piante oggi esistenti rappresentano tutte le combinazioni teoricamente possibili di struttura e funzione al fine di assicurare crescita, sopravvivenza e riproduzione? Per rispondere a questa domanda un team internazionale di 14 paesi, guidato dalla scienziata argentina Sandra Díaz e che ha coinvolto l'Università di Milano (il dottore Simon Pierce del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali), ha analizzato il più completo dataset di caratteri funzionali vegetali mai assemblato a livello mondiale, con piante che vanno da Arabidopsis a Araucaria, dal rovo al noce del Brasile, dalla canapa a Hakea, da Sedum a Sequoia, dal crescione d’acqua alle acacie.

In un articolo pubblicato sulla rivista Nature durante il periodo Natalizio, gli autori hanno trovato che gli aspetti fondamentali della forma e la funzione della piante, come ad esempio le dimensioni delle piante intere, delle loro foglie e dei loro semi, ma anche le proprietà fisiche e chimiche dei loro tessuti, tendono a combinarsi tra di loro secondo poche modalità comuni. Se si pensa alla grande diversità della piante vascolari esistente sulla Terra come ad un volume occupato nello spazio, questo volume appare sorprendentemente piccolo e piatto rispetto alla gamma di possibilità che si determinerebbe se i loro caratteri variassero indipendentemente – così come la Via Lattea non è una nuvola informe, ma all’opposto assomiglia più ad un disco. Tre quarti della variabilità di questo ‘iperspazio’ è concentrata in uno 'spettro globale di forme e funzioni delle piante' bi-dimensionale. All'interno di questo spettro, una dimensione principale riflette le dimensioni delle piante intere e delle loro parti; l'altra rappresenta la qualità e i ‘costi’ di costruzione dei tessuti fotosintetici, e porta da foglie sottili di basso costo e di alta produttività a foglie 'conservatrici', costose da costruire, fisicamente robuste e più resistenti alla siccità o agli erbivori.

Alcune combinazioni di caratteri sarebbero fisicamente impraticabili, ad esempio semi estremamente grandi non possono essere sostenuti da una pianta minuscola. Ma alcune combinazioni possibili, dal punto di vista biofisico, sono comunque rare o assenti, mentre altre sono estremamente comuni, anche tra specie con un’ascendenza molto diversa. Ciò comporta un'occupazione altamente irregolare dello spettro. Alcune aree ‘calde’ sono affollate da specie che convergono nella loro combinazioni di caratteri, mentre in altre aree ‘fredde’ queste sono piuttosto scarse. “Le piante che ora vivono sulla Terra sono i vincitori. Se uno potesse fare lo stesso esercizio con le piante che vivevano in un lontano passato, il tutto avrebbe potuto apparire abbastanza differente. Sarà affascinante chiedersi come il filtraggio ecologico e l'evoluzione daranno forma ulteriore allo spazio funzionale delle piante sulla Terra, in particolare di fronte ai rapidi cambiamenti su larga scala dell’uso del suolo e del clima", dice Sandra Díaz, dal CONICET presso l'Universidad Nacional de Córdoba, Argentina.

La ricerca di semplici modelli ricorrenti di specializzazione su cui è basata la grande diversità delle piante vascolari della Terra è stata un'area di ricerca attiva per tutto il XX secolo. "Tuttavia, è solo ora che possiamo testare queste idee su scala globale", dice Jens Kattge, il coordinatore dell'iniziativa internazionale che ha reso possibile l’assemblaggio del dataset. "Con sforzi di cooperazione a livello mondiale, come ad esempio la banca dati TRY, è diventata una realtà".

Ian Wright della Macquarie University, in Australia, aggiunge: "Un'importante applicazione dello spettro globale di forme e funzioni delle piante sarà quella di aiutarci a comprendere gli aspetti ecologici dell'evoluzione vegetale dal passato remoto al presente e nel futuro. Essa consentirà inoltre una rappresentazione più realistica della diversità vegetale per la ‘prossima generazione’ di modelli globali della vegetazione utilizzati per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’uso del suolo sugli ecosistemi di tutto il mondo". Simon Pierce, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano, aggiunge, "capire quali combinazioni di caratteri vegetali sono possibili ci aiuta a capire come parametri economicamente importanti, come la resa in semi e la produzione di biomassa vegetativa, si influenzano reciprocamente, ed i limiti naturali di questi caratteri nel mondo vegetale". Hans Cornelissen della Vrije University di Amsterdam dice: "Ciò che trovo eccitante di questo spettro globale dei caratteri delle piante è che ora possiamo vedere come ciascuna specie si colloca funzionalmente rispetto al resto del mondo vegetale. Trovo sorprendente che il sambuco, un arbusto molto comune, sia proprio nel cuore del piano galattico definito dai caratteri, mentre una specie tanto amata dai genetisti, l'Arabidopsis thaliana, è ai margini dello spettro, molto lontano dall'essere rappresentativa della flora mondiale." Inoltre, "dato che forme e funzione delle piante influenzano criticamente gli effetti della vegetazione sulle dinamiche di sequestro del carbonio o della fertilità del suolo, questi risultati possono avere profonde implicazioni per il funzionamento degli ecosistemi, ora e in futuro", commenta Sandra Lavorel del CNRS, Grenoble, Francia. “Ora che possediamo un potente strumento di classificazione funzionale delle piante, bisogna subito rimettersi al lavoro, trasferendosi al livello degli ecosistemi. Solo così potremo avere una realistica valutazione dei servizi ecosistemici offerti dalle comunità vegetali come la capacità di produrre biomassa anche per altri organismi, uomo compreso, di depurare l’acqua e l’aria, di regolare il clima, e di offrire un ambiente esteticamente e culturalmente valido” commenta Bruno Cerabolini dell’Università degli Studi dell’Insubria, Varese.


Nature, doi:10.1038/nature16489 (2015) 

Sandra Díaz è direttrice del Núcleo DiverSus at Instituto Multidisciplinario de Biología Vegetal (IMBIV), CONICET e FCEFyN, Universidad Nacional de Córdoba, Casilla de Correo 495, 5000 Córdoba, Argentina 

Simon Pierce è ricercatore confermato del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia (DiSAA), Università degli Studi di Milano 

Bruno E.L. Cerabolini è professore associato di Botanica Ambientale del Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate (DiSTA) dell’Università degli Studi dell’Insubria 

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