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SPAZIO 1999: IL DESIGN ITALIANO AMATO DAGLI ALIENI

Molti tra coloro che sono nati XX secolo si ricorderanno Spazio 1999, una serie televisiva italo-britannica di fantascienza ideata nel 1973 da Gerry e Sylvia Anderson, su un evento apocalittico in un profetico fine millennio, a scapito della nostra Luna, scardinata dall'orbita terrestre.
La prima stagione fu realizzata tra la fine del 1973 e l'inizio del 1975, in coproduzione della britannica ITC e l'italiana Rai.

 

La storia si sviluppa a partire da un evento catastrofico iniziale: è il 9 settembre 1999 (data estremamente futuristica all'epoca). Il comandante John Koenig (Martin Landau) prende il comando della base lunare Alpha con lo scopo di fare nuove scoperte scientifiche sulla Luna, ma poco dopo viene avvertito che nel lato oscuro del satellite terrestre, ovvero quello non visibile dalla Terra, vi sono delle scorie nucleari instabili, le quali il 13 settembre 1999 producono una forte esplosione che scardina la Luna dall'orbita terrestre. Questo evento porterà la Luna a vagare nel cosmo e a venire in contatto con popolazioni aliene.

Molto interessante e da non sottovalutare per il periodo è l'accuratezza con cui sono stati studiati gli interni, a parte una forte presenza di elementi di design, molti degli arredi più architettonici sono stati disegnati apposta e in scala; inoltre, ad esempio il Moon Buggy, cioè uno dei veicoli usati per spostarsi dagli Alphani, è stato costruito in scala 1:1.

ANCHE GLI ALIENI APPREZZANO IL DESIGN ITALIANO

Per allestire gli interni sono stati coinvolti i migliori oggetti di interior design dell'epoca: Joe Colombo, Gae Aulenti, Eero Aarnio, Pierre Paulin, Richard Sapper, per citarne alcuni.   

La cosa divertente, agli occhi dell'esperto di design, è che anche le astronavi aliene erano "arredate" secondo i gusti estetici dell'epoca che introdussero lo stile spaziale Siamo infatti ai tempi di "2001 Odissea nello Spazio", "Barbarella" e dell’allunaggio dell’Apollo 11. E anche nella moda Paco Rabanne e Pierre Cardin furono i pionieri dello stile spaziale nella moda: i vestiti di metallofuturistici di Rabanne, confezionati con ganci, occhielli e pinze al posto di ago e filo, vestirono le eroine 007 di quegli anni. Le placche di metallo e plastica volevano testimoniare una nuova e irraggiungibile femminilità.

Vediamo alcuni di questi favolosi oggetti di design.




Poltrona Elda di Joe Colombo, 1963. Prodotta da Vitra. Seduta in fibra di vetro ABS sia per la base che per la scocca, corpo unico a forma di conchiglia; grazie alla forma particolarmente futurista e ai sette diversi cuscini anatomici interni, l'isolamento acustico è assicurato. All'interno della base vi è un dispositivo di rotazione a 360°. Elda prende il nome dalla moglie del designer milanese che per molti anni studiò soluzioni particolari per l'epoca: fu tra i primi a sperimentare un nuovo materiale, la plastica. In seguito, focalizzò la propria attenzione su tutto ciò che era di uso quotidiano, partendo dai mobili contenitori fino ad arrivare alla sperimentazione più azzardata: microambienti integrati. Tra questi è da ricordare il suo "Habitat del futuro Visiona" esposto alla mostra Visiona della Bayer nel 1969, che presentava un interno da era spaziale in cui i mobili si trasmutavano in elementi strutturali e viceversa.





Seduta Pastil di Eero Aarnio, 1967-1968. Prodotta da Adelta. Struttura in poliestere lavorato con stampi e rinforzato con fibra di vetro (vetroresina). Il modello Pastille è detto anche "Gyro", esso si configura come un'interpretazione del tutto nuova della sedia basculante. Di forma organica, illustra chiaramente il raffinato approccio di numerosi designers scandinavi ai materiali sintetici. Progettata sia per interni che per esterni, nel 1968 la Pastille vinse l'American Industrial Award, e il New York Times scrisse a riguardo: "la forma confortevole abbraccia perfettamente il corpo umano"; ciò confermò lo spirito tipico degli anni '60 caratterizzato da forme visibilmente stimolanti ispirate all'era spaziale. Una curiosità: il primo prototipo fu fatto in polistirolo per poter così verificare le misure, l'ergonomia e la capacità del dondolo.





Sedia Ribbon, modello n.582 di Pierre Paulin, 1965. Prodotta da Artifort. Foglio di caucciù teso su un'intelaiatura di tubi metallici curvati, imbottitura in schiuma di lattice con fodera in tessuto, base in legno laccato. La forte plasticità delle forme rende la Ribbon una poltroncina tra le confortevoli mai disegnate, anche perchè essa permette di assumere svariate posizioni su di essa, grazie alla sua forma a "nastro" che garantisce sempre un adeguato sostegno. Una peculiarità di Paulin è l'audacia dei suoi progetti, infatti egli stesso diceva: " una sedia dovrebbe essere più che funzionale, quindi anche: amichevole, divertente e colorata".



Lampada da pavimento Pileo di Gae Aulenti, 1972. Prodotta da Artemide. Base e paralume in metallo smaltato su supporto in ABS con accessori in gomma, altezza 140 cm. Pileo è stata disegnata per una famosa azienda milanese che produce modernissime lampade. Essa in collaborazione intelligente con i maggiori designer ha reso Milano la mecca del design creativo. Le forme della lampada sono geometricamente pure, ricavate da due figure di base: il cilindro e la sfera. Il tratto peculiare ed ingegnoso della lampada è il paralume concepito come visiera di un casco spaziale, che offre molteplici possibilità di modulazione della luce.





Lampada da tavolo Tizio di Richard Sapper, 1972. Prodotta da Artemide. Base e bracci in alluminio smaltato, testa con accessori in plastica, altezza 120 cm. Grazie alla sua retorica ostentatamente high-tech, l'iconica lampada da lavoro Tizio ha goduto di un'immensa popolarità negli anni '80, quando era considerata un must. Il suo successo commerciale, tuttavia, non si fondava soltanto su ragioni stilistiche: con la testa inclinabile e i braci squisitamente controbilanciati che conducono la corrente a basso voltaggio, la Tizio ha infatti tagliato un importante traguardo tecnico, un merito riconosciutole nel 1979 con l'attribuzione del Compasso d'Oro. Nei primi anni '90 sono state immesse sul mercato una versione più piccola e una più grande.

Si ringrazia per i testi l'Interior Designer Claudia Terzaghi



1 commento

Anonimo ha detto...

Grazie dell'articolo che valorizza la presenza sui set della serie Space:1999 di queste opere. Ho amato e amo Space:1999 e grazie ad esso ho conosciuto queste realtà. Tra anni fa mia moglie mi ha regalato la lampada "sorella" di Rodolfo Bonetto che appare anch'essa nella serie Space:1999.
Grazie e saluti.
Andrea