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LA PICCOLA MINIERA DI PORTO AZZURRO (ISOLA D'ELBA)

In attesa del trenino
Porto Azzurro, Isola d'Elba, 30 luglio 2014. Abbiamo appena varcato la soglia della Piccola Miniera e stiamo aspettando di prendere il trenino che ci condurrà all'interno di un ambiente minerario (riprodotto).

Durante la visita, all'interno della miniera, si fa una prima sosta presso un cantiere di coltivazione del ferro, dove – fra ematite e limonite – è collocata una perforatrice idropneumatica. Serve a fare buchi per piazzare le cariche esplosive, dice la voce registrata.

Segue un cantiere di coltivazione della pirite, definita dai minatori elbani con il nomignolo di “oro pazzo”. A differenza dell'oro, fino agli anni '40 la pirite non aveva molti utilizzi. Poi si scoprì che da essa si poteva ottenere l'acido solforico. La pirite deve il suo nome al fatto di produrre scintille se percossa.

Pirite

Il lavoro e la vita dei minatori scorrono sotto gli occhi dei turisti: dopo l'esplosione si fa la ripiena caricando con la pala meccanica, poi – con una volata di mine – si ottiene una cavità di proseguimento della galleria.

La sorpresa sopraggiunge di fronte ad una grotta di stalattiti e stalagmiti di carbonato di calcio. Tali grotte venivano chiamate cravatte perché strozzavano la circolazione dell'aria.
Proseguiamo sul trenino, seguendo con lo sguardo le pareti (dette batacchi), mentre il soffitto è l'unione di una serie di “quadri”.
Grotta di stalattiti e stalagmiti

Ecco il cantiere del carbosilicato di rame, minerale molto importante per l'estrazione del rame, considerando che già gli Etruschi lo utilizzavano per realizzare armi, vettovaglie e monili. Anche i Romani si comportarono nello stesso modo, finché passarono al ferro, più adatto per costruire armi.

Alla fine del tour nella piccola miniera, dopo “Santa Barbara” ovvero il deposito degli esplosivi, vediamo una serie di minerali tipici dell'Isola d'Elba: aragonite, ghetite, ematite, gesso, pirite, biossido di manganese (eurite), calcopirite, quarzo, malachite, ametista, calcite, limonite, fluorite, diaspro e tormalina.

Ma la Piccola Miniera di Porto Azzurro non è finita qui. Appena scesi dal trenino ci dirigiamo verso il Museo Etrusco, che è innanzitutto una raccolta di splendidi minerali. Essi sono esposti in esemplari di medie e grandi dimensioni, in modo tale che sia possibile apprezzarne le perfette forme geometriche (infatti gran parte dei minerali assume forma cristallina) e i colori, talvolta vivi (come il verde della malachite o l'azzurro di una tipologia di aragonite) e talaltra nerissimi.

Molto interessante è proprio l'aragonite azzurra, tipica del vallone di Capoliveri, in quanto in realtà si tratta di calcite, che è bianca e non ha un fascino particolare. Ma, quando la calcite si forma in presenza di sali di rame, ecco che diventa aragonite azzurra.

Aragonite azzurra

Non manca la caratteristica Ilvaite (Ilva è il nome antico di Elba) di colore nero tendente al bruno per alterazione, con lucentezza semimetallica. E' piuttosto fragile: manipolando leggermente un piccolo campione è facile vedere – sul palmo della mano – dei residui neri.

Ilvaite

I minerali hanno un fascino particolare e non sono pochi gli appassionati ricercatori e classificatori. Tuttavia, forse per colpire l'immaginario dei più insensibili, è stata predisposta anche una sala in cui i minerali si presentano con una fluorescenza colorata, quasi pischedelica direi.

Barite, Calcite, Fluorite.....
Di assoluto rilievo è la riproduzione di un tratto minerario. Mi sono fermato un po' a guardarla: per la precisione, per la cura dei dettagli ed anche perché è una riproduzione di un pezzo di storia dell'Isola d'Elba. E' opera di Emilio Giacomelli, che è l'artigiano – deceduto nel 2008 – a cui si deve praticamente tutto ciò che sto osservando. Fortunatamente riesco a parlare con sua moglie, Anna Maria, anche grazie all'aiuto di Luigina Pugno che intanto si occupa di foto e video.

Riproduzione di un tratto
minerario (di E. Giacomelli)
Emilio Giacomelli ha costruito le macchine che ora sono presenti nel laboratorio: il 60% di tutti i prodotti esposti nel negozio specializzato in pietre dure provengono da una lavorazione effettuata proprio grazie a quelle macchine. Infatti durante l'inverno la Piccola Miniera, costituita dalla miniera, dal museo, dal laboratorio e dal negozio, è chiusa e il personale si dedica alla produzione di pietre che vengono incastonate in anelli, orecchini, collane o comunque vendute in varie forme, confezioni e dimensioni.

Durante l'estate la Piccola Miniera si dedica alla vendita della propria produzione ed anche di quanto viene acquistato per essere rivenduto ed accoglie quindi un massiccio flusso di turisti, interessati innanzitutto a scoprire i misteri dei minerali.

Un'opera di Emilio Giacomelli
In esposizione si trovano anche pezzi unici. Ad esempio un giorno Emilio Giacomelli aveva in mano un pezzetto di rodocrosite e non sapeva bene cosa farsene. Notò che un uomo lo fissava insistentemente e decise di riprodurre sul minerale il volto di quell'uomo. Il risultato è l'opera d'arte che potete ammirare nella foto.

In un'altra occasione riuscì a realizzare il quadrante di un orologio, semplicemente guardandolo, ma senza prendere le misure. Molti lavori li faceva ad occhio, e i risultati erano sempre notevoli. Il minerale che gli piaceva di più era la malachite.

E a proposito di malachite, potete osservare nel video (girato da Luigina Pugno) come Babacar Niang, dello staff della Piccola Miniera, riesca a realizzare un anello a partire da un pezzo grezzo di malachite. Procede prima con il taglio, poi con la mola per modellare un ovale e infine con la lucidatura.



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