Header Ads


IL CERVELLO DA SEI MILIONI DI DOLLARI

di Roberto Bovolenta

Un team di scienziati italiani delle Università di Anversa e Trieste ha portato a termine con successo un esperimento in cui alcune cellule nervose sono state collegate a nanotubi di carbonio, favorendo così un incremento del messaggio nervoso. È forse il primo passo verso il cervello bionico?

Dal famoso telefilm degli anni Settanta “L’uomo da sei milioni di dollari”, passando poi per “Robocop” e “Terminator”, il mito del cyborg e dell’uomo bionico è andato a braccetto con gli impressionanti progressi della bio-ingegneria; l’ultima frontiera sembra essere quella della fusione tra cervello e nanotecnologia, grazie ad una scoperta tutta (o quasi) italiana.




La rete dei pensieri.
Il nostro sistema nervoso è composto da una fitta rete neurale, la cui disposizione permette a ciascun neurone di entrare in contatto con altri neuroni confinanti per mezzo di complesse ramificazioni chiamate dendriti; grazie a questa distribuzione, viene permessa la comunicazione anche fra zone cerebrali distanti fra loro.
L’informazione nervosa viaggia sotto forma di segnale elettrico emesso dal corpo del neurone. L’impulso viene poi propagato attraverso il suo ramo principale, l’assone, e va ad eccitare la membrana di altri neuroni attraverso il rilascio di messaggeri chimici, chiamati neurotrasmettitori. In presenza di gravi lesioni come traumi o ictus, il percorso dell’impulso nervoso potrebbe indebolirsi o addirittura arrestarsi.

Nanotubi in soccorso.
La speranza per coloro che hanno subito gravi danni irreversibili al sistema nervoso viene da un esperimento pubblicato sulla rivista “Nature Nanotechnology” da Michele Giugliano, italiano che lavora all'Università di Anversa e da Laura Ballerini e Maurizio Prato dell'Università di Trieste presso il centro Brain.

L’esperimento ha visto protagonisti sottilissimi nanotubi in carbonio, dotati di una capacità di conduzione elettrica tale da renderli idonei per la creazione di collegamenti fra neuroni, evento questo che si è verificato con successo. La loro natura, inoltre, sembra renderli più adattabili degli elettrodi metallici alla struttura della membrana neuronale, perché capaci di creare giunzioni e collegamenti più naturali.


Un'immagine microscopica della connessione nanotubi-neuroni ( da www.elettra.trieste.it)


Il cervello del futuro.
L’applicazione prioritaria di questa scoperta sarà la creazione di speciali “by-pass” neurali, fatti di nanotubi, che agiranno da ponti fra le connessioni interrotte nelle vittime di danni al cervello, in modo da ripristinare le corrette funzioni cerebrali, forse addirittura potenziandone le capacità.

Inoltre, si prospettano interessanti sviluppi anche nell’ambito delle interfacce cervello-macchina, dove i nanotubi verrebbero implementati nell’ultimo tratto di collegamento al cervello e connessi ad arti meccanici guidati con la sola forza del pensiero: una grande speranza dunque per chi ha subito gravi traumi alla colonna vertebrale ed è rimasto paralizzato.

Forse non acquisiremo mai i superpoteri dell’uomo da sei milioni di dollari o la mente computerizzata di Robocop: di certo, però, la bionica sarà sempre più una grande alleata nella difesa della vita umana.

Roberto Bovolenta, Fisico.
Si è occupato di nanostrutture artificiali
e nuovi metodi per misurazioni fluidodinamiche,
questi ultimi presso l'istituto Imamoter del CNR.
Collabora con Gravità Zero e The Daily Bit

Nessun commento