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WEB 2.0: IL VIRTUALE REALE

Il nuovo web contiene davvero potenzialità che lo rendono “diverso”?

Proseguiamo con la serie di articoli “Web 2.0”, cercando di far luce sul fenomeno, che è sì un fenomeno sociale, ma non solo, e attorno al quale si fa un gran parlare senza badare troppo a tirare conclusioni dotate di qualche fondamento. Il rischio è che gli aspetti legati al business prevalgano prima di un'affermazione vera e propria di un nuovo tipo di realtà, linguaggio o comunicazione.

Con 'Web 2.0' si indica genericamente uno stato di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web) rispetto alla condizione precedente. Si tende ad indicare come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente (blog, forum, chat, sistemi quali Wikipedia, You Tube, Facebook, Myspace, Gmail, ecc.). [1]

La locuzione pone l'accento sulle differenze rispetto al cosiddetto Web 1.0, diffuso fino agli anni '90, e composto prevalentemente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione con l'utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l'uso delle email e l'uso dei motori di ricerca.

Per le applicazioni web 2.0, spesso vengono usate tecnologie di programmazione particolari, come AJAX (Gmail usa largamente questa tecnica per essere semplice e veloce) o Adobe Flex.

Un esempio potrebbe essere il social commerce, l'evoluzione dell'E-Commerce in senso interattivo, che consente una maggiore partecipazione dei clienti attraverso blog, forum, sistemi di feedback ecc.

Gli scettici replicano che il termine Web 2.0 non ha un vero e proprio significato, in quanto questo dipende esclusivamente da ciò che i propositori decidono che debba significare per cercare di convincere i media e gli investitori che stanno creando qualcosa di nuovo e migliore, invece di continuare a sviluppare le tecnologie esistenti.

Questo è quanto riporta Wikipedia alla voce “Web 2.0” (http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0) che prendiamo come punto di partenza cercando di rispondere alla domanda che ci siamo posti all'inizio: Il nuovo web contiene davvero potenzialità che lo rendono diverso?

Prima di tutto, rispondiamo agli scettici: che il termine Web 2.0 non abbia un vero e proprio significato è assolutamente vero, nel senso che non sta ad indicare qualcosa di radicalmente nuovo, basato su una tecnologia mai vista in precedenza. Il che però non significa assolutamente nulla. Forse è il caso che gli scettici si documentino in merito: vi siete mai chiesti quante volte un termine che descrive un'innovazione scientifica ha un vero e proprio significato? Meno di quanto si possa immaginare.

Tra il 1830 e il 1840 (quasi due secoli or sono!!!) l'invenzione e la diffusione del telegrafo rese possibile la comunicazione in tempo reale a distanza attraverso l'uso di fili elettrici. Dalla nascita delle telecomunicazioni, il passo successivo, proprio utilizzando le linee telegrafiche, lo abbiamo avuto con la nascita del FAX (acronimo di facsimile, ben prima dell'invenzione del telefono, il cui antenato ha avuto diversi nomi curiosi tra cui Belinografo); anche in questo caso, non si è trattato di altro se non di un'evoluzione della tecnologia precedente: forse si poteva dire Telegrafo 1.5?

A questo esempio è possibile affiancare moltissimi altri, fino ai giorni nostri. Sovente la tecnologia non evolve in modo drastico e sovversivo, ma attraverso progressive mutazioni, anche quando gli effetti possono essere profondamente innovativi e cambiare radicalmente il nostro modo di vivere.

Parliamo di Internet 1.0, ovvero ciò che la definizione enciclopedica indica in giusta misura come la rete dei “siti web statici”. Prima che cosa c'era? La stessa cosa, con un nome differente: ARPANET (acronimo di Advanced Research Projects Agency NETwork, ideato verso la fine degli anni cinquanta e messo in produzione nel 1962 dall'organizzazione militare statunitense nota come Defense Advanced Researc Projects Agency (DARPA) Successivamente ARPANET, che di fatto era una WAN riservata con scopi militari – erano gli anni della guerra fredda – è stata poi liberalizzata dapprima alla rete delle università americane, poi estesa a livello mondiale e quindi successivamente è diventata interessante per il grande pubblico.

L'evoluzione di Internet, ancora con l'introduzione di un termine che non ha cambiato il significato della tecnologia applicata, è diventata di pubblico dominio riscuotendo in pochissimi anni il favore del grande pubblico grazie all'introduzione del World Wide Web (da cui WWW): la disponibilità di linee dati sempre più veloci, ha reso possibile la crezione di siti in grado di veicolare contenuti grafici facilmente visibili attraverso i browser. Ancora una volta, non è stata la tecnologia a cambiare, l'uso che è stato possibile farne, perché era cambiato un fattore importante: la velocità di trasmissione dati. Naturalmente, anche l'evoluzione e la diffusione dei personal computer ha giocato un ruolo essenziale, ma dal punto di vista strettamente legato alla rete del tutto secondario: anche disponendo di un portatile superaccessoriato di ultima generazione potremmo navigare ben poco alla velocità di 2400 baud (ovvero 30 caratteri al secondo circa).

Niente di nuovo sotto il sole

Quindi se nulla o quasi è cambiato da almeno cinquant'anni nel funzionamento della rete Internet, a parte dettagli funzionali (la velocità delle linee, l'affidabilità dei segnali, l'utilizzo di cavi in fibra ottica o trasmissioni radio anziché le linee telefoniche di gran lunga più lente) ancor meno potremo rilevare nel passaggio, forse un po' forzato dal web 1.0 al web 2.0. Ma ancora una volta le cose non stanno esattamente come sembrano.

Per semplificare e comprendere meglio il concetto, possiamo paragonare l'evoluzione della rete Internet dagli anni della liberalizzazione di ARPANET fino ai giorni nostri all'evoluzione delle bibicletta da corsa. Negli anni cinquanta le biciclette erano del tutto simili a quelle che abbiamo visto sfrecciare all'ultimo Giro d'Italia, ma le tecnologie che impiegavano per la costruzione erano differenti. Oggi, le stesse gare vedono atleti da prestazioni superiori, perchè utilizzano mezzi tecnologicamente avanzati, con ruote lenticolari, una particolare attenzione all'aerodinamica, telai costruiti in leghe superleggere e ogni possibile e impossibile accorgimento. Complici le strade su cui si snodano i percorsi, che - anche queste realizzate con tecnologie più avanzate - sono più facili da percorrere, producono meno attrito, creano meno problemi ai corridori.

Ma, per raffrontare il Web, dalla versione 1.0 alla successiva, dobbiamo prendere a prestito un altro termine di confronto. Cosa è cambiato nel passaggio dal tram alla metropolitana? I periodi in cui sono stati utilizzati i due mezzi di trasporto per la prima volta sono abbastanza vicini: il primo tram a cavalli ha iniziato il proprio servizio l'11 settembre 1795; si trattava dell'applicazione di una tecnologia – quella dei mezzi su binari – presa a prestito dalle ferrovie per essere impiegata nel trasporto pubblico cittadino. L'evoluzione del mezzo, passando per il tram a vapore, giunge nel 1881 all'inaugurazione della prima linea tramviaria elettrica in un quartiere periferico di Berlino. Nei quarant'anni che seguirono, il tram ebbe molto successo in tutte le città europee come mezzo di trasporto di massa, tanto da condizionare l'evoluzione dell'urbanistica delle stesse metropoli.

La Metropolitana di Mosca, una delle più belle e antiche metropolitane del mondo, oggi è costituita da una rete di 12 linee e 176 stazioni. La prima linea è stata inaugurata il 15 maggio 1935, periodo in cui la rete tramviaria di superficie era nel periodo d'oro della sua diffusione in Europa. La tecnologia impiegata è la stessa: mezzi elettrici su rotaie che collegano la città dal centro alla periferia attraverso una rete di binari.

Ma la differenza fondamentale è che con la metropolitana viene completamente ridefinito il concetto di tempo di percorrenza. Mentre il tram in superficie è condizionato totalmente dal traffico, dalle condizioni ambientali ed atmosferiche e dalle condizioni di percorribilità delle strade, la metropolitana – ieri come oggi – non risente minimamente di questi aspetti. Non solo, ma grazie al mezzo sotterraneo è possibile spostarsi velocemente da un punto all'altro della città impiegando pochissimo tempo.

Questo esempio sottolinea come un cambiamento tecnologico non particolarmente significativo, in cui è determinante l'applicazione differente della tecnologia, abbia portato un cambiamento radicale negli usi e costumi e nello stesso stile di vita della popolazione di intere metropoli. Si pensi a città come Tokio, Mosca, New York, Londra, quasi totalmente dipendenti dalla rete metropolitana per il trasporto quotidiano di grandi masse di popolazione fra le abitazioni ed i luoghi di lavoro.

Abbiamo rotto gli argini

Ciò che accade col web 2.0, in continua evoluzione ma seguendo una strada segnata, è molto simile all'esempio del tram e della metropolitana: si sono accorciate le distanze.

Che la tecnologia e i mezzi impiegati siano essenzialmente gli stessi nel “passaggio” da 1.0 a 2.0 è vero, ma ciò non ha impedito che questo cambiamento fino dalle sue prime battute abbia dato ad intendere che si trattava di un evento epocale. Accorciare le distanze non significa semplicemente consentire a due persone ai poli opposti del globo di comunicare in modo istantaneo ma si va ben oltre. La possibilità di utilizzare la rete e gli strumenti di cui si dispone oggi, ha consentito a milioni di individui di alterare i flussi della comunicazione anche nel mondo reale.

Il vero cambiamento che possiamo già da qualche tempo rilevare è la rottura di quella membrana osmotica che fin dall'inizio della rete ha rappresentato la barriera che divideva le relazioni, interpersonali e non, del mondo virtuale da quello reale. Oggi il confine non è più così ben definito e si vedrà scomparire, da qui a breve, questa separazione. In qualche modo possiamo dire che anche Internet sta diventando una delle tante modalità di comunicazione, forse la più completa messa a punto dall'uomo, che appartengono alla realtà.

Ma anziché pensare con timore che nel giro di qualche anno il mondo reale sarà “violato” dal mondo virtuale, se ci voltiamo indietro ci possiamo rendere conto che lo stesso effetto deve averlo provato nostro nonno o al massimo bisnonno, quando la cultura del suo tempo è stata “contaminata” da innovazioni come il telefono o la radio. Si è trattato di cambiamenti in cui il “virtuale” ha reso possibile forme di comunicazione prima impensate, come parlare in un istante fra Roma e New York con un mostruoso, primitivo, inquietante aggeggio di bachelite dal nome un po' strano: il telefono. Ciò che oggi rende ancora ambigua la rete di fronte alle possibilità “social” offerte dalle nuove modalità di comunicazione di questo mezzo è piuttosto il comune fraintendimento di termini.

Ambiguità che si disperderà presto: nella realtà attuale, come vedremo in alcuni esempi in dettaglio nei prossimi articoli, si stanno già verificando fenomeni di massa in cui il fattore virtuale è soltanto uno degli aspetti di una struttura di relazioni complesse che coinvolgono in modo spontaneo tutte le forme di comunicazione, dalla relazione interpersonale alla rete.

Una prima disambiguazione può essere messa a fuoco anche dal lettore: Internet e in particolare il Web 2.0 non consente di per sé la comunicazione in una nuova forma. È un mezzo, e come tale rende possibile una rete di contatti di dimensioni spropositate e impossibile da realizzare con qualsiasi altro mezzo. Siamo noi che utilizzando in modo proficuo la tecnologia possiamo creare personali modalità di comunicazione ed entrare in relazione attraverso un sistema di contatti già aperto e disponibile. È la volontà dei singoli che si rendono rintracciabili, accomunati da interessi, idee politiche, ideologie, desideri, speranze, ricerca, ambizioni. Senza escludere tutti gli aspetti delle possibilità espressive degli individui, proprie della nostra specie.

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