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LA SCIENZA FA BENE (SE CONOSCI LE ISTRUZIONI)

Affrontare il tema dei rapporti fra scienza e società non è per nulla banale. Si tratta di questioni molto delicate, come ad esempio gli OGM, l'olio di palma o il caso Stamina. E questi sono esempi recenti, ma pensate che - tempo fa - le persone discutevano delle implicazioni della scienza nella società solo in merito alla bomba atomica.

Già è difficile fare il punto (definitivo) su una questione, figuriamoci provare a definire delle regole generali o fornire indicazioni “politiche” per i vari soggetti in qualche modo implicati, dai ricercatori agli enti di ricerca, dalle associazioni alle singole persone. 

Insomma, i temi che Luca Bonfanti e Armando Massarenti affrontano nel libro “La scienza fa bene (se conosci le istruzioni)”, pubblicato recentemente da Ponte alleGrazie, sono decisamente scottanti. Ciò che gli autori indicano come possibile “rimedio” ai fraintendimenti della scienza, è un insieme di idee, sulle quali sicuramente non tutti saranno d'accordo. Anzi, alcune idee sono decisamente impopolari e faranno discutere.


L'idea di partenza è che la scienza sia importante, anche perché ha effetti diretti sulla nostra vita. Di conseguenza tutti dovremmo cercare di capirne i fondamenti. Ma non tutti hanno un diploma di liceo scientifico e una laurea in Fisica: è per questo motivo che esistono i giornalisti scientifici e i divulgatori scientifici. E fin qui tutto bene. Ma, secondo gli autori, la scienza è talmente complessa che alcuni argomenti (definiti “incomprimibili”) non sono divulgabili, in quanto è elevato il rischio di incomprensioni e fraintendimenti.

Beninteso, nel libro si dice chiaramente che alcuni fatti – molto vicini alla nostra esperienza quotidiana – possono essere semplicemente comunicati (dai giornalisti), perché le persone non hanno difficoltà a comprenderli. Ma per la scienza è diverso: un acceleratore di particelle è molto lontano dall'ambiente di casa nostra, e allora servono i divulgatori. Ma questi ultimi – secondo gli autori – incontrano dei limiti nel loro lavoro: non potrebbero far capire – ad esempio – il Bosone di Higgs a chi ha soltanto la terza media. In tal caso il divulgatore dovrebbe semplificare così tanto da perdere il rigore scientifico. E allora non ci sarebbe speranza per chi ha la terza media. Se invece questa persona avesse “un'adeguata formazione e istruzione scientifica” (citazione dal libro), allora il problema non si porrebbe in quanto il divulgatore potrebbe semplificare di meno l'argomento. E così non ci sarebbero incomprensioni, né fraintendimenti.

Sebbene tutti possano sbagliare, sia lo scienziato, sia il giornalista, sia il divulgatore, sia la TV che il quotidiano, occorrerebbe fare dei distinguo. Certo che esistono trasmissioni di pseudoscienza, ma c'è anche Superquark; se spesso i quotidiani commettono clamorosi errori sulle questioni scientifiche, ci sono anche siti, come ad esempio Gravità Zero (e tanti altri) che dedicano molte energie a pubblicare buoni articoli divulgativi, peraltro non solo inerenti la notizia del giorno, ma anche i fondamenti delle discipline scientifiche (es. Matematica, Fisica, Chimica, Biologia...).


Tuttavia, affinché le persone capiscano la scienza ci vuole tempo, occorre pazienza e tanto lavoro. Spesso l'amore per la scienza fa sì che la divulgazione della stessa diventi una passione. A quel punto non si può accettare che esista qualcosa di non divulgabile. Così è per me. Ciononostante, l'analisi del delicato rapporto fra scienza e società richiede un confronto con altre persone, organizzazioni, idee, opinioni, punti di vista. Arricchire il proprio bagaglio di idee e di alternative di pensiero aiuta a non irrigidirsi su posizioni più o meno condivisibili. Ecco perché vi invito a leggere il libro di Bonfanti e Massarenti. Per arricchire il vostro pensiero.

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