Header Ads


UNA STAMPANTE 3D IN OGNI CASA?

Il 24 giugno scorso pubblicai una notizia su Twitter: una notizia sicuramente passata inosservata ad oltre il 99% degli italiani, ma che da sola potrebbe essere l'indizio di una nuova rivoluzione, che potrebbe cambiare le sorti di un intero pianeta, così come computer e Web le hanno cambiate negli ultimi 20 anni.


Makerbot, originale e innovativa startup di Brooklyn fondata da Bre Pettis, ha in mente di rendere le stampanti 3D un gadget casalingo.
In un settore assai vicino, quello dei personal computer e vent'anni prima, vi era una vision simile da parte di un certo William Henry Gates III  "Vedo un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa. (1975)". E un altra vision fu quella di Tim Berners-Lee: rendere Internet accessibile a tutti. 

Ora, di nuovo, stiamo forse assistendo a una rivoluzione: definita da molti terza rivoluzione industriale, che unisce le due rivoluzioni e le unisce. Si parla anche dell'Internet delle cose.


Dopo un finanziamento di 10 milioni di dollari, Makerbot lancia sul mercato i suoi modelli più innovativi: l'ultimo è Replicator 2, arrivando a vendere nel 2012 ventiduemila stampanti. 
La settimana scorsa Makerbot è stata acquisita da Stratasys, una società di stampa 3D professionale con sedi in Minnesota e Israele. Una operazione valutata 400 milioni di dollari che consentirà la nascita di una grande industria capace di coprire sia il mercato professionale che quello consumer.

Ma non è tutto: si tratta infatti del secondo, importante passo della Stratasys degli ultimi mesi.
Soltanto  l’anno scorso, infatti, l'azienda si è fusa con un’altra compagnia rivale, l’israeliana Object, con un accordo da oltre un miliardo di dollari, dando vita a un gruppo con capitalizzazione da circa tre miliardi. 1.100 impiegati e 500 brevetti che le permette di essere leader mondiale con la produzione di metà di tutte le stampanti 3D del mondo. 

Pettis, che ha da poco inaugurato un negozio a Manhattan e una nuova, più grande fabbrica a Brooklyn, ha le idee chiare: portare in ogni casa una 3D printer per trasformarci tutti in piccoli maker. 

Se la stampa 3D a livello industriale è diffusa da tempo (pensiamo al mercato automobilistico che  sfrutta le tecnologie della  Stratasys da oltre un ventennio) il mercato del libero consumo è ancora agli inizi ed è ancora presto per capire quale sarà il modello di business.

La cosa, però, si profila diventare molto interessante. Staremo a vedere. 




- . -

Il concetto rivoluzionario della "prototipazione rapida in ogni casa" è ben espresso in questo video animato.

 
( Direzione e postproduzione: nueveojos, 2010, Musica: Micka Luna)





ARTICOLI CORRELATI 

3 commenti

Marco ha detto...

Il video finale è fatto davvero bene e rende in modo chiaro il concetto di "prototipazione rapida in ogni casa" che, sono d'accordo, potrebbe essere l'inizio di una nuova rivoluzione.
Tra le grandi rivoluzioni tecnologiche che hai menzionato (Gates e Lee) aggiungerei anche Arduino che, in maniera sicuramente meno diffusa, ha comunque contribuito a "portare l'elettronica in casa".
Chiudo con un apprezzamento per il post: sei uno dei pochi che quando parla di stampante 3D usa correttamente la definizione "prototipazione rapida" e questo secondo me è importante perché è da lì che la tecnologia delle stampanti 3D è nata. Sarebbe interessante tornare qualche passo indietro nel tempo (circa 30 anni fa credo) e spiegare da dove è nata la prototipazione rapida, quale è stata l'esigenza pratico/produttiva che ha portato a questa nuova tecnologia. Per quel po' che ne so io è stata un'esigenza soprattutto degli stampisti che anche quando dovevano produrre un prototipo erano costretti a costruire l'intero stampo per poi stampare il prototipo. L'idea di fondo è stata questa: "ho tutte le geometrie 3D CAD per passare al CAM e costruire lo stampo. Posso utilizzare queste geometrie bypassando la costruzione dello stampo ed ottenendo in modo diverso il prototipo finale?". La risposta è stata la prototipazione rapida, ovvero il passaggio da una tecnologia di "asportazione" (fresatura) ad una tecnologia di "deposito".
Ma come ho detto io ne so poco; forse tu potresti tirarci giù un bell'articolo tipo "da dove nasce la tecnologia delle stampanti 3D". Credo potrebbe interessare molti.
Un saluto
Marco

Claudio Pasqua ha detto...

Grazie Marco, sono molto interessanti le tue riflessioni.

Per rispondere alla tua prima domanda, avrai modo di verificare che parlo di Arduino e delle sue potenzialità ormai da alcuni anni (leggi per favore in fondo all'articolo alcuni dei link correlati). Sono d'accordo con quando dici, ma se non ne ho parlato nell'articolo è solo per non appesantire il pezzo. Arduino non è semplice da spiegare a chi non conosca la prototipazione. Nel pezzo mi sono concentrato sulla prototipazione rapida con le stampanti 3D, ed è già difficile spiegare questo concetto.

C'è inoltre una differenza tra le rivoluzioni dei PC e del Web e quelle di Arduino (a parte le dimensioni del cambiamento sociale): se le prime due rivoluzioni si sono ormai concluse, quella di Arduino è ancora in fase pionieristica, ecco perché mi sembrava fuori luogo correlarla alle prime due.

Il problema di tutte le delle grandi rivoluzioni (quella industriale prima, quella dei bit di fine anni '80 e quella più recente che definirei "della condivisione") è che sono difficili da cogliere concettualmente.
Noi tutti viviamo dall'interno il cambiamento, e anche chi lo segue professionalmente fa fatica a cogliere di continuo i segni dei mutamenti che la storia fa emergere. Inoltre pensiamo che in Italia, la percentuale di persone con una cultura digitale continua ad essere tra le più basse d’Europa. Questo rallenta ulteriormente la comprensione dei mutamenti da parte del grande pubblico.

Proprio per questo, nei miei articoli, cerco di dare più spazio alla comprensione del presente, che è già parecchio difficile. Sicuramente la storia è importante, ma solo se utile come strumento per comprendere il presente e per anticipare quello che ci riserverà il futuro.

Personaggi visionari come Adriano Olivetti e Mario Tchou (che non hanno nulla da invidiare rispetto a uno Steve Jobs) dovrebbero essere insegnati obbligatoriamente in ogni scuola per spiegare come l'Italia sia stata in un recente passato leader nell'innovazione mondiale e come poter cogliere opportunità future.

Oggi abbiamo un vantaggio competitivo e viviamo di rendita grazie a valenti artigiani, designer, progettisti, ricercatori. Un valore che però si sta spegnendo per mancanza di risorse (e di obiettivi). Forse saranno proprio i nuovi artigiani, designer e innovatori, e non i "makers" coloro che riporteranno l'Italia a eccellere nel mondo.

Come dice De Biase " il sapere artigiano non è ridotto alla fabbricazione. E non è neppure nel design. E’ in un apparato di conoscenze difficili da spiegare (come dice Sennett), di relazioni con la tradizione e la visione del futuro, di esperienze intorno alla qualità dei materiali, di discorsi con i colleghi e i maestri, di percorsi di ricerca pratici e culturalmente intensi".

Il nostro compito come divulgatori è delicatissimo: avvicinare il maggiore numero di persone alle nuove opportunità che la rete e le nuove tecnologie permettono "riqualificando il lavoro dei professionisti - come conclude De Biase - in una pratica della coprogettazione con i consumatori e in una convergenza con la ricerca scientifica".

Marco ha detto...

Hai perfettamente ragione, mi sono espresso frettolosamente e male. Seguendoti, so bene che spesso parli di Arduino e capisco che in questo post inserirlo poteva essere complesso e probabilmente fuorviante. Quello che cercavo di rimarcare è che le rivoluzioni "tecno-casalinghe" sono 3: il PC, il WEB e "l'elettronica fatta in casa" che però, come giustamente scrivi è ancora in fase pionieristica.

Mi sono permesso di accennare un po' alla storia della "prototipazione rapida" perché leggo in giro articoli che semplificano un po' troppo l'approccio ad essa. Ad esempio si esalta la fase finale (giustamente) ovvero la stampa/deposito di materiale, ma non sempre si scrive a chiare lettere che prima c'è una fase progettuale dove con appositi software si devono PER FORZA creare le geometrie 3D (cosa non proprio semplicissima). Ci sono software che grazie a delle librerie interne aiutano molto, ma come puoi immaginare sono limitati e limitanti. Occorre conoscere un CAD, sapere cosa è una modellazione di solidi o di superfici ecc.
Insomma, mi sembra che rischi di passare il messaggio che basta avere l'idea di un oggetto per poi stamparla subito in 3D. E' invece la progettazione (disegno 3D) la fase più complessa e lunga. Insomma, come per tutte le cose fatte come si deve, anche per la stampa 3D occorre studiare, approfondire, dedicare del tempo, lavorare... Le idee (soprattutto le idee) perché diventino "reali" hanno sempre bisogno di progettualità, qualunque sia l'ambito o gli obbiettivi prefissi.

Sul resto del tuo commento condivido i contenuti e capisco la difficoltà di divulgare certi argomenti come la tecnologia e le scienze in generale.