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RISK MANAGEMENT E SCIENZA

Moltissime persone, nei più svariati ambiti di lavoro, sono costretti a prendere decisioni in condizioni di incertezza, poiché non possono conoscere a priori quale sarà il risultato effettivo delle loro azioni. Ciò capita anche nella ricerca scientifica, che è un’attività intrinsecamente piuttosto costosa e – come se non bastasse – soggetta a rilevanti rischi di fallimento, cioè di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Possiamo fare un paio di esempi per chiarire di cosa parleremo in questo articolo. Il primo è: quanti corsi di laurea assolutamente inutili esistono in Italia ? E il secondo, di scottante attualità, è: se la macchina più grande e costosa che sia mai stata costruita (il nuovo acceleratore di particelle LHC del CERN) non dovesse produrre alcun risultato, cosa direbbero tutti coloro che vi hanno investito denaro ?

Si rende quindi necessario un attento controllo sulla spesa per la ricerca scientifica, ma non solo a posteriori. Non basta infatti soltanto calcolare o stimare il rendimento dell’investimento in ricerca, ma occorre soprattutto lavorare a priori per eliminare o almeno ridurre i rischi di fallimento. Nel processo di risk management, ovvero di gestione del rischio, sono coinvolte quindi diverse figure professionali:
- il finanziatore pubblico, che deve decidere se e quanto spendere e soprattutto dove allocare il denaro;
- l’imprenditore privato che decide di investire in ricerca;
- il ricercatore che deve usare il denaro nel modo più efficace ed efficiente possibile.

Al fine di comprendere meglio i principali metodi di gestione del rischio, si espone in questo lavoro una carrellata veloce sul tema del risk management.

Il processo di risk management consiste in una serie di fasi mirate ad identificare i fattori di rischio e – nell’accezione ampia del termine - a misurare l’esposizione dell’impresa tenendola sotto controllo costantemente. Tali fasi, in quanto facenti parte di un unico processo, sono finalizzate al raggiungimento di un unico obiettivo: quello di valutare la convenienza tra trasferire il rischio ad altri o agire internamente correggendo l’esposizione.

Il processo di risk management è scomponibile in tre fasi distinte:
- fase strategica, durante la quale vengono svolte le attività di definizione dei rischi e di determinazione delle soglie di tolleranza;
- fase tattica, che consiste nel mappare i rischi, misurarli, procedere a determinare l’importo da coprire e infine selezionare il più idoneo strumento di copertura;
- fase di monitoraggio, che implica il controllo costante dell’efficacia dello strumento selezionato.


Di conseguenza, in ultima analisi, il processo di risk management ha come oggetto il rischio. Per rischio si intende la possibilità che il risultato di un’operazione (o di un insieme di operazioni), misurato ex post, possa essere differente rispetto a quanto previsto ed atteso ex ante. In altri termini il rischio è una crisi non ancora avvenuta.

I rischi possono essere innanzitutto suddivisi in due categorie:
- rischi speculativi, caratterizzati dal fatto che il manifestarsi dell’evento su cui grava l’incertezza può generare conseguenze sia negative, che positive per l’impresa;
- rischi puri, che rappresentano quegli eventi, il cui verificarsi può comportare esclusivamente conseguenze negative per l’impresa.


Se ci si limita a quanto elaborato dalla Finanza aziendale, si può definire il rischio come misura di variabilità del rendimento di uno strumento finanziario. In questo senso si parla di rischio speculativo, e quindi si “legge” il rischio secondo due significati: come opportunità di ottenere più di quanto sperato e come danno potenziale di subire una perdita.
Un’impresa non rischia soltanto se compra o vende strumenti finanziari, ma rischia anche che il suo bilancio non sia una rappresentazione veritiera dell’attività svolta, anche quando una società di revisione ha emesso un giudizio positivo.Il rischio di revisione deriva dal procedimento a campione che viene utilizzato per verificare la correttezza del bilancio d’esercizio. Dato che non tutte le informazioni vengono verificate, vi è la probabilità che il revisore esprima un giudizio positivo su un bilancio non conforme alle regole contabili.

Secondo un’ottica più generale – invece – il rischio, inteso come scostamento fra risultati attesi e risultati effettivi, è una delle quattro componenti che caratterizza il valore economico delle decisioni e delle azioni manageriali. Tali componenti sono:
- quali e quanti risultati (risultato operativo netto);
- con quali e quanti capitali (capitale investito netto operativo);
- con quanto e quale grado di incertezza (rischio come scostamento tra risultati attesi e risultati effettivi);
- con quanto e quale orizzonte temporale (durata del vantaggio competitivo). Con ciò si intende dire che ogni azione (intesa in senso ampio) è il risultato di una decisione, la quale viene presa dai manager in condizioni di incertezza: il valore monetario dell’azione dipenderà dalla quantità e qualità dell’incertezza.


Si può distinguere fra incertezza e rischio. Esiste incertezza quando non si conosce cosa accadrà in futuro. Il rischio, invece, è solo quella parte di incertezza che è in grado di influire sul benessere degli individui. Quindi ogni situazione rischiosa è incerta, ma può ben esistere una situazione incerta e priva di rischio. Di conseguenza un’impresa può trovarsi a dover affrontare una varietà molto numerosa di tipologie di rischi, tuttavia esistono dei rischi che – per le caratteristiche intrinseche possedute – si prestano ad essere coperti tramite strumenti finanziari derivati – cioè strumenti finanziari il cui valore dipende o deriva da quello di un’altra attività finanziaria - in particolare si fa riferimento alle opzioni, che consistono nella facoltà di acquisto o di vendita dell’attività sottostante. Tali rischi vengono definiti rischi finanziari, in quanto sono rischi legati alla gestione finanziaria d’impresa.

È possibile quindi suddividere il rischio in due componenti principali:
- rischio finanziario, che ricorre quando una variabile d’impresa di rilevante interesse risente dell’incertezza dei prezzi registrati sui mercati finanziari;
- rischio industriale, che attiene all’aleatorietà dei risultati, dettata da tutte le altre variabili di rilievo per il ciclo produttivo, commerciale e amministrativo definenti l’attività aziendale.


I rischi finanziari possono essere classificati in:
- rischio di cambio: deriva dalle oscillazioni dei tassi di cambio. Tale rischio riguarda le imprese che comprano o vendono beni o servizi con valuta diversa da quella avente corso legale nel loro Paese. Tali imprese sono esposte quindi a variazioni nell’economicità delle transazioni che effettuano ed a possibili cambiamenti della loro posizione competitiva;
- rischio di interesse: si concretizza nel peggioramento di un flusso di cassa da ricevere o da pagare, dovuto a movimenti sfavorevoli nei tassi di interesse;
- rischio di prezzo di un’attività finanziaria: consiste nella possibilità di perdita derivante dalla variazione di prezzo di un’attività finanziaria;
- rischio di credito: è collegato alla mancata prestazione (totale o parziale) del debitore nei confronti del creditore;
- rischio di liquidità: deriva dall’eventualità che la mancanza di sufficiente sincronia tra le entrate e le uscite di cassa possa concretizzarsi in una situazione di indisponibilità, anche solo momentanea, delle risorse necessarie per far fronte ad impegni assunti con la necessaria tempestività;
- rischio di commodity, o rischio legato al prezzo delle materie prime: tiene conto delle oscillazioni sfavorevoli del prezzo delle materie prime.

Quanto sopra esposto è soltanto un antipasto. A beneficio dei lettori interessati torneremo senz’altro sull’argomento con nuove avventure nel mondo del rischio.

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